Però non deve diventare una "norma sociale". La Corte suprema di New Delhi depenalizza l’omosessualità e modifica l’articolo del codice penale che la definiva un reato. Dure critiche dal mondo islamico che accusa il governo di cedere alla decadenza occidentale. La Chiesa indiana: chi cerca di affermare una nuova definizione di famiglia mina le basi della società.
Mumbai (AsiaNews) - “La Chiesa indiana considera giusta e appropriata la decisione di rimuovere il marchio della ‘criminalità’ associato all’omosessualità, ma allo stesso tempo non può essere d’accordo con la proposta di affermarla come un comportamento normale”. P. Babu Joseph, portavoce della Conferenza dei vescovi dell’India (Cbci), spiega ad AsiaNews la posizione dell’episcopato indiano rispetto alla decisione della Corte suprema di New Delhi di depenalizzare l’omosessualità dichiarando incostituzionale l’articolo 377 del codice penale per quanto riguarda le persone maggiorenni e consenzienti. Esponenti della comunità musulmana e indù hanno sollevato all’unisono dure critiche contro il governo colpevole di tradire la cultura indiana. I leader religiosi attribuiscono all’esecutivo guidato da Manmohan Singh la responsabilità di aver aperto la strada alla decisione della Corte suprema, che ha risposto ad una petizione promossa da un’associazione per i diritti dei gay, lasciando trapelare la notizia che il governo stava riflettendo sulla revisione dell’articolo 377.
“Gli omosessuali non devono essere messi in prigione o discriminati per i loro orientamenti - afferma p. Babu Joseph – tuttavia non si può affermare che il loro sia un comportamento normale. Nei fatti l’omosessualità va contro l’ordine naturale ed ogni cosa che va contro l’ordine della natura non regge nel tempo ed avrà un impatto negativo sulla vita degli individui e della società”.
Il portavoce della conferenza episcopale si dice “piuttosto sorpreso dalla decisione della Corte suprema di Delhi perché in una società come quella indiana, che è molto tradizionale ed ha una alta considerazione dei valori tradizionali della famiglia, una sentenza del genere non può che sorprendere”.
“La Chiesa si oppone da sempre alle relazioni e ai matrimoni omosessuali - dice p. Babu - perché afferma la sacralità della famiglia e la considera il nucleo di base della società. E una famiglia è composta da un uomo ed una donna che condividono quella complementarietà della natura attraverso cui sorge una nuova generazione che sostiene una società. Questa unità di base della società chiamata famiglia non può essere violata”.
Per il portavoce della Cbci “gli omosessuali e chi sostiene le loro rivendicazioni vogliono affermare una nuova definizione di famiglia che a lungo termine non è sostenibile in una società. La posizione della Cbci è chiara: in primo luogo non possiamo approvare un comportamento del genere ed in secondo luogo non accettiamo che il comportamento di una piccolissima minoranza sia eretto a ‘norma sociale’. Perché questo avrà un influsso negativo sulla vita della gente e aprirà le porte a comportamenti lascivi”.
A chi afferma che la decisione della Corte interviene a tutela dei diritti del singolo, p. Babu risponde affermando che “la società ha tutto il diritto di prendere in considerazione gli aspetti etici e morali nella vita dell’individuo. La legalità è una cosa, ma ci sono anche altre questioni relative alla vita umana che vanno oltre la legalità e riguardano aspetti morali ed etici. È su questo che la Chiesa fonda il suo giudizio per cui considera la decisione della Corte suprema inaccettabile”. (continua a leggere)
Mumbai (AsiaNews) - “La Chiesa indiana considera giusta e appropriata la decisione di rimuovere il marchio della ‘criminalità’ associato all’omosessualità, ma allo stesso tempo non può essere d’accordo con la proposta di affermarla come un comportamento normale”. P. Babu Joseph, portavoce della Conferenza dei vescovi dell’India (Cbci), spiega ad AsiaNews la posizione dell’episcopato indiano rispetto alla decisione della Corte suprema di New Delhi di depenalizzare l’omosessualità dichiarando incostituzionale l’articolo 377 del codice penale per quanto riguarda le persone maggiorenni e consenzienti. Esponenti della comunità musulmana e indù hanno sollevato all’unisono dure critiche contro il governo colpevole di tradire la cultura indiana. I leader religiosi attribuiscono all’esecutivo guidato da Manmohan Singh la responsabilità di aver aperto la strada alla decisione della Corte suprema, che ha risposto ad una petizione promossa da un’associazione per i diritti dei gay, lasciando trapelare la notizia che il governo stava riflettendo sulla revisione dell’articolo 377.
“Gli omosessuali non devono essere messi in prigione o discriminati per i loro orientamenti - afferma p. Babu Joseph – tuttavia non si può affermare che il loro sia un comportamento normale. Nei fatti l’omosessualità va contro l’ordine naturale ed ogni cosa che va contro l’ordine della natura non regge nel tempo ed avrà un impatto negativo sulla vita degli individui e della società”.
Il portavoce della conferenza episcopale si dice “piuttosto sorpreso dalla decisione della Corte suprema di Delhi perché in una società come quella indiana, che è molto tradizionale ed ha una alta considerazione dei valori tradizionali della famiglia, una sentenza del genere non può che sorprendere”.
“La Chiesa si oppone da sempre alle relazioni e ai matrimoni omosessuali - dice p. Babu - perché afferma la sacralità della famiglia e la considera il nucleo di base della società. E una famiglia è composta da un uomo ed una donna che condividono quella complementarietà della natura attraverso cui sorge una nuova generazione che sostiene una società. Questa unità di base della società chiamata famiglia non può essere violata”.
Per il portavoce della Cbci “gli omosessuali e chi sostiene le loro rivendicazioni vogliono affermare una nuova definizione di famiglia che a lungo termine non è sostenibile in una società. La posizione della Cbci è chiara: in primo luogo non possiamo approvare un comportamento del genere ed in secondo luogo non accettiamo che il comportamento di una piccolissima minoranza sia eretto a ‘norma sociale’. Perché questo avrà un influsso negativo sulla vita della gente e aprirà le porte a comportamenti lascivi”.
A chi afferma che la decisione della Corte interviene a tutela dei diritti del singolo, p. Babu risponde affermando che “la società ha tutto il diritto di prendere in considerazione gli aspetti etici e morali nella vita dell’individuo. La legalità è una cosa, ma ci sono anche altre questioni relative alla vita umana che vanno oltre la legalità e riguardano aspetti morali ed etici. È su questo che la Chiesa fonda il suo giudizio per cui considera la decisione della Corte suprema inaccettabile”. (continua a leggere)
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