mercoledì, luglio 01, 2009
Intervista con lo scultore Stefano Pierotti:

Radio Vaticana - "Non abbiate paura". Ciò che ha rappresentato il motto per una lunga stagione della Chiesa da ieri è anche il messaggio che accoglie chiunque si rechi al Policlinico Gemelli di Roma. Un messaggio simboleggiato dalle fattezze di Giovanni Paolo II riprodotte nella grande statua in marmo collocata nel piazzale dell'ospedale capitolino. La cerimonia di inaugurazione della scultura è avvenuta nella serata di ieri, alla presenza delle autorità di Roma e del Policlinico e di un ospite speciale, come riferisce nella sua cronaca il giornalista del quotidiano Avvenire, Mimmo Muolo (ascolta):

Da oggi sarà Giovanni Paolo II ad accogliere coloro che arrivano al Gemelli di Roma. La bianca statua in marmo del Pontefice è stata infatti inaugurata ieri sul piazzale dell’ingresso principale del Policlinico dell’Università Cattolica. Alla presenza del cardinale Stanislaw Dziwisz, attuale arcivescovo di Cracovia e già segretario personale di Papa Wojtyla, del rettore dell’Università, Lorenzo Ornaghi, e di diverse autorità , tra le quali il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, secondo il quale “questa statua si trova nel cuore della capitale, dato l’amore che i romani hanno nutrito per Giovanni Paolo II”. “Il Papa - ha detto il cardinale Dziwisz - è sicuramente contento di stare giorno e notte insieme con chi soffre, chi non è certo del suo futuro, chi spera e chi prega”. “Egli, del resto - ha aggiunto - ha trascorso qui 153 giorni in nove ricoveri, per 21 volte dalla finestra del decimo piano ha recitato l’Angelus. Inoltre, la sua prima ed ultima uscita, rispettivamente nel 1978 e nel 2005, dal Palazzo apostolico, sono state effettuate per recarsi al Gemelli”. Il porporato ha concluso dicendo che “questo è davvero il Vaticano III”, secondo la celebre definizione coniata da Papa Wojtyla durante il ricovero del 1996. La statua - che con il basamento è alta 4,60 metri ed è opera dello scultore Pierotti - s’intitola “Non abbiate paura”; il filo conduttore di tutto un Pontificato che da oggi Giovanni Paolo II ripete idealmente a tutti coloro che visitano il grande ospedale romano.


Qual è stata la scintilla ispiratrice che ha trasformato un blocco di marmo alto quasi cinque metri nella figura di un Papa tanto amato e indimenticato? Eliana Astorri lo ha chiesto allo scultore che l'ha realizzata, il maestro Stefano Pierotti (ascolta):


R. - Il ricordo dei funerali di Giovanni Paolo II: mi commossi così tanto che poi volli ricordarlo con un mio lavoro, lo stesso poi proposto al Policlinico Gemelli.


D. - Quale aspetto di Wojtyla ha voluto esaltare?


R. - Quello che veramente mi ha colpito tanto è la sua umanità, la dimostrazione agli occhi del mondo della sofferenza vissuta senza nascondersi, oltre certamente al suo modo di comunicare ai giovani di tutto il mondo alle Giornate mondiali della gioventù - alla quale tra l’altro partecipai con il Crocifisso “Morto e risorto”. Sono state tante le cose che mi hanno colpito e che hanno lasciato in me il segno di questa figura incredibile.


D. - Quale materiale ha usato?


R. - Il materiale è stato il marmo bianco di Carrara. Un blocco molto grande, perché la figura alla fine sfiora i cinque metri.


D. - Quanto il tempo utilizzato per questa realizzazione?


R. - Ci sono state due o tre fasi per la lavorazione di una scultura del genere. Prima si fa un modello sulla creta e una volta che si è soddisfatti di questo modello si procede con la formatura in gesso, e poi, appunto, si iniziano a riportare questi punti del modello in gesso sul marmo. La lavorazione del marmo da parte mia ha richiesto circa sette mesi e, considerando anche il precedente intervento di sbozzatura, l’operazione in totale è durata quasi un anno.

D. - Pierotti, cosa prova un artista, quando dalle proprie mani crea un’opera dedicata a uomini, che così profondamente hanno lasciato un’impronta nel cuore della gente?


R. - Non è chiaramente una delle solite sculture che si fanno quotidianamente. Per me, questa scultura è nata da un forte sentimento, da uno slancio emotivo. Quindi, da lì poi si sviluppa un’opera, si fanno delle riflessioni, si apportano piccoli cambiamenti sull’idea originaria. L’emozione, però, è tanta.


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