giovedì, gennaio 01, 2009
Solo con la grazia del Signore possiamo sperare in un futuro migliore, affidato anche alla nostra responsabilità. Il Messaggio per la Giornata mondiale della pace richiede l’attuazione di una “solidarietà globale”. Il Vangelo opera il riscatto dalla miseria morale e materiale.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Davanti a decine di migliaia di pellegrini da tutto il mondo, radunati per l’Angelus sotto la pioggia, Benedetto XVI ha fatto gli auguri per il nuovo anno ai presenti nella piazza san Pietro e a tutti coloro “collegati mediante la radio e la televisione”. Sono auguri “affidabili”, ha detto il pontefice, perché ancorati alla “grazia del Signore”. “Solo con essa – ha spiegato il papa - possiamo sempre nuovamente sperare che il futuro sia migliore del passato. Non si tratta, infatti, di confidare in una sorte più favorevole, o nei moderni intrecci del mercato e della finanza, ma di sforzarsi di essere noi stessi un poco più buoni e responsabili, per poter contare sulla benevolenza del Signore. E questo è sempre possibile, perché "Dio ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (Eb 1,2) e continuamente ci parla, mediante la predicazione del Vangelo e mediante la voce della nostra coscienza. In Gesù Cristo è stata mostrata a tutti gli uomini la via della salvezza, che è prima di tutto una redenzione spirituale, ma che coinvolge interamente l’umano, comprendendo anche la dimensione sociale e storica”.

Benedetto XVI ha poi ricordato l’odierna celebrazione della Giornata mondiale della pace, un’iniziativa cominciata da Paolo VI e giunta oggi alla 42° edizione. “All’inizio di un nuovo anno – ha spiegato - il mio primo obiettivo è proprio quello di invitare tutti, governanti e semplici cittadini, a non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà e ai fallimenti, ma di rinnovare il loro impegno.

Riferendosi poi al Messaggio di quest’anno, dal titolo “Combattere la povertà, costruire la pace”, il pontefice ha aggiunto: “La seconda parte del 2008 ha fatto emergere una crisi economica di vaste proporzioni. Tale crisi va letta in profondità, come un sintomo grave che richiede di intervenire sulle cause. Non basta – come direbbe Gesù – porre rattoppi nuovi su un vestito vecchio (cfr Mc 2,21). Mettere i poveri al primo posto significa passare decisamente a quella solidarietà globale che già Giovanni Paolo II aveva indicato come necessaria, concertando le potenzialità del mercato con quelle della società civile (cfr Messaggio, 12), nel costante rispetto della legalità e tendendo sempre al bene comune”. (continua a leggere)


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