venerdì, maggio 08, 2009
I nativi del Perù chiedono al governo il rispetto dei diritti umani ed anche una riforma costituzionale per sancire “il carattere inalienabile dei territori indigeni”

Agenzia Misna - “Diamo al governo 48 ore per aprire un tavolo di negoziato; in caso contrario altri fratelli andini si uniranno alla nostra protesta”: è il messaggio rivolto all'esecutivo di Lima da Alberto Pizango, capo dell’Associazione interetnica della selva peruviana (Aidesep), in rappresentanza di migliaia di indigeni di diverse etnie dell’Amazzonia, protagonisti di una massiccia mobilitazione contro due nuove leggi sull'amministrazione delle foreste e delle risorse idriche che, affermano, “viola i diritti fondamentali dei nativi”. Le proteste, cominciate all’inizio di aprile, interessano le regioni di Amazonas e Ucayali dove i movimenti indigeni hanno occupato tre impianti dell’azienda statale Petroperú obbligandoli alla sospensione delle attività e un aeroporto, impedendo anche il transito delle imbarcazioni della compagnia lungo i fiumi della zona; i nativi chiedono al governo anche una riforma costituzionale per sancire “il carattere inalienabile dei territori indigeni”. Le nuove leggi mirano a facilitare le concessioni di sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi situati nella foresta amazzonica e a promuovere la produzione di bio-carburanti all’interno dei territori indigeni. Parlando alla stampa straniera, il coordinatore per l’America Latina dell’organizzazione non governativa ‘Revenue Watch’, Carlos Monge, ha mostrato un documento di Petroperú in cui si legge che già nel 2004 il 15% della porzione del ‘polmone del mondo’ che appartiene al Perù era interessato da concessioni di sfruttamento petrolifero; un dato cresciuto fino al 68% nel 2006 e che quest’anno potrebbe raggiungere il 76%.


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