di Gennaro Iasevoli, docente di psicologia giuridica presso l'università Parthenope di Napoli
La fragilità indica tutto ciò che nella natura è delicato (un fiore, una farfalla, un castello di sabbia, una coppa di vetro, un uovo, un fiocco di neve). Anche gli esseri umani sono fragili e per questo sono ancora di più circondati di premure (in primo luogo i bambini, i vecchi, i malati). La fragilità del bambino negli anni si trasforma mirabilmente in forza e coraggio, ma c’è una specifica fragilità causata da alcuni disturbi mentali che non evolve e continua ad affliggere alcune persone attraverso alcuni meccanismi psichici.
Oggi il problema delle fragilità mentali protratte comporta alcune riflessioni: a) il fragile mentale nella civiltà cristiana è considerato un nostro fratello, figlio di Dio, allevato dai suoi genitori e da tutta la società civile con affetto e maggiori premure, nell’intento di aiutarlo; b) la società giustamente lo aiuta incessantemente ad essere autonomo, il più possibile, al fine di portarlo ad una sufficiente autonomia vitale, culturale ed economica; c) le istituzioni provvedono a favorirne lo sviluppo psicofisico e culturale ed a integrarlo e proteggerlo attraverso i servizi sociali comunali da soprusi, sfruttamenti e strumentalizzazioni, dirette ed indirette da parte di persone senza scrupoli.
Per giungere ad un miglioramento delle cure dello stato psichico occorre partire dall’analisi delle problematiche che incidono sull’armonia fattoriale della personalità e delle conseguenze psicologiche della “fragilità mentale”, che se pur in minima percentuale, è diffusa tra la popolazione, con le connesse problematiche sociali e giuridiche.
Vi è interesse scientifico per tali fenomeni patologici, anche in tema di sicurezza, purtroppo per gli incidenti sulla salute anche negli ambienti di lavoro, nelle case, nei raduni, nei mezzi di trasporto e per la strada, secondo una casistica che concerne tali evenienze patologiche.
La ricerca scientifica e giuridica sta spingendo gli operatori sociali ad una corposa integrazione delle competenze mediante una nuova cultura delle terapie e dei rimedi legislativi e sociali più opportuni, perché le persone che sono affette dalla fragilità mentale, dalla nascita, devono essere soprattutto aiutate a superare o almeno ad alleviare la loro sofferenza, con il sostegno di tutta la società.
Purtroppo si scopre (sempre troppo tardi) che il livello culturale della massa delle persone non consente ancora di distinguere i vari disturbi mentali degli individui, elencati nel manuale scientifico chiamato “D.S.M.4, .. D.S.M.5, … ecc.”, pertanto molte persone affette da problematiche psicologiche vengono additate come svogliate, cattive, aggressive, reattive, paranoiche e via dicendo … ; esse, invece, sono soltanto affette da un incompleto sviluppo della sfera intellettiva e caratterologica che poi le fa sentire contrariate nel momento in cui esse non riescono a capire la necessità di osservare tutte le leggi, tutte le norme e tutti i regolamenti che disciplinano il lavoro, il divertimento, la politica, il sindacato e la convivenza familiare e sociale.
Le persone fragili non resistono agli stress dell’attenzione protratta per lungo tempo, si stancano di socializzare, persino di amare la famiglia ed il prossimo, o di farsi una ragione delle sofferenze umane, di ascoltare, di studiare e di riflettere.
Pertanto non riescono mai a capire le finalità di alcuni processi economico – sociali di ambito globale. In poche parole “soffrono” di stanchezza nel pensare e possono reagiscono senza perder tempo invece di attendere di scoprire una soluzione.
Alla fine non compiono le necessarie operazioni logiche multiple a catena, che presuppongono una capacità di simulare mediante operazioni mentali astratte le soluzioni concrete più utili a risolvere un problema (operazioni mentali alla base dei progetti in ogni settore previsionale); compiono azioni spesso dimenticando di prevederne il danno (anche significativo per sé e per gli altri) che segue all’incerto beneficio ricercato.
Per rappresentare gli aspetti psicologici osservabili e nascosti dei fragili mentali devo esemplificare alcune condotte (modi di comportarsi) dipendenti da tali patologie psicologiche e psichiatriche, cercando anche di accennare alle differenze correlate alle varie tappe dello sviluppo.
Parto col dire che la fragilità mentale e l’aggressività possono dipendere da fattori genetici, neo-natali o post-natali:
1) le cause genetiche sono diverse e derivano dal danneggiamento del DNA (che può avvenire per esempio a causa della “tossicità” dei genitori o per altre malattie e aspetti patologici dei genitori, oggetto della genetica);
2) le cause neo-natali sono varie e derivano dal danneggiamento dell’encefalo (che può avvenire per esempio a causa della “anossia neo-natale” o per altri accidenti patologici dei periodo neo-natale);
3) le cause post-natali sono moltissime, disseminate nelle varie età e non sempre individuabili.
Esse possono riferirsi al:
a) danneggiamento strutturale/biochimico dell’encefalo (che può avvenire per esempio a causa di malnutrizione, assunzione di tossici di varia natura e per varie vie, infezioni batteriche, virali, tumorali o traumi meccanici),
b) danneggiamento psichico (dovuto a: rifiuto della propria immagine o del proprio “sé”, difficoltà di relazione, stress, pressioni psicologiche, paure, incontri traumatici, condotte e frequentazioni avvilenti, esaltanti o abominevoli).
Dopo aver dato uno sguardo alle cause, si comprende che i comportamenti derivanti dalla fragilità mentale e dall’aggressività sono in qualche modo contigui ed omologabili, proprio perché hanno la radice nelle stesse cause suaccennate.
Ecco gli esempi di riferimento, a partire dall’infanzia:
1) i genitori che sono a conoscenza della fragilità mentale di una ragazza di 8 anni evitano di lasciarla sola in casa con un bambino di 3 anni, perché immaginano che se, per ipotesi, il piccolo tira giù una pentola, la ragazza non è in grado di portare prima in salvo il bimbo e mettersi rapidamente in contatto con loro, oppure, con fare resiliente, ricorrere ai vicini di casa senza perder d’occhio il fratellino;
2) un’adolescente quindicenne, affetta da fragilità mentale lieve, non cura adeguatamente la propria immagine e la propria motricità corporea, pertanto non riesce a frequentare il liceo, compiendo il tragitto a piedi o in autobus, senza incorrere in frequenti molestie verbali e non verbali, persino da parte dei compagni di scuola maleducati od intruppati in branco;
3) una giovane donna affetta da fragilità mentale lieve guarda al matrimonio senza sottilizzare molto nelle scelte, fino ad accettare incoscientemente situazioni penose o pericolose.
Ecco altri esempi di riferimento, a partire dall’infanzia maschile:
4) i genitori che sono a conoscenza della fragilità mentale di un ragazzo di 8 anni evitano di lasciarlo solo in casa con un bambino di 3 anni, perché immaginano che se, per ipotesi, il piccolo tira giù una pentola, il ragazzo non è in grado di portare prima in salvo il bimbo e mettersi rapidamente in contatto con loro, perché preso dall’interesse per il videogioco;
5) un adolescente quindicenne, affetto da fragilità mentale lieve, non riesce a relazionarsi adeguatamente con i coetanei, e non riesce a frequentare il liceo, compiendo il tragitto a piedi o in autobus, senza incorrere in frequenti molestie verbali e non verbali, persino da parte dei compagni di scuola maleducati od intruppati in branco: incorre in continue trappole che gli vengono tese per saggiare le sue reazioni;
6) un giovane uomo affetto da fragilità mentale lieve guarda ai legami sentimentali con pigrizia e senza sottilizzare nelle scelte, fino ad accettare incoscientemente situazioni penose o pericolose.
Nell’età adulta avanzata, la fragilità mentale porta principalmente alla chiusura in se stessi, al disimpegno lavorativo, all’incostanza, alle fissazioni, alle ossessioni ed alle reazioni esagerate agli stimoli esterni.
Dalla fragilità mentale alla aggressività il passo è breve, perché appena le persone fragili escono da un contesto familiare accogliente o addirittura ostile od inesistente, cominciano a vagare per un mondo poco compreso, irto di vaghe sorprese (gli ostacoli non vengono percepiti come tali o misurati correttamente) ed esperienze che stimolano la loro reazione standardizzata-premeditata, (generalmente di tipo infantile, perché correlata al quoziente intellettivo medio-basso).
Da questa sommaria descrizione tipologica-comportamentale si ricava un concetto di marcata aggressività dei soggetti affetti dai suddetti disturbi psichici.
Queste persone, meritevoli di accoglienza ed affetto, devono essere curate, nel loro primario interesse, continuamente in maniera multifattoriale (principalmente con la psicologia e con la psichiatria) e seguite da parte della famiglia (ove possibile) e da parte dei Sindaci, attraverso i servizi sociali comunali, che le hanno in “carico” ai sensi del combinato disposto seguito alla legge Basaglia, come prescrivono le vigenti norme, fino ai trattamenti temporanei intensivi in reparti ospedalieri specializzati, con l’intervento del servizio sanitario nazionale.
Ciò perché i fragili mentali hanno una risposta psichica alle situazioni di contrasto (risposta psichica intesa ad annientare le fonti di segnali esterni, percepiti, anche se erroneamente, in contrasto con la loro vita) meno razionale, che si esprime in azioni “bambinesche” e pericolose. Infatti appena la loro mente fragile percepisce una fonte del contrasto alla loro volontà, senza regole e senza guida etica, decidono ed iniziano puerilmente a cancellarla con ogni mezzo.
Sul piano giuridico, la LEGGE 13 Maggio 1978, n° 180 sulla diagnosi e la cura volontaria o obbligatoria, promossa da Francesco Basaglia, dopo aver decretato la chiusura dei manicomi, ha stabilito le norme sul trattamento obbligatorio, e sui servizi di igiene mentale. Il 23 dicembre 1978 è seguita la legge 833/78 che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale e confermato all’articolo Art. 33, sulle - Norme per gli accertamenti ed i trattamenti sanitari volontari e obbligatori -, che <<____•>>, confermando quanto già prescritto dall’Art. 1 della Legge 13 Maggio 1978, n° 180.
Sul piano procedurale non vi sono grandi novità, a conferma delle già rimarcate responsabilità deontologiche ed amministrative che la Legge Basaglia ha trasferito in solido ai sindaci, ai servizi sociali ed ai servizi sanitari territoriali nei confronti dei fragili mentali, e quindi dei soggetti che verosimilmente sfociano nella aggressività, in seguito a particolari evoluzioni endogene della loro patologia.
In pari tempo, le responsabilità in capo alle istituzioni amministrative, sociali e sanitarie territoriali, comprendono il rispetto della salute dei terzi danneggiati a seguito delle eventuali omissioni degli interventi spettanti ai servizi sociali.
I servizi sociali comunali sono tenuti alla prevenzione sociale a partire dalla eventuale costituzione di una rubrica aggiornata (riservata), con i nomi reperiti preventivamente dai medici di base e dai servizi sanitari, dei soggetti potenzialmente aggressivi, più bisognosi di cure, sapendo che la fragilità indica anche tutto ciò che nella natura è bello e delicato come “ …. un fiore, una farfalla, un fiocco di neve”.
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