L’opposizione iraniana continua a non riconoscere la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad. A parlare oggi, attraverso il sito Internet del suo partito, è stato il riformista Mehdi Karroubi, che ha così commentato l’esito del riconteggio del 10% dei voti da parte dei Consiglio dei Guardiani.
Radio Vaticana - La piazza, intanto, continua ad essere in tensione. Il quotidiano Jerusalem Post riferisce che sei sostenitori dell’opposizione sono stati impiccati lunedì scorso. La polizia riferisce, poi, il bilancio delle vittime delle manifestazioni: sarebbero 20 i morti e oltre mille gli arrestati. Intanto, sei persone sono state impiccate oggi a Teheran dopo essere state riconosciute colpevoli di omicidio, secondo quanto riferisce l'agenzia Isna. Alcuni dei giustiziati erano stati condannati per avere ucciso il consorte. Su invito del presidente Gheddafi, Ahmadinejad sarebbe dovuto essere oggi a Sirte, in Libia, per il vertice dell’Unione Africana, ma il capo dello Stato ha annullato l’impegno. Sui motivi di questa decisione, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Ahmad Rafat, giornalista iraniano, direttore del sito “Iran News” (ascolta):
R. - Anzitutto, bisogna vedere se la rinuncia viene da parte iraniana, oppure per i malcontenti che serpeggiavano intorno al vertice da parte degli altri partecipanti: perché in questo momento incontrare Ahmadinejad potrebbe essere giudicato da alcuni imbarazzante per via delle ombre che ci sono sulla legittimità delle elezioni e sulla forte repressione in atto nel Paese. Pertanto, credo che sia una rinuncia concordata con la stessa Libia per evitare un malcontento generale di altri Paesi africani.
D. - Sicuramente, dopo questa fase, l’Iran non sarà più lo stesso. Come immagina il Paese nel prossimo futuro?
R. - Le soluzioni possono essere due: una forte repressione, una totale chiusura, nel caso che riesca a vincere l’Ayatollah Khamenei. Oppure, una vittoria di Rasfanjani. Ma la pagina è tutta da scrivere perché questa nuova leadership, avendo vinto con l’appoggio della piazza, dovrebbe anche tener conto delle richieste che vengono dalle strade di Teheran.
D. - Quando e come potrà ricominciare un dialogo proficuo con la comunità internazionale, secondo lei?
R. - Io credo che, se si fa un’eccezione per la politica nucleare, le posizioni all’interno della leadership iraniana siano più o meno uguali. Per il resto, nel caso di sconfitta di Khamenei, si apriranno diverse finestre di opportunità per ricominciare una collaborazione, come è successo 12 anni fa, quando Khatami ha vinto le elezioni.
D. - Repubblica islamica e democrazia, secondo te, sono due concetti conciliabili oggi in Iran?
R. - Molti accusano Khamenei di voler fare a meno del concetto di “repubblica” e di voler trasformare l’attuale Repubblica islamica in un governo islamico: cioè privarlo del concetto di “repubblica” e, quindi, della sovranità popolare.
Radio Vaticana - La piazza, intanto, continua ad essere in tensione. Il quotidiano Jerusalem Post riferisce che sei sostenitori dell’opposizione sono stati impiccati lunedì scorso. La polizia riferisce, poi, il bilancio delle vittime delle manifestazioni: sarebbero 20 i morti e oltre mille gli arrestati. Intanto, sei persone sono state impiccate oggi a Teheran dopo essere state riconosciute colpevoli di omicidio, secondo quanto riferisce l'agenzia Isna. Alcuni dei giustiziati erano stati condannati per avere ucciso il consorte. Su invito del presidente Gheddafi, Ahmadinejad sarebbe dovuto essere oggi a Sirte, in Libia, per il vertice dell’Unione Africana, ma il capo dello Stato ha annullato l’impegno. Sui motivi di questa decisione, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Ahmad Rafat, giornalista iraniano, direttore del sito “Iran News” (ascolta):
R. - Anzitutto, bisogna vedere se la rinuncia viene da parte iraniana, oppure per i malcontenti che serpeggiavano intorno al vertice da parte degli altri partecipanti: perché in questo momento incontrare Ahmadinejad potrebbe essere giudicato da alcuni imbarazzante per via delle ombre che ci sono sulla legittimità delle elezioni e sulla forte repressione in atto nel Paese. Pertanto, credo che sia una rinuncia concordata con la stessa Libia per evitare un malcontento generale di altri Paesi africani.
D. - Sicuramente, dopo questa fase, l’Iran non sarà più lo stesso. Come immagina il Paese nel prossimo futuro?
R. - Le soluzioni possono essere due: una forte repressione, una totale chiusura, nel caso che riesca a vincere l’Ayatollah Khamenei. Oppure, una vittoria di Rasfanjani. Ma la pagina è tutta da scrivere perché questa nuova leadership, avendo vinto con l’appoggio della piazza, dovrebbe anche tener conto delle richieste che vengono dalle strade di Teheran.
D. - Quando e come potrà ricominciare un dialogo proficuo con la comunità internazionale, secondo lei?
R. - Io credo che, se si fa un’eccezione per la politica nucleare, le posizioni all’interno della leadership iraniana siano più o meno uguali. Per il resto, nel caso di sconfitta di Khamenei, si apriranno diverse finestre di opportunità per ricominciare una collaborazione, come è successo 12 anni fa, quando Khatami ha vinto le elezioni.
D. - Repubblica islamica e democrazia, secondo te, sono due concetti conciliabili oggi in Iran?
R. - Molti accusano Khamenei di voler fare a meno del concetto di “repubblica” e di voler trasformare l’attuale Repubblica islamica in un governo islamico: cioè privarlo del concetto di “repubblica” e, quindi, della sovranità popolare.
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