di Lorenzo Prencipe, scalabriniano, Presidente del Centro Studi Emigrazione di Roma
Dopo l’approvazione della Camera dei Deputati, il 2 Luglio 2009 anche il Senato ha approvato, in via definitiva, il disegno di legge in materia di sicurezza pubblica che diventa, perciò, legge dello Stato. Fra le più gravi novità in materia di immigrazione troviamo l’introduzione del reato di ingresso e/o soggiorno illegale, l’obbligo di dimostrazione della regolarità del soggiorno ai fini dell'accesso ai servizi pubblici (matrimonio, registrazione della nascita, riconoscimento del figlio naturale). Ma anche l’obbligo di denuncia da parte dei pubblici ufficiali degli immigrati in situazione irregolare che si presentano agli sportelli, l’introduzione di un contributo tra 80 e 200 euro per ogni rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno, il prolungamento fino a 180 giorni (invece dei 60 giorni precedenti) dei termini di trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione e la punibilità (fino a 15 anni di carcere) di chi favorisce l'ingresso irregolare di immigrati e di chi affitta appartamenti agli immigrati irregolari (fino a 3 anni di carcere).
Con la nuova normativa gli stranieri che entrano (anche i possibili richiedenti asilo!) o soggiornano (anche quegli immigrati che, pur risiedendo e lavorando da anni in Italia, quando perdono il lavoro e non ne trovano un altro in sei mesi) in maniera irregolare (=senza i dovuti permessi) nel territorio dello Stato commettono il reato di “immigrazione clandestina”, punito con un’ammenda da 5 a 10 mila euro. Non è previsto l’arresto, ma i “clandestini” (vale a dire gli stranieri che commettono l’abominevole crimine di non aver documenti in ordine) sono sottoposti a processo immediato davanti al giudice di pace con espulsione per direttissima. L’introduzione del reato di “immigrazione clandestina”, nell’intenzione del governo, dovrebbe perciò rendere più facile l’espulsione degli immigrati “non desiderati” perché senza documenti.
Per politica e società gli immigrati in situazione irregolare sono tutti delinquenti
Si tratta di un pacchetto di misure che ignora, di fatto, i diritti umani, i trattati internazionali e la dignità della persona umana. Una legge che produrrà sofferenze e difficoltà agli immigrati che, già per il fatto di essere irregolari, si trovano in una situazione di precarietà. E con il reato di immigrazione irregolare si legittima, a livello istituzionale, una ormai diffusa e accettata criminalizzazione dei migranti: di tutti i migranti, non solo di quelli senza documenti.
Con la nuova legge, i bambini stranieri nati da genitori non regolarmente soggiornanti sul territorio e i bambini italiani nati da un genitore straniero non regolarmente soggiornante sul territorio non potranno più essere riconosciuti dal proprio genitore; una persona senza permesso di soggiorno non potrà più contrarre matrimonio nel territorio dello Stato, neanche in presenza di figli con cittadinanza italiana; gli adolescenti soli che provengono da altri Paesi non potranno più avere la sicurezza di continuare il percorso di vita iniziato in Italia, una volta divenuti maggiorenni.
Inoltre, l’obbligo di denuncia dei migranti in situazione irregolare da parte dei pubblici ufficiali, sarà carico di nefaste conseguenze: i migranti ed i loro familiari, per timore di essere denunciati, si sottrarranno al contatto con tutti i servizi pubblici, tra cui l’accesso alle cure mediche e all’istruzione, la possibilità di registrare i figli alla nascita, di contrarre matrimonio, di denunciare alla polizia i reati subiti.
Ora, anche se il 76% dei partecipanti al sondaggio quotidiano di Sky Tg24 considera “a pelle” il reato di clandestinità come la norma più utile della nuova legge (probabilmente è questa l’unica voce ascoltata dal governo in tema d’immigrazione), non si può tacere il fatto che l’introduzione del reato di immigrazione clandestina è una misura sproporzionata che finirà per ingolfare il sistema giudiziario e carcerario e spingerà sempre più gli immigrati senza permessi a delinquere.
In una società civile, è normale che gli immigrati (come ogni persona) che delinquono siano puniti in maniera proporzionale ai loro delitti, ma non si può, però, sostenere (anche a campagna elettorale finita) che il problema della sicurezza dipende solo dall'immigrazione irregolare.
In Italia ci sono numerosi immigrati irregolari (di cui 400 mila badanti) che lavorano nelle famiglie come colf, badanti, nell'agricoltura, nell'edilizia e nelle piccole e medie imprese che non possiamo chiamare delinquenti, ma che lo diventeranno con l’introduzione del reato di clandestinità.
Più del 70% delle 31.200 domande d’asilo presentate nel 2008 in Italia provengono da persone sbarcate, in maniera irregolare, sulle coste meridionali del Paese; circa il 75% dei 36.952 migranti sbarcati irregolarmente sulle coste italiane nel 2008 ha presentato domanda d’asilo; il tasso di riconoscimento di protezione (status di rifugiato o protezione sussidiaria/umanitaria) delle persone arrivate irregolarmente via mare è stato del 50% nel 2008. Sono questi una buona parte d’immigrati irregolari ritenuti pericolosi delinquenti di cui sbarazzarsi sia con i respingimenti in mare che con le espulsioni immediate.
Inoltre, con il reato d'immigrazione clandestina, dovrebbero finire in carcere per favoreggiamento anche centinaia di migliaia di cittadini, italiani e non, che hanno badanti o lavoratori immigrati non regolari…
Il “generico” reato di immigrazione clandestina non è sostenibile giuridicamente. Infatti, con il reato di immigrazione clandestina si fa diventare reato la semplice condizione personale di essere straniero, in contrasto con quanto la Costituzione stabilisce in materia di eguaglianza. La Corte costituzionale ha già ribadito che solo una condotta che lede beni costituzionalmente garantiti può giustificare il ricorso alla sanzione penale. E’ reato, infatti, non la mera clandestinità dello straniero, ma una clandestinità accompagnata da elementi oggettivi, accertati dal giudice, da cui risulti una pericolosità sociale, senza dimenticare, però che la sola povertà non è sinonimo di criminalità.
Chi è l’immigrato “clandestino”?
Non è un criminale a-priori, come si sostiene spudoratamente. Le persone che la nuova normativa sulla “sicurezza” si vogliono tenere lontane dall’Italia fuggono, nella maggior parte dei casi, dalla povertà, da guerre e persecuzioni. E non sarà certo il reato di “immigrazione clandestina” a fermarle.
Migrare non è un crimine. E’ invece criminale un sistema economico-finanziario mondiale (l’11% della popolazione mondiale consuma l’88% delle risorse) che forza la gente a fuggire dalla propria terra per sopravvivere e che quando raggiungono l’Italia sono sistematicamente criminalizzati.
La povertà non è reato. La logica della legge sulla “sicurezza” trasforma, invece, il diverso (il povero) in nemico e pone sullo stesso piano chi fugge dalla fame, dalla miseria e dalla guerra e chi, invece, viene in Italia per delinquere.
Molti (anche cristiani) invocano leggi speciali contro gli immigrati per avere maggiore sicurezza. Assecondare, però, tali istinti primari che si fondano sulla convinzione per cui “mors tua, vita mea” significa spesso minimizzare o giustificare atteggiamenti razzisti e xenofobi. C’è, invece, bisogno di capacità di mediazione e di educazione alla convivenza da parte di sindaci, istituzioni, organizzazioni sociali, chiese. Infatti, quando si limitano o negano i diritti e le garanzie di alcuni, minore è la libertà e la sicurezza per tutti.
E nel lungo e faticoso cammino di difesa dei diritti umani, non è un buon segnale, né per le comunità cristiane né per gli immigrati, assistere al gioco di smarcamento tra i diversi organismi ecclesiali: se le dichiarazioni in favore dei migranti e contro una certa politica repressiva da parte dei responsabili del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e Itineranti sono sistematicamente smentite dal portavoce della Santa Sede, ci si chiede a cosa servano tali organismi se non a fare sorridere ironicamente i politici del centro-destra.
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