venerdì, luglio 03, 2009
del nostro redattore Carlo Mafera

Siamo nel settembre del 1944 con i tedeschi in fuga dal nemico oramai preponderante. Ciò che volevano realizzare i nazisti era semplicemente una ritirata indisturbata e per fare ciò mandarono una delegazione a trattare una tregua con i partigiani ma i componenti non ritornarono ai loro reparti. A questo punto il maresciallo Kesserling ordinò al generale Simon, che operava sulla linea gotica, di eseguire una rappresaglia. L’ordine fu trasmesso agli ufficiali della divisione tedesca schierata in quella zona. I tedeschi penetrarono tra il fiume Reno e il torrente Setta all’interno dei quali si incuneava il Monte Sole e non trovando partigiani (tutti rifugiatisi negli anfratti del monte), scaricarono la loro violenza sui civili, ritenuti complici delle brigate resistenti.
Si verificarono diverse stragi perché ci furono decine di episodi lungo lo spazio temporale di tre giorni, tra il 29 settembre e il 1° di ottobre, in cui i reparti tedeschi uccisero circa 750 persone inermi in cui erano compresi soprattutto anziani, donne e bambini, nell’area intorno ai comuni di Marzabotto, Grizzana e Monzuno. La cifra di 750 vittime è stata valutata da varie indagini storiche ma soprattutto dall’attuale parroco di Sasso Marconi, don Dario Zanini che afferma esserci stato un errore alla base del calcolo. Infatti il 30 settembre 1945 un certo Silvano Bonelli fu incaricato dal comune di Marzabotto di fare una relazione sull’eccidio e sostanzialmente si applicò un’operazione troppo semplicistica cioè si fece maliziosamente una differenza tra i presenti nel 1944 e i rientrati inserendo così tra le vittime coloro che erano deceduti per tutt’altri motivi. Don Dario Zanini però arrivò alla verità precedentemente a quel “censimento” troppo partigiano, parlando con le famiglie, gli amici, i conoscenti e consultando gli archivi parrocchiali e quelli comunali. Purtroppo, guarda caso, non poté accedere ai registri del comune di Marzabotto, Grizzana e Monzuno per i quali ebbe il divieto di accesso. Così questo coraggioso sacerdote scoprì anche il maggiore Reder non fu il solo responsabile di tutta l’operazione e che a lui sono addebitabili solo 277 vittime mentre le restanti 500 circa sono stati trucidati da altri reparti. Tra i morti ci furono anche cinque sacerdoti , don Ubaldo Marchioni, ucciso in chiesa con i suoi parrocchiani, don Giovanni Formesini, don Ferdinando Casagrande, don Martino Capelli e don Elia Comini per i quali è stato promosso il processo di beatificazione.
Don Zanini si chiese perché aggiungere mille vittime alle già numerose 750. “L’identità delle vittime non conta? Non possiamo accettarlo, per rispetto ai caduti ….. E’ come se si volesse dire : Dobbiamo sommarne ancora perché voi contate poco”.
A mio avviso c’è sempre la tendenza a scaricare il male solo da una parte enfatizzandolo. Tale operazione talvolta fa sentire giuste le proprie azioni e cattive sempre quelle degli altri senza tenere conto del rapporto causa- effetto. Fatta salva l’importanza della guerra partigiana mi chiedo e chiedo agli storici se alcune decisioni dei capi partigiani siano state, per così dire, felici e opportune dal punto di vista strategico, tenuto conto della facile tendenza alla rappresaglia (come nel caso dell’attentato a via Rasella), da parte delle forze naziste che peraltro erano oramai, come un lupo ferito, sull’orlo della disfatta.

È presente 1 commento

Anonimo ha detto...

E' un artificio retorico isolare la risonanza emotiva di un avvenimento e focalizzarsi sulla "correttezza" di un dettaglio per confutare i discorso generale. Il revisionismo spesso si associa con la viltà e la prostituzione intellettuale. Non so se questo sia il tuo caso, o se sei semplicemente ignorante. Credo che tu stia semplicemente cercando appigli per giustificare i tuoi ideali.

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa