sabato, novembre 28, 2009
della nostra inviata al Forum Internazionale sul Clima di Viterbo Monica Cardarelli

Prosegue a Viterbo il VII Forum internazionale di Greenaccord dal titolo “Il clima che cambia. Fatti, storie e persone” dando particolare spazio, in queste giornate, alle testimonianze. L’intero Forum è impostato, come si legge dal titolo, sull’impatto che il cambiamento climatico ha sulle persone, la fauna e la flora del pianeta. Non solo quindi un’attenzione al fenomeno dei cambiamenti climatici in sé, sia da un punto di vista scientifico, politico ed economico, ma anche un richiamo alle conseguenze che tutto questo produce nella vita delle persone. Nella giornata di venerdì 27, ad esempio, dopo un’ampia e dettagliata esposizione di Franco Siddi in merito alla “Convenzione alpina”, un progetto che interessa tutto l’arco alpino, si sono susseguite le testimonianze di Nelly Damaris Chepkoskei, una donna proveniente dal Kenya; Apa Sherpa e Dawa Sherpa dal Nepal; Jalaluddin Saha, un insegnante e agricoltore indiano dell’isola di Mousuni, che ci ha mostrato quanto rapidamente l’isola si vada perdendo (nell’arco di circa 40 anni il 15% del territorio è scomparso).

Apa Sherpa, che ha conquistato la cima dell’Everest per 19 volte, e Dawa Sherpa hanno mostrato invece come lo scioglimento dei ghiacciai trasformi completamente le montagne, rendendo così più difficile e a volte impossibile la scalata. Inoltre, il cambiamento climatico ha anche grosse ripercussioni nella fauna locale. Infatti alcune specie di animali spariscono a causa della caccia o del contrabbando ma altre si uccidono tra loro. È il caso, ad esempio, del leopardo di montagna che scendendo nei villaggi caccia cani o puledri. A conclusione della loro testimonianza, però, Dawa Sherpa ha affermato che in ogni caso “Vogliamo rimanere e proteggere la nostra terra”, chiedendosi però di cosa vivrà la popolazione che oggi dipende da quell’acqua, quando le acque dei fiumi e dei ghiacciai si saranno prosciugate...

La testimonianza forse più toccante è stata quella di Nelly Damaris Chepkoskei, una donna di 53 anni, mamma di 5 figli, che ha creato una ‘rete di donne’ per poter operare nel suo paese. Con evidente emozione e semplicità ha raccontato ad una platea di giornalisti provenienti da tutto il mondo, dalla Cina al Pakistan, dalla Romania alla Colombia, dalla Giamaica alle Filippine, come abbia sperimentato sulla propria pelle le conseguenze della siccità. Infatti, oltre ad aver perso una figlia di 4 anni di malaria a causa di una puntura di zanzara, Nelly Damaris ha spiegato che per cercare e portare l’acqua alla famiglia la donna deve percorrere chilometri e chilometri e una donna, moglie e madre, ha come prima preoccupazione di trovare qualcosa per sfamare tutta la famiglia, quindi dover andare a procurarsi l’acqua diventa una perdita di tempo prezioso. Altra conseguenza è l’aumento della povertà, e questo fa sì che aumenti l’impossibilità di dare un’istruzione ai propri figli. Spesso le ragazze, già madri, devono lasciare la scuola per la gravidanza. Infine, quando ci si trova in uno stato di povertà non si può nemmeno seguire la propria morale, si scende a compromessi, si è quasi obbligati a farlo pur di portare del cibo in tavola… ma così non si smetterà mai di scendere a compromessi.
Però, nonostante tutto, Nelly Damaris ha sottolineato che l’Africa ha tanti problemi, ma anche tante ricchezze e che anche i paesi occidentali ne hanno di problemi. Tutto dipende da quale punto di vista si guarda il problema. Rivolgendosi ai giornalisti presenti in sala Nelly Damaris, ha chiesto di “rivolgersi direttamente alla gente. Perché è importante che noi diciamo a voi qual è il nostro problema. I dieci milioni di mendicanti che hanno figli, famiglia, sanno bene cosa fare per essere produttivi”. E infine ha chiesto di “smettere di viziare l’Africa, smettere di mandarci bombe e armi per farci combattere tra noi, ma di iniziare a educarla”.

Questi ed altri i momenti toccanti di queste giornate. La conclusione a cui sono giunte tante testimonianze è, forse, la volontà di restare nel proprio paese, di cambiare ciò che non va partendo dalle esperienze di chi ci vive, rispettando così la cultura e la storia di quella realtà, e valorizzare le ricchezze che ogni angolo del pianeta possiede. Ma questo non deve essere inteso come uno sfruttamento quanto come una conoscenza e un rispetto che sono alla base di qualunque tipo di convivenza, anche quella tra l’uomo e la natura in cui vive. E alla base di tutto, per poter salvaguardare il creato è necessaria la consapevolezza personale, prima che politica, dei cambiamenti climatici che ci troviamo a dover affrontare.

Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa