mercoledì, agosto 12, 2009
La cerimonia celebrata a Tamil Nadu da membri del movimento fondamentalista Vhp. Il ritorno alla religione indù è motivato dalla discriminazione subita dai dalit cristiani, che non ricevono incentivi per lo sviluppo.

New Delhi (AsiaNews) – Più di 200 dalit cristiani di un villaggio vicino a Dindigul – nel Tamil Nadu – sono stati “riconvertiti” alla religione indù in una cerimonia organizzata dal Viswa Hindu Parishad (Vhp). Lo affermano fonti vicine al movimento estremista Vhp, che riferiscono di una funzione che si è tenuta ieri a Tamaraikulam. Alla base del ritorno alla religione indù – in passato i dalit avevano abbracciato il cristianesimo – vi sarebbe “l’emarginazione” subita nella comunità cristiana. In realtà, il ritorno alla religione indù è giustificata da ragioni di carattere economico e sociale che vengono legittimati dalle leggi indiane. Padre Cosmon Arokiaraj, della Conferenza episcopale in India, spiega ad AsiaNews che “è lo stesso Stato [del Tamil Nadu] a sostenere le discriminazioni perpetrate dal Vhp contro i dalit cristiani” come stabilito in una legge costituzionale che “impedisce ai cittadini di ricevere i benefici economici”.

Il terzo paragrafo della Costitution Order 1950 – che tratta di caste – meglio noto come “disposizione presidenziale”, stabilisce che “nessuno fra quanti professano una religione diversa dall’induismo può appartenere a una casta”. Restringendo i benefici a una particolare religione, la normativa, che appare fin da subito discriminatoria, ha diviso “l’intera comunità dalit in base alla religione professata”. Il sacerdote sottolinea che “il collegamento a una casta o a una religione è considerato il punto cruciale della questione”.

“Lo sviluppo economico e l’oppressione sociale non posso andare di pari passo” precisa p. Cosmon Arokiaraj. “Escludere una parte, i dalit, dal processo di sviluppo – continua – solo perché sono cristiani, sarà un freno al processo di sviluppo e un marchio che segna tutta la nazione”.

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