Mons. Marchetto: i respingimenti violano i diritti umani
Papaboys - La questione dei respingimenti degli immigrati in condizione di irregolarità avvistati nel Mediterraneo continua a destare scalpore e polemiche da più parti. Parole di condanna sono pervenute anche dall'Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, intervenuto questo giovedì a Roma all'incontro organizzato dalla Konrad-Adenauer-Stiftung, con il patrocinio della Pontificia Università Gregoriana, in collaborazione con il "Centre of European Studies" di Bruxelles. Nella sua prolusione, sul tema "Mare nostrum, mare dei diritti umani", l'Arcivescovo ha ricordato che il diritto a emigrare è incluso nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 (art. 13§2), "anche senza ricorrere alla dottrina sociale della Chiesa, che pure è esplicita in materia".
In questo contesto, il presule ha espresso una "posizione di condanna per chi non osserva il principio di non refoulement, che sta alla base del trattamento da farsi a quanti fuggono da persecuzione". "Mi domando, se in tempo di pace non si riesce a far rispettare tale principio fondamentale del diritto internazionale umanitario, come si farà a richiederne l'osservanza in tempo di guerra", ha confessato, sottolineando che la domanda "si può estendere alla questione della protezione dei civili durante i conflitti, che viene così indebolita nella sua radice comune umanitaria". Secondo l'Arcivescovo, è poi "paradossale" il fatto che molti Paesi europei riconoscano come rifugiati "persone che sono arrivate nel loro territorio per via non marittima, ma provenienti dagli stessi Paesi da cui giungono i migranti intercettati e respinti nel mare nostro, nel mare dei diritti".
"Un altro diritto violato nell'atto di intercettare e respingere i migranti sulle coste africane del Mediterraneo è quello al 'giusto processo', che comprende il diritto a difendersi, a essere ascoltato, a fare appello contro una decisione amministrativa, il diritto ad ottenere una decisione motivata, e quello di essere informati sui fatti su cui si basa la sentenza, il diritto ad una corte indipendente ed imparziale", ha proseguito il presule. Queste intercettazioni, ha aggiunto, violano il "Codice frontiere Schengen" (n. 3), in cui si dichiara che tutte le persone alle quali è stato negato l'ingresso al territorio avranno il diritto di appello.
Le persone respinte "non hanno possibilità di esercitare questo diritto d'appello, non sono informate su dove e come esercitare questo diritto, e ancor più, non esiste per loro nemmeno un atto amministrativo che proibisca ad essi di proseguire nel loro viaggio di disperazione per raggiungere acque internazionali e che disponga il ritorno al luogo di partenza o ad un altro destino sulla costa africana". Altri diritti violati sono poi quelli "all'integrità fisica, alla dignità umana e persino alla vita".
Non tutti coloro che partono dalle coste nordafricane e affidano il loro destino al Mediterraneo, infatti, "arrivano alla sognata Europa". "A migliaia sono stati trovati senza vita o dichiarati dispersi in acque, diciamo così, spagnole, italiane, maltesi, tunisine e libiche. Questo senza contare coloro che si sono inabissati, insieme alla loro 'navicella di speranza', nel Mediterraneo o nell'Atlantico senza lasciare traccia". I respingimenti e altri provvedimenti restrittivi nei confronti degli immigrati, ha ricordato monsignor Marchetto, sono dovuti anche a "un quasi panico per una presunta 'invasione' di immigrati, dai quali si sentono posti in stato di insicurezza molti cittadini autoctoni". Molti abitanti dei Paesi sviluppati arrivano a ritenere a rischio le identità nazionali e temono che la spesa pubblica a favore degli immigrati vada a loro detrimento. Gli attacchi terroristici dell'ultimo decennio, inoltre, "hanno fatto aumentare le preoccupazioni per la sicurezza nazionale e poste in evidenza le frontiere". "In questo contesto, le migrazioni irregolari sono ormai percepite come fenomeno che è segno della loro porosità, per cui, di conseguenza, è stata sentita la necessità di una maggiore sorveglianza".
"La migrazione è dunque associata fortemente al terrorismo, considerato quasi come l'altra faccia della medaglia della presenza di chi è senza documenti". Contro questo pregiudizio, ha sottolineato il presule, è necessario mobilitarsi in modo deciso, anche perché gli immigrati respinti sono rispediti in Paesi come la Libia, dove "esistono centri di detenzione e di rimpatrio dove le condizioni variano da accettabili a disumane e degradanti". Lo Stato libico, inoltre, non ha aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951, né al relativo Protocollo del 1967, e non riconosce l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Alla base della posizione vaticana, ha concluso l'Arcivescovo Marchetto, "vi è la dignità della persona umana". Ciò, infatti, "fa parte della perenne tradizione della Chiesa, insieme alla difesa dei diritti di ogni uomo e donna, vecchio o giovane, anche nel caso dei migranti irregolari e dei richiedenti asilo che navigano nel Mare nostrum".
Papaboys - La questione dei respingimenti degli immigrati in condizione di irregolarità avvistati nel Mediterraneo continua a destare scalpore e polemiche da più parti. Parole di condanna sono pervenute anche dall'Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, intervenuto questo giovedì a Roma all'incontro organizzato dalla Konrad-Adenauer-Stiftung, con il patrocinio della Pontificia Università Gregoriana, in collaborazione con il "Centre of European Studies" di Bruxelles. Nella sua prolusione, sul tema "Mare nostrum, mare dei diritti umani", l'Arcivescovo ha ricordato che il diritto a emigrare è incluso nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 (art. 13§2), "anche senza ricorrere alla dottrina sociale della Chiesa, che pure è esplicita in materia".
In questo contesto, il presule ha espresso una "posizione di condanna per chi non osserva il principio di non refoulement, che sta alla base del trattamento da farsi a quanti fuggono da persecuzione". "Mi domando, se in tempo di pace non si riesce a far rispettare tale principio fondamentale del diritto internazionale umanitario, come si farà a richiederne l'osservanza in tempo di guerra", ha confessato, sottolineando che la domanda "si può estendere alla questione della protezione dei civili durante i conflitti, che viene così indebolita nella sua radice comune umanitaria". Secondo l'Arcivescovo, è poi "paradossale" il fatto che molti Paesi europei riconoscano come rifugiati "persone che sono arrivate nel loro territorio per via non marittima, ma provenienti dagli stessi Paesi da cui giungono i migranti intercettati e respinti nel mare nostro, nel mare dei diritti".
"Un altro diritto violato nell'atto di intercettare e respingere i migranti sulle coste africane del Mediterraneo è quello al 'giusto processo', che comprende il diritto a difendersi, a essere ascoltato, a fare appello contro una decisione amministrativa, il diritto ad ottenere una decisione motivata, e quello di essere informati sui fatti su cui si basa la sentenza, il diritto ad una corte indipendente ed imparziale", ha proseguito il presule. Queste intercettazioni, ha aggiunto, violano il "Codice frontiere Schengen" (n. 3), in cui si dichiara che tutte le persone alle quali è stato negato l'ingresso al territorio avranno il diritto di appello.
Le persone respinte "non hanno possibilità di esercitare questo diritto d'appello, non sono informate su dove e come esercitare questo diritto, e ancor più, non esiste per loro nemmeno un atto amministrativo che proibisca ad essi di proseguire nel loro viaggio di disperazione per raggiungere acque internazionali e che disponga il ritorno al luogo di partenza o ad un altro destino sulla costa africana". Altri diritti violati sono poi quelli "all'integrità fisica, alla dignità umana e persino alla vita".
Non tutti coloro che partono dalle coste nordafricane e affidano il loro destino al Mediterraneo, infatti, "arrivano alla sognata Europa". "A migliaia sono stati trovati senza vita o dichiarati dispersi in acque, diciamo così, spagnole, italiane, maltesi, tunisine e libiche. Questo senza contare coloro che si sono inabissati, insieme alla loro 'navicella di speranza', nel Mediterraneo o nell'Atlantico senza lasciare traccia". I respingimenti e altri provvedimenti restrittivi nei confronti degli immigrati, ha ricordato monsignor Marchetto, sono dovuti anche a "un quasi panico per una presunta 'invasione' di immigrati, dai quali si sentono posti in stato di insicurezza molti cittadini autoctoni". Molti abitanti dei Paesi sviluppati arrivano a ritenere a rischio le identità nazionali e temono che la spesa pubblica a favore degli immigrati vada a loro detrimento. Gli attacchi terroristici dell'ultimo decennio, inoltre, "hanno fatto aumentare le preoccupazioni per la sicurezza nazionale e poste in evidenza le frontiere". "In questo contesto, le migrazioni irregolari sono ormai percepite come fenomeno che è segno della loro porosità, per cui, di conseguenza, è stata sentita la necessità di una maggiore sorveglianza".
"La migrazione è dunque associata fortemente al terrorismo, considerato quasi come l'altra faccia della medaglia della presenza di chi è senza documenti". Contro questo pregiudizio, ha sottolineato il presule, è necessario mobilitarsi in modo deciso, anche perché gli immigrati respinti sono rispediti in Paesi come la Libia, dove "esistono centri di detenzione e di rimpatrio dove le condizioni variano da accettabili a disumane e degradanti". Lo Stato libico, inoltre, non ha aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951, né al relativo Protocollo del 1967, e non riconosce l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Alla base della posizione vaticana, ha concluso l'Arcivescovo Marchetto, "vi è la dignità della persona umana". Ciò, infatti, "fa parte della perenne tradizione della Chiesa, insieme alla difesa dei diritti di ogni uomo e donna, vecchio o giovane, anche nel caso dei migranti irregolari e dei richiedenti asilo che navigano nel Mare nostrum".
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