martedì, febbraio 02, 2010
Approccio emergenziale, nonostante siano trascorsi dieci anni dalla loro istituzione, carenza di servizi sanitari, di personale adeguato, il tutto pensato nell’ottica di soddisfare a malapena i bisogni primari: è questo il quadro fatto dall’organizzazione umanitaria Medici senza frontiere (Msf) dei centri per migranti presenti sul territorio italiano.

Agenzia Misna - In un rapporto presentato oggi e dal titolo “Al di là del muro” emerge una realtà desolante che in modo diverso riguarda i centri di identificazione ed espulsione (cie), i centri di accoglienza per richiedenti asilo (cara) e i centri di accoglienza (cda). Sulla scorta di visite effettuate in 21 centri tra il 2008 e il 2009, il rapporto indaga gli aspetti socio-sanitari e le condizioni di vita all’interno di queste strutture, giungendo alla conclusione di una generale insufficienza dei servizi garantiti ed isolando alcuni casi limite. Secondo Msf, sono in particolare i cie di Trapani e Lamezia Terme che andrebbero chiusi immediatamente “perché totalmente inadeguati a trattenere persone in termini di vivibilità”. Ma i problemi variano da struttura a struttura e sono anzi aumentati con l’introduzione del cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’ varato del governo che ha portato da due a sei mesi il periodo di reclusione da trascorrere all’interno dei cie per i migranti entrati senza regolare permesso. “Stupisce l’assenza di protocolli sanitari per la diagnosi e il trattamento di patologie infettive e croniche – dice Alessandra Tramontano, coordinatrice medica di Msf Italia – mancano, soprattutto nei cie, come ad esempio in quello di Torino, i mediatori culturali senza i quali si crea spesso incomunicabilità tra il medico e il paziente… a Roma mancavano persiono beni di prima necessità come coperte, vestiti, carta igienica o impianti di riscaldamento consoni”.


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