venerdì, novembre 27, 2009
A Viterbo tante testimonianze, dal Nepal al Kenya, passando per le Alpi. L’aumento della temperatura causa malattie, siccità e rischi per le popolazioni. E Marco Onida rincara la dose: “I ghiacciai di casa nostra a rischio prima del 2050”.

Viterbo – Testimonianze d’alta quota al Forum di Greenaccord, in corso in questi giorni a Viterbo. I racconti appassionati ed allarmanti dei testimoni del clima del Wwf parlano di un mondo, quello delle montagne innevate, che ha mutato irrimediabilmente il proprio aspetto negli ultimi anni. Questa mattina le Alpi e l’Himalaya sono state protagoniste non solo per la comune orogenesi (la catena Alpino-Himalayana è stata la prima formazione montuosa a svilupparsi per effetto della deriva dei continenti), ma anche per le testimonianze di chi ogni giorno osserva quei ghiacciai millenari sciogliersi, per non riformarsi più. Marco Onida è il segretario generale della Convenzione delle Alpi, sottoscritta dai paesi della catena montuosa per tutelare questo patrimonio naturalistico: “Tremila anni fa lassù c’erano allevamenti bovini, ora ci sono i ghiacciai. Ma la velocità del cambiamento climatico è raddoppiata nell’ultimo secolo; dal 1985 è iniziato il restringimento dei ghiacciai: se il fenomeno continua così, questi scompariranno nel 2050. E se il surriscaldamento del Pianeta ha effetti più o meno visibili nei vari ecosistemi - continua Onida - le conseguenze potranno essere più gravi su aree particolarmente sensibili ed ecologicamente fragili come le Alpi, dove lo scioglimento dei ghiacciai e la conseguente erosione del suolo possono accentuare il verificarsi di disastri naturali”.
E anche sul tetto del mondo le cose sembrano non andare meglio. Basta chiederlo ad Apa Sherpa, nepalese di 49 anni, che l’Everest l’ha scalato 19 volte, ed era accompagnato a Viterbo da un altro nepalese più giovane, Dawa Sherpa. La loro vita è tra quelle rocce: “Ho visto con il passare del tempo aumentare i giorni di caldo, con l’incredibile effetto di trovare insetti ad oltre cinquemila metri di quota. E se sono aumentati i decessi per malaria, la causa sembra essere proprio questa proliferazione di insetti dovuta al cambiamento climatico. Poi, nevica sempre meno, e l’arretramento dei ghiacciai perenni è diventato più evidente in questa primavera, quando sono riaffiorati dal ghiaccio i corpi di alpinisti dispersi nel 1975. Inoltre, se il ghiaccio si scioglie, i laghi crescono, e il loro equilibrio instabile mette a rischio le popolazioni che vivono in quota. Io ho dedicato le mie due ultime scalate all’Everest – conclude emozionato Apa – al problema dei cambiamenti climatici. Speriamo che qualcuno pensi in fretta ad una soluzione per arginare questo problema. Perché i nostri bambini, gli adulti del futuro, dovranno fare i conti con tutto questo”.
Dalle montagne asiatiche al paesaggio del Kenya, i cambiamenti del clima hanno messo in ginocchio chi, come Nelly Damaris Chepkoskei, viveva prevalentemente di agricoltura ed allevamento. “Il primo segnale che qualcosa è cambiato sono state le piogge, sempre meno intense e frequenti. Ricordo le feste di Natale di quando ero bambina, le passavamo praticamente sempre sotto l’acqua. Ora a dicembre il clima è secco. Con l’aumento delle temperature, anche nelle nostre zone d’altura sono arrivati gli insetti, con un duplice danno: per la salute, con l’aumento della diffusione della malaria, e per le coltivazioni, dove ora sono necessari i pesticidi, che oltre a minacciare l’ambiente sono un costo che ci mette in difficoltà. Io ho perso mia figlia di quattro anni a causa della malaria. Una zanzara che si è posata sulla sua fronte me l’ha portata via in tre giorni. Per fortuna, nel fronteggiare le malattie - soprattutto l’aids - e la crescente povertà ci sono strutture cattoliche molto ben organizzate che ci aiutano. Ma la situazione resta drammatica: per dieci milionari qui abbiamo dieci milioni di mendicanti”.
Anche Jalaluddin Saha, agricoltore indiano, racconta: “Sono nato sull’isola Sagar che è la più grande e la più occidentale nelle Sundarbans. Ho dovuto ricostruire la mia casa per due volte a causa dell’innalzamento del livello del mare e ho perso gran parte del terreno destinato all’agricoltura. Temo che i miei figli vedranno ancora distrutta la nostra casa. Ho acquistato due ettari di terreno – aggiunge Saha - ma me ne è rimasto poco più di uno ora. Stiamo anche gradualmente perdendo terreno agricolo a causa della salinizzazione, un fenomeno che va avanti dal 1969. L’altro cambiamento riguarda il periodo di semina del riso che ora è posticipato di due mesi rispetto a prima. Il che non rende possibile un terzo ciclo di semina. Per ora la mia casa sembra al sicuro ma non escludo che i miei figli o i miei nipoti debbano in futuro spostarsi di nuovo verso l’interno”.

Il Forum Internazionale sulla Salvaguardia della Natura prosegue domani con un intervento delle Ferrovie dello Stato, sull’ impegno del settore trasporti su rotaia nella tutela dell’ambiente; Riccardo Valentini, docente dell'Università della Tuscia, affronterà il tema delle evidenze dei cambiamenti climatici nel settore agro-alimentare; William Rees, della British Columbia, ideatore con Mathis Wackernagel del concetto di ‘impronta ecologica’, terrà una relazione su “L'impronta di carbonio dell'umanità: cognizione, conflitto e negazione”.

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