Il segretario generale delle Nazioni Unite incontra il leader del regime militare. Egli chiede la scarcerazione degli oltre 2000 prigionieri politici e libere elezioni. Forse vedrà anche la Nobel per la pace, il cui processo è stato rimandato al prossimo 10 luglio.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, è arrivato a Yangon per una due giorni di visita ufficiale in Myanmar. Egli incontrerà i vertici della giunta militare birmana e i leader dell’opposizione. I giudici del tribunale di Insein, intanto, hanno posticipato l’udienza del processo a carico di Aung San Suu Kyi. La Corte doveva riunirsi oggi, ma la seduta è stata aggiornata al 10 luglio.
Prima della partenza per il Myanmar, Ban Ki-moon aveva annunciato l’intenzione di incontrare Aung San Suu Kyi, in carcere dal 14 maggio scorso per violazione dei termini degli arresti domiciliari. La Nobel per la pace è accusata di aver ospitato nella sua abitazione l’americano John Yettaw e rischia fino a cinque anni di prigione. L’arresto appare come un pretesto per impedire alla leader del partito di opposizione Lega nazionale per la democrazia (Nld) di partecipare alle elezioni politiche in programma nel 2010.
Ban Ki-moon incontrerà il generale Than Shwe, capo del regime militare, oggi a Naypyidaw, la capitale amministrativa della ex-Birmania. A lui il segretario Onu chiede la liberazione di “tutti i prigionieri politici (più di 2100, ndr), compresa Aung San Suu Kyi”; la ripresa del dialogo fra “il governo e l’opposizione, come elemento essenziale di un processo di riconciliazione nazionale”; la creazione di “condizioni opportune” allo svolgimento delle elezioni politiche in programma il prossimo anno.
Il segretario generale Onu ha in agenda anche una serie di incontri con i responsabili di “tutti i partiti politici legali” e dei “leader dei gruppi armati”, appartenenti alle minoranze etniche che costituiscono il Paese.
Human Rights Watch ricorda le numerose violazioni dei diritti umani in Myanmar, retto da una ferrea dittatura militare che arresta oppositori, monaci e dissidenti politici, reprimendo nel sangue le rivolte. “Ancora una volta le Nazioni unite hanno chiesto in modo cortese il rilascio di Aung San Suu Kyi – dichiara Kenneth Roth, direttore esecutivo di Hrw – ma se il suo ‘rilascio’ si traduce in un ritorno agli arresti domiciliari, sarebbe un enorme fallimento”.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, è arrivato a Yangon per una due giorni di visita ufficiale in Myanmar. Egli incontrerà i vertici della giunta militare birmana e i leader dell’opposizione. I giudici del tribunale di Insein, intanto, hanno posticipato l’udienza del processo a carico di Aung San Suu Kyi. La Corte doveva riunirsi oggi, ma la seduta è stata aggiornata al 10 luglio.
Prima della partenza per il Myanmar, Ban Ki-moon aveva annunciato l’intenzione di incontrare Aung San Suu Kyi, in carcere dal 14 maggio scorso per violazione dei termini degli arresti domiciliari. La Nobel per la pace è accusata di aver ospitato nella sua abitazione l’americano John Yettaw e rischia fino a cinque anni di prigione. L’arresto appare come un pretesto per impedire alla leader del partito di opposizione Lega nazionale per la democrazia (Nld) di partecipare alle elezioni politiche in programma nel 2010.
Ban Ki-moon incontrerà il generale Than Shwe, capo del regime militare, oggi a Naypyidaw, la capitale amministrativa della ex-Birmania. A lui il segretario Onu chiede la liberazione di “tutti i prigionieri politici (più di 2100, ndr), compresa Aung San Suu Kyi”; la ripresa del dialogo fra “il governo e l’opposizione, come elemento essenziale di un processo di riconciliazione nazionale”; la creazione di “condizioni opportune” allo svolgimento delle elezioni politiche in programma il prossimo anno.
Il segretario generale Onu ha in agenda anche una serie di incontri con i responsabili di “tutti i partiti politici legali” e dei “leader dei gruppi armati”, appartenenti alle minoranze etniche che costituiscono il Paese.
Human Rights Watch ricorda le numerose violazioni dei diritti umani in Myanmar, retto da una ferrea dittatura militare che arresta oppositori, monaci e dissidenti politici, reprimendo nel sangue le rivolte. “Ancora una volta le Nazioni unite hanno chiesto in modo cortese il rilascio di Aung San Suu Kyi – dichiara Kenneth Roth, direttore esecutivo di Hrw – ma se il suo ‘rilascio’ si traduce in un ritorno agli arresti domiciliari, sarebbe un enorme fallimento”.
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