del nostro corrispondente a Roma Carlo Mafera
Vincenzo Zingaro ha fatto ancora centro con il nuovo allestimento della commedia plautina Truculentus. Ormai è uno specialista della classicità latina e greca e un punto di riferimento degli appassionati romani. L’appellativo Truculentus che dà il nome all’opera trova “il suo senso se lo pensiamo come definizione di un destino capace di imporci una condizione avvilente, in grado di mortificare la nostra esistenza a cui è difficile ribellarsi”. Così dice Vincenzo Zingaro nelle sue note di regia e continua: “E’ quello che succede ai protagonisti di questa storia, vittime di una condizione più forte di loro, vittime di un destino tragico che li accomunerà”. E poi spiega: “Mi perdonino, quanti si aspettavano un adattamento formalmente più fedele, ma nel confrontarmi con questa opera, ho sentito la profonda esigenza di cogliere l’opportunità che mi offriva : di raccontare quanto ho fortemente e sinceramente percepito fra le sue righe, lasciandomi trasportare dalle più recondite vibrazioni, con tutta la passione e l’amore con i quali ho sempre affrontato il mio viaggio nel meraviglioso e straordinario mondo della Commedia Classica Antica.” Truculentus ha avuto una storia ed un destino del tutto particolare. Secondo le testimonianze di Cicerone Plauto la considerava una delle sue migliori commedie; nonostante ciò è una delle meno rappresentate e considerata, dalla critica di oggi, di esile trama. Inoltre il titolo stesso presenta la particolarità di essere riferito ad una personaggio, Truculentus, in italiano zoticone, violento, del tutto marginale per lo svolgimento della trama. Elemento che rende di particolare complessità la sua realizzazione e, forse, causa della scarsa considerazione che la commedia ha avuto in era moderna. La commedia però tende a puntare su un tipo di comicità più raffinata rispetto a quella semplice e immediata ottenuta mediante le battute, si tratta di una comicità che deriva principalmente dall'intricato evolversi della vicenda. Il personaggio centrale, attorno a cui ruotano la trama e gli altri personaggi, è la meretrice Fronesio, donna di straordinaria "socievolezza", sempre pronta ad accogliere a braccia aperte i propri spasimanti, purché "ben dotati" a livello patrimoniale. Gli adulatori che la donna sottomette sono veri e propri 'tipi', figure emblematiche e rappresentative della società: il giovane, l'adulescens di classe media, Diniarco, l'arrogante soldato Stratofane e il rozzo contadino Strabace; a questi personaggi vanno aggiunte le figure speculari di due servitori, l'astuta sottoposta di Fronesio, Astafio, e il servo di Strabace, violento e misogino. E' proprio quest'ultimo il Truculentus che dà nome alla commedia, uno zoticone violento e misogino che tuttavia finirà per cedere alle lusinghe seduttrici di Astafio. Vincenzo Zingaro ambienta la commedia nell’Italia fascista degli anni 30 proprio “in un’Italia attraversata da numerosi cambiamenti e profonde contraddizioni : tra l’euforia di espansionismo e di modernizzazione da una parte e il disagio di grande arretratezza dall’altra ….. e per una curiosa alchimia, attraverso la vicenda immaginata da Plauto, prende vita l’affresco di una provincia del sud, una storia in cui sogni e passioni si scontrano con la spietatezza della realtà. I personaggi si trasformano in ritratti di vita familiari, più vicini di quanto potessimo immaginare, che scopriamo mai scomparsi, ma solo trasfigurati, da cui l’anima cerca di prendere le distanze con un’amara risata, perché non può non riconoscersi davanti al suo specchio.” Infatti per capire come siamo fatti bisogna guardarsi allo specchio, per capire chi siamo bisogna guardarsi dentro. Il teatro fa tutte e due le cose. Fotografia e radiografia dell’uomo di ogni tempo e delle sue società. Il teatro è una lente d’ingrandimento, uno specchio che non si limita a riflettere, ma aiuta ad analizzare, a capire meglio il riflettuto. E tutto questo Vincenzo Zingaro lo realizza tutte le volte che mette in scena le commedie classiche sviluppando un percorso di ricerca sempre più sottile e suscitando degli spunti di riflessione allo spettatore che si sorprende a riscoprire delle maschere che poi non sono tanto lontane da lui. Queste infatti sono facilmente trasportate in un periodo storico molto vicino alla nostra epoca senza perdere la loro autenticità, a dimostrazione che i tipi psicologici sono eterni e quelli plautini in particolare “hanno un radicato fondamento nella vita del nostro paese.” E’ chiaro che della trama originale è rimasta solo l’intelaiatura perché sono stati cambiati i nomi ai personaggi ma rimane centrale il tema della dipendenza dell’uomo dai suoi desideri carnali e di amore per il denaro.
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