“Si negano i diritti fondamentali ai cittadini non comunitari” dice Don Fredo Olivero, direttore regionale della Pastorale per i migranti in Piemonte, dopo la pubblicazione del documento del Consiglio d’Europa che denuncia la tendenza a “criminalizzare” i cosiddetti “irregolari”.
Agenzia Misna - Nel rapporto, diffuso ieri dal Commissario per i Diritti umani Thomas Hammarberg, si prendono in considerazione le norme in vigore nei 47 paesi membri del Consiglio, organismo distinto dall'Unione Europea, costituito nel 1949 con il Trattato di Londra per promuovere la democrazia, i diritti dell'uomo, l'identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali. “I paesi hanno un diritto legittimo a controllare le frontiere – si afferma nello studio - ma la criminalizzazione è una misura sproporzionata, che non può avere come conseguenze la stigmatizzazione e la marginalizzazione dei migranti”. Nel rapporto si evidenzia in particolare il rischio di una discriminazione fondata sulla “nazionalità” nell’accesso ai servizi sociali di base. Questi timori hanno attraversato il dibattito italiano prima e dopo l’entrata in vigore ad Agosto del cosiddetto “pacchetto sicurezza”, un complesso di norme che introducono tra l’altro il reato di cosiddetta 'immigrazione clandestina'. “Questa nuova fattispecie – sottolinea don Olivero – è lo strumento attraverso il quale si vogliono negare diritti essenziali, nel campo dell’istruzione come della salute”. Da Agosto i genitori senza permesso di soggiorno che iscrivano i loro bimbi a scuola rischiano un processo penale, mentre medici e responsabili di strutture ospedaliere possono denunciare agli organi di polizia pazienti privi di regolare permesso di soggiorno. Alla MISNA don Olivero dice che l’applicazione di queste norme risulta a volte difficile. Una convenzione dell’Onu a tutela dei minori, sottoscritta nel 1992 anche dall’Italia, impone di accogliere a scuola bambini figli di “irregolari”. Grazie alle norme della Costituzione che riservano competenze legislative esclusive in materia di sanità alle Regioni, dal Piemonte in giù diverse amministrazioni hanno emesso circolari con le quali vietano le denunce e ribadiscono che non si possono utilizzare prestazioni mediche per riferire di un reato. Piccole buone notizie per i migranti, che non mutano però un quadro reso ancora più difficile dalla crisi economica. “A partire dai sussidi di disoccupazione – dice il direttore della Pastorale piemontese – per gli immigrati irregolari i servizi sociali restano tabù”.
Agenzia Misna - Nel rapporto, diffuso ieri dal Commissario per i Diritti umani Thomas Hammarberg, si prendono in considerazione le norme in vigore nei 47 paesi membri del Consiglio, organismo distinto dall'Unione Europea, costituito nel 1949 con il Trattato di Londra per promuovere la democrazia, i diritti dell'uomo, l'identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali. “I paesi hanno un diritto legittimo a controllare le frontiere – si afferma nello studio - ma la criminalizzazione è una misura sproporzionata, che non può avere come conseguenze la stigmatizzazione e la marginalizzazione dei migranti”. Nel rapporto si evidenzia in particolare il rischio di una discriminazione fondata sulla “nazionalità” nell’accesso ai servizi sociali di base. Questi timori hanno attraversato il dibattito italiano prima e dopo l’entrata in vigore ad Agosto del cosiddetto “pacchetto sicurezza”, un complesso di norme che introducono tra l’altro il reato di cosiddetta 'immigrazione clandestina'. “Questa nuova fattispecie – sottolinea don Olivero – è lo strumento attraverso il quale si vogliono negare diritti essenziali, nel campo dell’istruzione come della salute”. Da Agosto i genitori senza permesso di soggiorno che iscrivano i loro bimbi a scuola rischiano un processo penale, mentre medici e responsabili di strutture ospedaliere possono denunciare agli organi di polizia pazienti privi di regolare permesso di soggiorno. Alla MISNA don Olivero dice che l’applicazione di queste norme risulta a volte difficile. Una convenzione dell’Onu a tutela dei minori, sottoscritta nel 1992 anche dall’Italia, impone di accogliere a scuola bambini figli di “irregolari”. Grazie alle norme della Costituzione che riservano competenze legislative esclusive in materia di sanità alle Regioni, dal Piemonte in giù diverse amministrazioni hanno emesso circolari con le quali vietano le denunce e ribadiscono che non si possono utilizzare prestazioni mediche per riferire di un reato. Piccole buone notizie per i migranti, che non mutano però un quadro reso ancora più difficile dalla crisi economica. “A partire dai sussidi di disoccupazione – dice il direttore della Pastorale piemontese – per gli immigrati irregolari i servizi sociali restano tabù”.
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