lunedì, luglio 06, 2009
del nostro redattore Carlo Mafera

E’ da secoli che l’Europa ha fermato il progresso degli uomini e li ha asserviti ai suoi disegni ed alla sua gloria; è da tanto tempo che, nel nome di una pretesa “avventura spirituale”, essa soffoca la quasi totalità dell’umanità. E’ oramai risaputo che l’equazione Nord-Sud del mondo è quella da risolvere prima di ogni altra. Il Papa stesso richiama i governanti della terra ad affrontare tale problema e in particolare quello relativo ad una maggiore redistribuzione delle ricchezze. Si tratta ora di rivedere tutta la nostra politica nei confronti dell’Africa: non deve essere più paternalista e esportatrice del nostro modello di sviluppo indicandolo come il migliore possibile. Occorre quindi ridisegnare la mappa degli aiuti che non devono essere elargiti per “grandi progetti” preferiti sia dalle elite locali sia dai dirigenti occidentali. Ciò infatti favorisce la corruzione in entrambi i continenti, una sorta di corruzione istituzionale che tende a coinvolgere le burocrazie degli organismi internazionali e nazionali.
L’alternativa riconosciuta da molti è invece quella dei “piccoli progetti” dove è molto più semplice la partecipazione dei contadini indigeni, senz’altro i più coinvolti sotto l’aspetto strategico, ma nello stesso tempo i più grandi esclusi da ogni seria politica sociale.
Un’altra questione è quella di un neo vincolismo annonario che subordina la campagna alla città imponendo alla prima dei prezzi politici per tenere bassi quelli dei prodotti alimentari. Tutto ciò scoraggia i contadini per la produzione di un surplus e costringe a nuovi indebitamenti con l’estero (per l’importazione di cereali) dei paesi già poveri e quel che peggio, determina la malnutrizione di migliaia di bambini.
Il prezzo politico “ingrassa” le burocrazie cittadine che utilizzano le poche risorse per acquistare le “Mercedes” oppure generi del tutto inutili e obsoleti che noi occidentali siamo felici di cedere loro.
Bisognerebbe invece che ci fosse un maggior coinvolgimento dei contadini e delle unità produttive nella gestione della cosa pubblica e in particolare dell’economia. Tuttavia – afferma René Dumont nel suo libro “L’africa strangolata” – non si possono dare abbastanza poteri economici e politici reali ai contadini se non sono in grado di assumerseli cioè se non si organizzano loro stessi in gruppi capaci di farsi rispettare. Inoltre, per scardinare la dipendenza culturale dell’occidente, Dumont propone che “anche le trasmissioni televisive non dovrebbero essere impregnate di un aberrante occidentalismo, uno strumento di deculturazione, di deafricanizzazione (Tele Zambia ne è un esempio) che spinge verso una urbanizzazione delirante”.
“E’ altresì auspicabile – continua Dumont nel suo libro – un coinvolgimento di quei giovani scolarizzati che hanno avuto il coraggio di restare nel villaggio”. Cosa fare dunque perché l’elite al potere rinunci ai suoi privilegi?
Occorre che il Nord del mondo non la sostenga più, anche se sarà molto difficile. In altre parole i problemi del Terzo Mondo bisogna risolverli prima di tutto qui da noi.
Innanzi tutto mediante una seria politica di austerità, convincendoci che il livello di vita di cui godiamo “ è fondato su una massa di iniquità che la forza bruta non sarà sempre sufficiente a mantenere”. Se non faremo ciò, assisteremo ad un esodo “biblico” dal continente africano sempre più massiccio e straripante. Dobbiamo dare e restituire agli africani ciò che per tanti secoli gli abbiamo sottratto, soprattutto con il fenomeno della schiavitù.

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