Nigrizia - Un governo di unità nazionale che comprenderà anche ribelli e opposizione, fino alle elezioni del 2010: è tra i principali accordi raggiunti dal Dialogo politico inclusivo che si è chiuso a Bangui dall’8 al 20 dicembre. Dopo oltre due settimane di incontro tra governo, opposizione, gruppi ribelli, sindacati e altri società civile il vertice del Dialogo politico inclusivo (Dpi) centrafricano si è chiuso ponendo le basi per una reale pacificazione del paese. Al vertice presenti anche i mediatori, Omar Bongo, attuale capo di stato in Gabon, e l'ex-presidente burundese Pierre Buyoya.
Tra i più importanti accordi raggiunti, presentati dal presidente in carica Francois Bozizè la composizione del governo di unità nazionale, con rappresentanti di tutti gli schieramenti, che si riunirà per la prima volta già martedì 23 dicembre, e la creazione di una commissione elettorale indipendente che dovrà preparare il cammino verso le elezioni generali del 2010. Tra le oltre 30 raccomandazioni racchiuse nel documento finale c’è anche un calendario per l’applicazione del disarmo dei gruppi ribelli (l’Unione delle forze democratiche per l’unità –Ufdr e l’Esercito popolare per la restaurazione della democrazia –Aprd), come previsto negli accordi firmati a giugno tra gruppi armati e governo, rimasti per ora sulla carta per la mancanza di fondi.
Il Dpi prevede inoltre la creazione di una commissione di Verità e Giustizia per fare luce sulle responsabilità di governo e ribelli, ma anche una legge di amnistia per i protagonisti della guerra civile. I delegati hanno infine disegnato un piano strategico per la riduzione della povertà, con sostegni all’agricoltura e al settore minerario.
La Repubblica Centrafricana, dalla fine del sanguinoso conflitto civile del 2003, non ha di fatto mai conosciuto la pace, a causa dei vari gruppi ribelli rimasti attivi soprattutto nel nord del paese. A contribuire sull’instabilità interna anche il continuo afflusso di profughi dai paesi confinanti, come Ciad e Sudan, che si unisce a quanti centrafricani, almeno 300 mila, sono stati costretti a lasciare le proprie case proprio per timore di attacchi da parte dei ribelli.
Ma le difficoltà sono molte, ed è inevitabile un certo scetticismo. La mancanza di risorse da destinare al processo di disarmo è uno degli aspetti che restano da risolvere. Sul tema della sicurezza pesa anche la mancata adesione, finora, del comandante del Fronte democratico del popolo centrafricano (Fdpc) Abdoulaye Miskine, all’accordo di pace firmato dai principali gruppi ribelli nel giugno scorso, nonostante la su presenza al vertice di Bangui in questi giorni.
Infine la comunità internazionale, che ha sempre ignorato le vicende interne del paese, pur rallegrandosi del buon esito del Dpi, non sembra intenzionata a contribuire al processo di pace in maniera concreta.
Se il Dpi ha dedicato parte dell’incontro a individuare alcuni interventi a favore della popolazione e contro la povertà, la situazione umanitaria nel paese resta davvero grave: in alcune aree del paese l’aspettativa di vita si ferma a 42 anni, con un tasso di mortalità infantile del 20%, ed una percentuale di decessi per parto tra le più alte al mondo.
Nonostante le grandi ricchezze (soprattutto risorse minerarie come uranio e diamanti), le società internazionali non hanno mai investito nel paese, anche a causa dell’alto livello di corruzione. Per sostenere l’entusiasmo per il successo dell’incontro serviranno ora delle politiche e delle azioni concrete.
Tra i più importanti accordi raggiunti, presentati dal presidente in carica Francois Bozizè la composizione del governo di unità nazionale, con rappresentanti di tutti gli schieramenti, che si riunirà per la prima volta già martedì 23 dicembre, e la creazione di una commissione elettorale indipendente che dovrà preparare il cammino verso le elezioni generali del 2010. Tra le oltre 30 raccomandazioni racchiuse nel documento finale c’è anche un calendario per l’applicazione del disarmo dei gruppi ribelli (l’Unione delle forze democratiche per l’unità –Ufdr e l’Esercito popolare per la restaurazione della democrazia –Aprd), come previsto negli accordi firmati a giugno tra gruppi armati e governo, rimasti per ora sulla carta per la mancanza di fondi.
Il Dpi prevede inoltre la creazione di una commissione di Verità e Giustizia per fare luce sulle responsabilità di governo e ribelli, ma anche una legge di amnistia per i protagonisti della guerra civile. I delegati hanno infine disegnato un piano strategico per la riduzione della povertà, con sostegni all’agricoltura e al settore minerario.
La Repubblica Centrafricana, dalla fine del sanguinoso conflitto civile del 2003, non ha di fatto mai conosciuto la pace, a causa dei vari gruppi ribelli rimasti attivi soprattutto nel nord del paese. A contribuire sull’instabilità interna anche il continuo afflusso di profughi dai paesi confinanti, come Ciad e Sudan, che si unisce a quanti centrafricani, almeno 300 mila, sono stati costretti a lasciare le proprie case proprio per timore di attacchi da parte dei ribelli.
Ma le difficoltà sono molte, ed è inevitabile un certo scetticismo. La mancanza di risorse da destinare al processo di disarmo è uno degli aspetti che restano da risolvere. Sul tema della sicurezza pesa anche la mancata adesione, finora, del comandante del Fronte democratico del popolo centrafricano (Fdpc) Abdoulaye Miskine, all’accordo di pace firmato dai principali gruppi ribelli nel giugno scorso, nonostante la su presenza al vertice di Bangui in questi giorni.
Infine la comunità internazionale, che ha sempre ignorato le vicende interne del paese, pur rallegrandosi del buon esito del Dpi, non sembra intenzionata a contribuire al processo di pace in maniera concreta.
Se il Dpi ha dedicato parte dell’incontro a individuare alcuni interventi a favore della popolazione e contro la povertà, la situazione umanitaria nel paese resta davvero grave: in alcune aree del paese l’aspettativa di vita si ferma a 42 anni, con un tasso di mortalità infantile del 20%, ed una percentuale di decessi per parto tra le più alte al mondo.
Nonostante le grandi ricchezze (soprattutto risorse minerarie come uranio e diamanti), le società internazionali non hanno mai investito nel paese, anche a causa dell’alto livello di corruzione. Per sostenere l’entusiasmo per il successo dell’incontro serviranno ora delle politiche e delle azioni concrete.
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