lunedì, agosto 31, 2009

di Luisa Deponti


La morte dei 73 potenziali richiedenti asilo politico su una barca alla deriva nel Mar Mediterraneo, di cui hanno riferito alcuni superstiti lo scorso 20 agosto, appare sempre più come il risultato perverso di un'evoluzione nelle scelte politiche in materia di immigrazione attuate dall'Unione Europea e dai singoli stati membri.
Esternalizzazione delle frontiere. La lotta all'immigrazione clandestina è da anni al primo posto nell'agenda della politica europea, anche perché i vari paesi non riescono ad accordarsi su una gestione lungimirante dell'immigrazione legale e le misure restrittive godono di un vasto consenso nell'opinione pubblica. L'abolizione delle frontiere interne ha reso necessario il rafforzamento di quelle esterne, accollando maggiori responsabilità ai paesi mediterranei e ai nuovi stati membri dell'Europa centro-orientale. Per una più equa distribuzione degli oneri l'UE ha creato l'agenzia FRONTEX, che coordina i corpi di polizia degli stati membri per il controllo delle frontiere, e stanziato ingenti fondi per "sigillare" i confini terrestri ad oriente e organizzare più efficaci pattugliamenti dei bracci di mare.
Il processo di "esternalizzazione" delle frontiere europee è poi proseguito rivolgendosi ai paesi limitrofi. Negli ultimi anni sono stati stipulati accordi di riammissione con Marocco, Tunisia, Algeria, Libia, Turchia, Ucraina, Bielorussia, affinché riaccogliessero prima i loro stessi cittadini e poi anche tutti gli altri clandestini passati sul loro territorio. Essi hanno ricevuto mezzi e finanziamenti necessari anche per allestire centri di detenzione. Secondo numerose testimonianze in questi luoghi si verificano gravi lesioni dei diritti umani.

Effetti collaterali. Tali misure hanno avuto effetti collaterali disastrosi, quali l'allungamento delle rotte - con aumento del pericolo – percorse dai migranti, la crescita dei guadagni dei trafficanti di esseri umani e l'ulteriore erosione del diritto d'asilo.
Da anni ormai i richiedenti asilo sono obbligati a percorrere le vie dell'immigrazione irregolare per arrivare in Europa. Nei paesi di origine è per loro pressoché impossibile ottenere un visto. L'accordo di Dublino impone che essi facciano richiesta d'asilo nel primo paese europeo sicuro raggiunto. La banca dati delle impronte digitali EURODAC permette di capire se un richiedente giunto in Germania ha già fatto domanda in Grecia o in Italia, dove viene puntualmente rimandato. La normativa europea ha di fatto causato il collasso dei sistemi di asilo di paesi molto piccoli come Malta e Cipro, con conseguenze devastanti per i profughi, o addirittura contribuito a far sì che la Grecia abbia respinto la domanda di asilo di migliaia di persone che avevano diritto ad una qualche forma di protezione. Si è prodotto anche l’effetto di deresponsabilizzare i paesi nei confronti degli obblighi di salvataggio in mare.
L'Italia ha visto aumentare le richieste d'asilo, ma l'allarme è ingiustificato: un paese di 60 milioni di abitanti che sta per regolarizzare 700'000 lavoratori irregolari può certo accogliere 30'000 rifugiati all'anno. Gli sbarchi sono stati strumentalizzati per ottenere consensi politici. L'accordo con la Libia va a colpire in larga maggioranza proprio eritrei, somali ed etiopi che avrebbero diritto d'asilo. Infine, i procedimenti giudiziari a carico di marinai che hanno aiutato i migranti in mare scoraggiano ulteriormente le azioni di soccorso.

Intrico di competenze. Attualmente nel Canale di Sicilia vi è un intrico sempre più complicato di competenze per quanto riguarda il respingimento o il soccorso dei migranti in mare, che coinvolge Italia, Malta e l'Agenzia FRONTEX. È auspicabile che le autorità giudiziarie verifichino se i morti degli ultimi giorni siano stati le vittime di un malvagio gioco allo scarica barile.
Tuttavia ci si dovrebbe interrogare su un processo di chiusura che nasce dalla mancanza di una politica migratoria innovativa, nella speranza che organizzazioni umanitarie e religiose, politici lungimiranti in sede europea e nazionale e numerosi cittadini possano cogliere quest'ultima tragica vicenda come un'occasione per invertire la rotta che punta verso la costruzione della "Fortezza Europa" basata sulla violazione dei diritti umani dei migranti. A quel punto affonderebbe per tutti il sogno di uno "spazio di libertà, sicurezza e giustizia" che accompagna lo sviluppo dell'Unione Europea.


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