Il figlio dell'ex sindaco di Palermo: "La nascita di Forza Italia fu frutto della trattativa Stato-mafia"
Ansa.it - Forza Italia "non ha mai avuto collegamenti con la mafia", mentre sarebbe in atto "un tentativo di delegittimazione dell'azione del governo Berlusconi sempre in prima linea nella lotta a Cosa Nostra". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, replicando così a distanza a quanto affermato da Ciancimino junior nel corso del processo a Palermo. "Mio padre mi spiegò che Forza Italia era il frutto della cosiddetta trattativa tra Stato e mafia", ha detto Massimo Ciancimino che sta deponendo al processo per favoreggiamento alla mafia a carico del generale dell'Arma Mario Mori.
"Quando ero agli arresti domiciliari nel 2006, una persona dei Servizi segreti mi disse di non parlare della trattativa e dei rapporti con Berlusconi", ha detto tra l'altro Ciancimino Jr ed ha spiegato che si trovava agli arresti domiciliari, perché indagato per riciclaggio, quando ricevette la visita dell'agente accompagnato da due presunti sottufficiali dell'Arma. "Io replicai - ha continuato - che c'erano documenti, prove su tutte quelle vicende e che non avrei potuto sottrarmi, ma lui mi rassicurò che nessuno mi avrebbe chiesto niente". Ciancimino ha anche riferito di avere ricevuto, sempre nello stesso periodo, pressioni "dall'allora vice procuratore nazionale antimafia Giusto Sciacchitano a non coinvolgere la società Gas nell'indagine sul riciclaggio, perché così ne avremmo tratto beneficio visto che lo stesso Sciacchitano era in buoni rapporti con la procura di Palermo che conduceva l'inchiesta".
L'argomento del rapporto tra Forza Italia e la mafia è stato affrontato dal teste nel corso della spiegazione di un pizzino, depositato agli atti del processo, e che a suo dire sarebbe stato indirizzato dal boss Bernardo Provenzano a Silvio Belusconi e Marcello Dell'Utri. Nel foglietto Provenzano avrebbe parlato di un presunto progetto intimidatorio ai danni del figlio di Berlusconi. "Intendo portare il mio contributo - si legge nel pizzino - che non sarà di poco conto perché questo triste evento non si verifichi (si allude all'intimidazione ndr). Sono convinto che Berlusconi potrà mettere a disposizione le sue reti televisive".
"Mio padre - ha spiegato il testimone illustrando il biglietto - mi disse che questo documento, insieme all'immunità di cui aveva goduto Provenzano e alla mancata perquisizione del covo di Riina era il frutto di un'unica trattativa che andava avanti da anni. Con quel messaggio Provenzano voleva richiamare il partito di Forza Italia, nato grazie alla trattativa, a tornare sui suoi passi e a non scordarsi che lo stesso Berlusconi era frutto dell'accordo". Il testimone ha anche spiegato che la prima parte del pizzino, che lui custodiva sarebbe sparita.
"La settimana scorsa sul parabrezza dell'auto blindata la mia scorta ha trovato una lettera minatoria in cui si diceva che nessuno, neppure i magistrati di Palermo con cui sto collaborando, sarebbero riusciti a salvarmi", ha detto ancora Massimo Ciancimino ripercorrendo tutte le tappe che l'hanno poetato a recuperare all'estero il papello. Ciancimino ha elencato una serie di intimidazioni subite da quando ha cominciato a collaborare con i magistrati raccontando della trattativa tra Stato e Mafia. il teste ha anche detto che, a maggio scorso, un agente dei Servizi, quando ormai la collaborazione era di dominio pubblico, gli aveva detto di "preoccuparsi dell'incolumità di suo figlio".
"Quando ero agli arresti domiciliari nel 2006, una persona dei Servizi segreti mi disse di non parlare della trattativa e dei rapporti con Berlusconi", ha detto ancora Ciancimino Jr spiegando che si trovava agli arresti domiciliari, perché indagato per riciclaggio, quando ricevette la visita dell'agente accompagnato da due presunti sottufficiali dell'Arma. "Io replicai - ha continuato - che c'erano documenti, prove su tutte quelle vicende e che non avrei potuto sottrarmi, ma lui mi rassicurò che nessuno mi avrebbe chiesto niente".
Ciancimino ha anche riferito di avere ricevuto, sempre nello stesso periodo, pressioni "dall'allora vice procuratore nazionale antimafia Giusto Sciacchitano a non coinvolgere la società Gas nell'indagine sul riciclaggio, perché così ne avremmo tratto beneficio visto che lo stesso Sciacchitano era in buoni rapporti con la procura di Palermo che conduceva l'inchiesta".
"Mio padre - ha detto ancora Ciancimino nella deposizione - concordò false versioni sui suoi incontri con i carabinieri e sulla trattativa da dare ai magistrati di Palermo. 'Concordarono - ha aggiunto - di posticipare le date delle visite dei militari a mio padre a dopo la strage di Via D'Amelio". Secondo, invece, il testimone, i militari del Ros cominciarono il loro dialogo con l'ex sindaco nel maggio del '92, dopo la strage di Capaci.
CIANCIMINO CONSEGNA COPIA LETTERA PADRE A BERLUSCONI - Massimo Ciancimino, a sorpresa, deponendo al processo al generale dei carabinieri Mario Mori, ha consegnato in aula una lettera scritta dal padre, l'ex sindaco mafioso di Palermo, indirizzata per conoscenza a Silvio Berlusconi. Il documento, di cui i pm e le difesa non avevano conoscenza , è stato ammesso dai giudici. Non se ne conosce ancora il contenuto. La lettera redatta dall'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino e indirizzata a Dell'Utri e, per conoscenza, a Silvio Berlusconi, è la rielaborazione di un "pizzino" scritto da Bernardo Provenzano agli stessi destinatari e già agli atti del processo Mori. Nella lettera c'é una parte che coincide con quella scritta da Provenzano e relativa a un tentativo di intimidazione al figlio di Berlusconi e alla necessità che il politico metta a disposizione alcune sue reti tv. Nella rielaborazione di Ciancimino, però, c'é una parte nuova in cui si legge: "Se passa molto tempo e ancora non sarò indiziato del reato di ingiuria sarò costretto a uscire dal mio riserbo che dura da anni". Secondo il testimone, che riferisce quanto saputo dal padre, si trattava di una sorta di minaccia al premier. L'ex sindaco lo avvertiva che avrebbe potuto raccontare quanto sapeva sulla nascita di Forza Italia.
MAFIA: DELL'UTRI, DA CIANCIMINO PAROLE DI UNA FOLLIA TOTALE
ROMA - Le dichiarazioni rese da Ciancimino junior "sono cosa di un folle totale, oppure di un disegno, diciamo, criminoso volto a ordire cose allucinanti come questa". Lo ha affermato in un'intervista al Tg5 il senatore del Pdl, Marcello Dell'Utri annunciando che tali "falsità, ovviamente, mi hanno già portato alla decisione di denunciare per calunnia il personaggio in questione, cosa che gli avvocati faranno non appena avranno tutti gli atti di questo interrogatorio". Guardando alla denuncia avanzata da Ciancimino su presunte trattative tra Stato e mafia, Dell'Utri osserva che "c'era uno Stato che non eravamo noi, in ogni caso; se Ciancimino vuol parlare di cose che sono successe veramente si vada a cercare allora dove sono successe e con chi, ma certamente io non c'entro niente" così come, "ovviamente, nemmeno Berlusconi. Qui - conclude - siamo alla pura invenzione e che, ripeto, sfiora anzi sicuramente entra nel campo della pazzia".
QUAGLIARIELLO, LA FARSA CIANCIMINO CONTINUA
ROMA - "La farsa Ciancimino continua". E' il commento di Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del PdL al Senato, alle affermazioni rese dal figlio dell'ex sindaco di Palermo condannato per mafia. "Evidentemente il figlio di don Vito - prosegue - al pari di Gaspare Spatuzza, deve avere davvero una scarsa considerazione per le capacità strategiche della Cosa nostra dei primi anni Novanta, o in alternativa una grande fiducia nella doti divinatorie della mafia. Resta altrimenti difficile comprendere in base a quali convenienze all'indomani delle stragi, mentre i partiti anticomunisti della Prima Repubblica crollavano sotto i colpi di Tangentopoli, mentre la 'gioiosa macchina da guerra' dell'ex Pci si apprestava a prendere incontrastata il potere in Italia, mentre Leoluca Orlando Cascio trionfava a Palermo e addirittura a Catania andava in scena il ballottaggio interno fra Enzo Bianco e Claudio Fava, mentre la sinistra tentava con successo di impedire a Giovanni Falcone di diventare procuratore nazionale antimafia, mentre l'imprenditore Berlusconi chiedeva a Segni e Martinazzoli di guidare il fronte moderato per arginare la marea comunista, quella stessa che pochi anni prima si era opposta al prolungamento della carcerazione preventiva per i boss prevista dal decreto Andreotti-Vassalli, alla vigilia di una lunga stagione di scarcerazioni di migliaia di mafiosi grazie ai programmi di protezione dei pentiti, Cosa nostra si sarebbe avventurata in una non meglio precisata trattativa con un partito che allora non esisteva e con uomo che allora non era altri - per dirla con Spatuzza - che 'quello di Canale 5' ". "E se l'evidenza dei fatti non basta - afferma ancora Quagliariello - il signor Ciancimino dovrebbe iniziare a chiedersi per quale motivo in quegli stessi anni suo padre, alla ricerca di un interlocutore, avrebbe tentato senza riuscirci di incontrare un esponente dell'ex Pci e non un politico del fronte opposto o un manager di Publitalia. La lotta alla mafia e un corretto uso dei pentiti - conclude Quagliariello - sono questioni troppo serie per consentire che in nome di esse - anzi, contro di esse - simili ciarlatani continuino a essere accreditati al solo fine di riscrivere la storia d'Italia in funzione dell'interesse di una parte politica". (continua a leggere)
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.