Alcuni rabbini condannano l'aggressione su Gaza, ma sono in netta minoranza
PeaceReporter - Quello che l'esercito israeliano sta commettendo nella Striscia di Gaza “è contro ogni religione” e “costringe gli ebrei dello Yemen a stare chiusi in casa, per paura di ritorsioni da parte di gente che non capisce che gli ebrei yemeniti non c'entrano nulla con la campagna militare nei territori palestinesi”. Lo dichiara Suleiman Bin Yaqup, rabbino di una delle comunità ebraiche dello Yemen. Ma non è il solo religioso ebraico che abbia condannato l'aggressione militare su Gaza. Nei giorni scorsi a New York c'è stata anche una protesta degli ebrei ortodossi anti-sionisti, organizzata per chiedere “la fine del massacro a Gaza”.
Tra i pochissimi religiosi che si sono espressi in modo critico, spicca il celebre rabbino pacifista Michael Lerner, che in una lunga lettera ha attaccato l'uso che il governo israeliano sta facendo dei razzi palestinesi, usati “come giustificazione per intraprendere una nuova guerra”. Lerner condanna anche gli attacchi di Hamas ma, insiste, “non per questo la guerra è una reazione appropriata”. Questa guerra, spiega il religioso, è motivata soprattutto dal desiderio del premier Olmert e del ministro della Difesa israeliano Barak di “non lasciare i rispettivi incarichi di governo senza prima aver fatto qualcosa per cancellare l'onta della fallita invasione del Libano del 2006”. Specialmente, facendo affidamento sul fatto che il potenziale militare di Hamas è molto inferiore a quello di Hezbollah. “Se israele vuole la pace coi palestinesi – continua Lerner – la può ottenere sulla base dell'inziativa di pace saudita, non uccidendo i civili palestinesi, e nemmeno spazzando via una generazione di attivisti di Hamas”. La ricetta del rabbino prevede dunque una specie di piano Marshall e la rinuncia alle strategie di “dominazione”. “Abbiate fede in Dio, nell'amore, nel rispetto e nella generosità, e date a questa strategia dieci anni di tempo per funzionare. In questo modo Israele otterrà più sicurezza di quanta non ne potrebbe mai conquistare violando le leggi internazionali e la morale della Torah”.
Michael Lerner invita tutti i rabbini, anche quelli conservatori, ad applicare i valori dell'ebraismo al “mondo reale”, a smettere di pensare che “l'amore per il prossimo, per l'Altro, sia un elemento irrilevante”. Tuttavia, però, la maggioranza dei religiosi israeliani nei giorni scorsi si è detta favorevole all'attacco contro Hamas a Gaza. Lo hanno ribadito con un comunicato congiunto quattro rabbini israeliani: Yaakov Yosef, Dvor Lior, Shalom Dov Wolpe e Meir Mazuz: “quando una popolazione spara bombe contro una città ebraica con lo scopo di uccidere cittadini ebrei, la legge ebraica consente di sparare bombe verso i luoghi da cui si spara, anche se sono popolati di civili”. Il loro comuncato, che ha il valore di una direttiva religiosa, punta a giustificare l'operato delle forze armate e convincere all'azione anche quanti ancora nutrono delle riserve umanitarie rispetto all'uccisione dei civili. L'offensiva di Israele ha finora causato la morte di 390 persone e il ferimento di 1900. Tra le vittime palestinesi, 57 risultano essere civili, di cui 40 bambini. A fronte di un così vasto dramma, però, la inistro degli Esteri Tzipi Livni ha potuto commentare: “le vittime civili sono il normale esito di una guerra”. Ancora una volta, è evidente, le voci ragionevoli non sono state ascoltate.
PeaceReporter - Quello che l'esercito israeliano sta commettendo nella Striscia di Gaza “è contro ogni religione” e “costringe gli ebrei dello Yemen a stare chiusi in casa, per paura di ritorsioni da parte di gente che non capisce che gli ebrei yemeniti non c'entrano nulla con la campagna militare nei territori palestinesi”. Lo dichiara Suleiman Bin Yaqup, rabbino di una delle comunità ebraiche dello Yemen. Ma non è il solo religioso ebraico che abbia condannato l'aggressione militare su Gaza. Nei giorni scorsi a New York c'è stata anche una protesta degli ebrei ortodossi anti-sionisti, organizzata per chiedere “la fine del massacro a Gaza”.
Tra i pochissimi religiosi che si sono espressi in modo critico, spicca il celebre rabbino pacifista Michael Lerner, che in una lunga lettera ha attaccato l'uso che il governo israeliano sta facendo dei razzi palestinesi, usati “come giustificazione per intraprendere una nuova guerra”. Lerner condanna anche gli attacchi di Hamas ma, insiste, “non per questo la guerra è una reazione appropriata”. Questa guerra, spiega il religioso, è motivata soprattutto dal desiderio del premier Olmert e del ministro della Difesa israeliano Barak di “non lasciare i rispettivi incarichi di governo senza prima aver fatto qualcosa per cancellare l'onta della fallita invasione del Libano del 2006”. Specialmente, facendo affidamento sul fatto che il potenziale militare di Hamas è molto inferiore a quello di Hezbollah. “Se israele vuole la pace coi palestinesi – continua Lerner – la può ottenere sulla base dell'inziativa di pace saudita, non uccidendo i civili palestinesi, e nemmeno spazzando via una generazione di attivisti di Hamas”. La ricetta del rabbino prevede dunque una specie di piano Marshall e la rinuncia alle strategie di “dominazione”. “Abbiate fede in Dio, nell'amore, nel rispetto e nella generosità, e date a questa strategia dieci anni di tempo per funzionare. In questo modo Israele otterrà più sicurezza di quanta non ne potrebbe mai conquistare violando le leggi internazionali e la morale della Torah”.
Michael Lerner invita tutti i rabbini, anche quelli conservatori, ad applicare i valori dell'ebraismo al “mondo reale”, a smettere di pensare che “l'amore per il prossimo, per l'Altro, sia un elemento irrilevante”. Tuttavia, però, la maggioranza dei religiosi israeliani nei giorni scorsi si è detta favorevole all'attacco contro Hamas a Gaza. Lo hanno ribadito con un comunicato congiunto quattro rabbini israeliani: Yaakov Yosef, Dvor Lior, Shalom Dov Wolpe e Meir Mazuz: “quando una popolazione spara bombe contro una città ebraica con lo scopo di uccidere cittadini ebrei, la legge ebraica consente di sparare bombe verso i luoghi da cui si spara, anche se sono popolati di civili”. Il loro comuncato, che ha il valore di una direttiva religiosa, punta a giustificare l'operato delle forze armate e convincere all'azione anche quanti ancora nutrono delle riserve umanitarie rispetto all'uccisione dei civili. L'offensiva di Israele ha finora causato la morte di 390 persone e il ferimento di 1900. Tra le vittime palestinesi, 57 risultano essere civili, di cui 40 bambini. A fronte di un così vasto dramma, però, la inistro degli Esteri Tzipi Livni ha potuto commentare: “le vittime civili sono il normale esito di una guerra”. Ancora una volta, è evidente, le voci ragionevoli non sono state ascoltate.
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