Paolo Leon: Fed, Bce e banca del Giappone possono finanziare la riconversione ecologica dell'economia
Secondo l'economista l'unica possibilità è che le banche centrali o almeno le più importanti, siano disposte a finanziare i deficit dei paesi che spendono in questa direzione
GreenReport - La discussione sulla necessità di mettere regole al sistema finanziario globale, molto presente subito dopo la crisi finanziaria di fine 2008, è stata rinverdita dall'annuncio da parte dell'amministrazione Obama di voler prevedere misure in tal senso «per dissuadere le banche dalla speculazione per conto proprio o dei fondi speculativi» dopo essere state salvate con risorse pubbliche. Misure considerate populiste da parte di alcuni, utili se estese a livello globale da altri, tra cui il presidente Nikolas Sarkozy, respinte dal sistema finanziario che si ritiene in grado di autoregolarsi. E' populismo quello di Barak Obama? E' fascinazione quella di Nikolas Sarkozy? O il problema di porre regole al sistema finanziario è una misura corretta?
Una domanda che abbiamo posto a Paolo Leon, professore di Economia pubblica all'Università Roma III.
«Il populismo non c'entra niente - ha risposto Leon - e della crisi le banche e il mercato non devono dimenticarsi. Dopo la crisi del 29, che fu ancora peggiore di quella attuale, si separarono le attività finanziarie da quelle delle banche e da allora il sistema delle banche d'intervento è divenuto un sistema di servizio pubblico. Quindi il tema della concorrenza tra banche è stato mal posto, perché il sistema esiste anche adesso, solo che si sono formati dei grossi monopoli che richiedono un'autorità che ne regoli il comportamento. Una misura che serve anche al mercato per distinguere le attività finanziarie da quelle bancarie. Le banche adesso sono disciplinate solo dal loro patrimonio dove possono mettere titoli tossici senza preoccuparsi dei rischi che questo può comportare ma più preoccupate di far crescere gli stipendi dei banchieri che hanno raggiunto quote astronomiche. Quindi serve una disciplina del sistema, che ripeto è ancora un sistema di servizio pubblico, che si rifletta anche sugli stipendi dei banchieri, altrimenti dovremmo pensare di dare gli stessi stipendi agli autisti dei tram, perchè anche quello è un servizio pubblico».
Quindi servono regole ma in molti, prima Sarkozy oggi anche il ministro Tremonti, dicono che dovrebbero essere regole globali, lei che ne pensa?
«Ci sarebbe bisogno di una nuova Bretton Woods, ovvero di una nuova sistemazione delle economie a livello internazionale. Ma data la situazione attuale questa sembra una fuga in avanti e allora sarebbe almeno sufficiente che si mettessero d'accordo la Fed, la Banca europea e quella del Giappone. Tra l'altro il Giappone ha cambiato governo e l'attuale è d'accordo con quanto vuole fare Obama. Il problema è che la Banca europea che non va in questa direzione e Sarkozy farebbe bene a dirlo a Trichet anziché riporre in capo al G20 la funzione di scrivere regole globali. Ci hanno già provato e non ha funzionato. Così come sarebbe bene riscoprire lo spirito keynesiano e ripensare all'idea di una banca mondiale. Ma anche questa è una fuga in avanti e allora sarebbe almeno importante se si facesse un accordo internazionale tra le tre che citavo. Su questo i governi nazionali possono lavorare, sulla Banca europea che ha al suo interno le banche nazionali, che sono autonome ma non indipendenti dai governi».
Quindi servono regole e secondo lei dovrebbero puntare a stimolare più un'economia delle cose, anziché delle carte come dice oggi Giorgio Ruffolo, e aggiungo orientare questa economia per farla diventare una economia ecologica?
«La regolamentazione della finanza e la ripresa economica non sono legate così strettamente.
Per far riprendere l'economia c'è bisogno di una ripresa della domanda e adesso che non funziona più il sistema della Cina che produceva e il mercato Usa che consumava è necessario ripensare ad un altro motore».
E qual è secondo lei questo motore?
«Senza dubbio è la riconversione verde. Se tutti si mettessero d'accordo per investire in questa direzione farebbe bene a tutte le economie, ma i paesi emergenti non sono così disponibili. Quindi il problema sta nel finanziare un aumento della spesa pubblica per l'ambiente e l'economia verde.
Ovvero per riconvertire l'economia in chiave ecologica l'unica possibilità è che le banche centrali o almeno come dicevo prima, la Fed, la Banca europea e quella del Giappone, siano disposte a finanziare i deficit dei paesi che spendono in questa direzione. Una condizione non facile ma realistica e la speranza è ancora riposta in Obama, perché è l'unico paese che deve ricostruire un sistema diverso dal modello passato e in grado di stare in piedi con i propri mezzi e la tendenza dimostrata è proprio quella di andare in questa direzione».
GreenReport - La discussione sulla necessità di mettere regole al sistema finanziario globale, molto presente subito dopo la crisi finanziaria di fine 2008, è stata rinverdita dall'annuncio da parte dell'amministrazione Obama di voler prevedere misure in tal senso «per dissuadere le banche dalla speculazione per conto proprio o dei fondi speculativi» dopo essere state salvate con risorse pubbliche. Misure considerate populiste da parte di alcuni, utili se estese a livello globale da altri, tra cui il presidente Nikolas Sarkozy, respinte dal sistema finanziario che si ritiene in grado di autoregolarsi. E' populismo quello di Barak Obama? E' fascinazione quella di Nikolas Sarkozy? O il problema di porre regole al sistema finanziario è una misura corretta?
Una domanda che abbiamo posto a Paolo Leon, professore di Economia pubblica all'Università Roma III.
«Il populismo non c'entra niente - ha risposto Leon - e della crisi le banche e il mercato non devono dimenticarsi. Dopo la crisi del 29, che fu ancora peggiore di quella attuale, si separarono le attività finanziarie da quelle delle banche e da allora il sistema delle banche d'intervento è divenuto un sistema di servizio pubblico. Quindi il tema della concorrenza tra banche è stato mal posto, perché il sistema esiste anche adesso, solo che si sono formati dei grossi monopoli che richiedono un'autorità che ne regoli il comportamento. Una misura che serve anche al mercato per distinguere le attività finanziarie da quelle bancarie. Le banche adesso sono disciplinate solo dal loro patrimonio dove possono mettere titoli tossici senza preoccuparsi dei rischi che questo può comportare ma più preoccupate di far crescere gli stipendi dei banchieri che hanno raggiunto quote astronomiche. Quindi serve una disciplina del sistema, che ripeto è ancora un sistema di servizio pubblico, che si rifletta anche sugli stipendi dei banchieri, altrimenti dovremmo pensare di dare gli stessi stipendi agli autisti dei tram, perchè anche quello è un servizio pubblico».
Quindi servono regole ma in molti, prima Sarkozy oggi anche il ministro Tremonti, dicono che dovrebbero essere regole globali, lei che ne pensa?
«Ci sarebbe bisogno di una nuova Bretton Woods, ovvero di una nuova sistemazione delle economie a livello internazionale. Ma data la situazione attuale questa sembra una fuga in avanti e allora sarebbe almeno sufficiente che si mettessero d'accordo la Fed, la Banca europea e quella del Giappone. Tra l'altro il Giappone ha cambiato governo e l'attuale è d'accordo con quanto vuole fare Obama. Il problema è che la Banca europea che non va in questa direzione e Sarkozy farebbe bene a dirlo a Trichet anziché riporre in capo al G20 la funzione di scrivere regole globali. Ci hanno già provato e non ha funzionato. Così come sarebbe bene riscoprire lo spirito keynesiano e ripensare all'idea di una banca mondiale. Ma anche questa è una fuga in avanti e allora sarebbe almeno importante se si facesse un accordo internazionale tra le tre che citavo. Su questo i governi nazionali possono lavorare, sulla Banca europea che ha al suo interno le banche nazionali, che sono autonome ma non indipendenti dai governi».
Quindi servono regole e secondo lei dovrebbero puntare a stimolare più un'economia delle cose, anziché delle carte come dice oggi Giorgio Ruffolo, e aggiungo orientare questa economia per farla diventare una economia ecologica?
«La regolamentazione della finanza e la ripresa economica non sono legate così strettamente.
Per far riprendere l'economia c'è bisogno di una ripresa della domanda e adesso che non funziona più il sistema della Cina che produceva e il mercato Usa che consumava è necessario ripensare ad un altro motore».
E qual è secondo lei questo motore?
«Senza dubbio è la riconversione verde. Se tutti si mettessero d'accordo per investire in questa direzione farebbe bene a tutte le economie, ma i paesi emergenti non sono così disponibili. Quindi il problema sta nel finanziare un aumento della spesa pubblica per l'ambiente e l'economia verde.
Ovvero per riconvertire l'economia in chiave ecologica l'unica possibilità è che le banche centrali o almeno come dicevo prima, la Fed, la Banca europea e quella del Giappone, siano disposte a finanziare i deficit dei paesi che spendono in questa direzione. Una condizione non facile ma realistica e la speranza è ancora riposta in Obama, perché è l'unico paese che deve ricostruire un sistema diverso dal modello passato e in grado di stare in piedi con i propri mezzi e la tendenza dimostrata è proprio quella di andare in questa direzione».
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