domenica, marzo 28, 2010
Il coordinatore di Libera a Potenza indaga da anni sulla scomparsa di Elisa. Un caso zeppo di omertà.

Liberainformazione - «Diciassette anni di depistaggi. E oggi, ancora, ognuno continua a raccontare cose diverse E a dare coperture a uno scandalo imbarazzante dove sono coinvolte varie persone che molto probabilmente ancora vivono da queste parti. Nonostante il ritrovamento del cadavere, questa storia è ancora un giallo». Don Marcello Cozzi è il coordinatore di Libera a Potenza e al mistero di Elisa Claps ha dedicato alcuni capitoli del suo libro “Quando la mafia non esiste – Malaffare e affari della mala in Basilicata”. È arrivato a Potenza tre anni dopo la scomparsa della ragazza. Da allora non ha mai smesso di indagare sul caso mescolando la tenacia di padre Brown con l'intuizione di un commissario Montalbano.

Don Marcello, dopo 17 anni di silenzi, colpi di scena uno dietro l'altro. Martedì 16 il ritrovamento del corpo mummificato di Elisa nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità...


«...nel luogo dove da subito fu detto che doveva essere cercato».

Perché lì?


«Perché l'ultima volta fu vista entrare nella chiesa la mattina di domenica 12 settembre 1993. Aveva sedici anni. Era stata promossa agli esami di riparazione e un suo amico, Danilo Restivo, poco più che ventenne, voleva farle un regalo e le dette appuntamento in chiesa».


(Danilo Restivo ha oggi 38 anni, vive in Inghilterra vicino a Londra. È stato condannato per false dichiarazioni per il caso Claps. Nel novembre 2002 viene fermato, e subito rilasciato, da Scotland Yard per l'omicidio della sarta vicina di casa. Restivo è figlio di un notabile di Potenza. A Potenza lo chiamavano “il parrucchiere” perché aveva il vizio di tagliare ciocche di capelli alle ragazze sugli autobus).


Don Marcello, diciassette anni di depistaggi. Perché?


«L'ispettore di polizia Grimaldi nel giugno 1994 scrisse il primo e finale rapporto sulla scomparsa di Elisa. Parlò già allora di omicidio, movente era di tipo sessuale, e indicò le responsabilità di un gruppo di persone».

In questi anni di ricerche, in cui ha raccolto anche molte confidenze di amici e conoscenti di Elisa, che idea s'è fatto?


«Di un tentativo di violenza a cui la ragazza ha reagito e che ha provocato un raptus in chi ha tentato di aggredirla. La ragazza muore e tu che ne sei responsabile e appartieni a una famiglia in vista, chiedi aiuto per farti coprire».


Il corpo di Elisa poteva essere trascinato nel sottotetto da una persona sola?


«Impossibile. Il 12 settembre era domenica, via vai di gente in chiesa, Elisa e Danilo vengono visti entrare intorno alle 11 e 30 dalla porta sul retro della chiesa che s'affaccia sul corso principale di Potenza. Danilo si fa medicare la mano intorno alle 13 e 45 in ospedale a Potenza per una caduta. Al sottotetto si arriva passando dalla sacrestia, dall'appartamento del sacerdote, occorre salire fino al terzo piano, andare in terrazza e da lì nel sottotetto. Percorso lungo e stretto. Impossibile trascinare un corpo fin lassù da soli».

Un sottotetto anche se murato non è il posto migliore per far sparire un cadavere.


«Magari questo è stato detto all'omicida per tranquillizzarlo Ecco perché parlo di più complici e più responsabilità. Come quelle di chi nei primi anni ha provveduto a dire che Elisa era finita in Algeria, in Albania, in Brasile, una fuga d'amore, era incinta, ostaggio della tratta delle bianche».


Don Mimì è stato il parroco di quella chiesa per trent'anni. Quel 12 settembre disse messa alle 12.30 poi partì per le terme. È morto l'anno scorso. Con quali segreti?


«Era un sacerdote molto all'antica, difficile parlare con lui. Certo il cadavere è stato nella sua chiesa per 17 anni».


Di nuovo oggi, due sacerdoti sembrano avere un comportamento omertoso.


«L'ho detto: verità e sconti per nessuno».


Don Marcello, da gennaio, reale scoperta del cadavere, ha raccolto qualche segreto?


«Si, li ho detti alla polizia. E sono coperti dal segreto».


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