domenica, aprile 25, 2010
La Chiesa celebra oggi, nella domenica del “Buon Pastore”, la 47.ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni.

Radio Vaticana - Nel Messaggio per questa Giornata, Benedetto XVI sottolinea che la testimonianza dei sacerdoti deve fondarsi sull’amicizia con Cristo: “La fecondità della proposta vocazionale – scrive il Papa - dipende primariamente dall’azione di Dio, ma è favorita anche dalla qualità e dalla ricchezza della testimonianza personale e comunitaria di quanti hanno già risposto alla chiamata del Signore”. Perché tale testimonianza è così preziosa? Federico Piana lo ha chiesto a don Domenico Dal Molin, direttore del Centro nazionale vocazioni: (ascolta)

R. – Probabilmente tutti noi, sia a livello professionale e ancor più a livello vocazionale, siamo stati particolarmente attratti da una particolare persona o da qualche persona significativa a livello relazionale, che ci ha testimoniato la gioia, la bellezza, l’incanto, e lo stupore. Potremmo aggiungere mille altre parole che parlino comunque di una via estetica dell’incontro con il Signore Gesù e che ci hanno entusiasmato a seguire quella determinata via. Parlare oggi concretamente di testimonianza, ci dice il Papa, significa spostare inevitabilmente l’attenzione dal piano dell’agire – cioè dalle nostre strategie pastorali ed operative indubbiamente importanti ma non le più importanti – al piano dell’essere, quello che noi siamo con le nostre risorse umane, spirituali e proprio di testimonianza di vita.


D. – Secondo lei, don Domenico, per quale motivo si vive, in questo particolare momento storico, questa crisi delle vocazioni? Forse perché manca proprio la testimonianza oppure perché non ascoltiamo più la chiamata di Cristo che c’è sempre?


R. – E’ un momento abbastanza delicato per la Chiesa ed indubbiamente qualche testimonianza, forse, è un po’ inquinata. Quindi, lascia certamente l’immagine che il tipo di scelta di vita spesa per il Signore, spesa nell’oblio di se stessi, nel diventare dono veramente totale e radicale non sempre sia una modalità alla portata e vivibile con coerenza. E’ altrettanto vero, però, che questo contesto che spesso il Papa denuncia come relativista, nichilista, quello della cultura liquida in cui tutto è assolutamente relativo o legato al “mi piace-non mi piace” non aiuta quest’impegno di fedeltà nel seguire il Signore, a sentirci – come dice San Paolo – “servi, amati e santi per chiamata”, quindi per la dinamica del servizio ma anche la dinamica di sentire l’appello nella propria vita che passa in maniera consistente e che chiede una risposta.


D. – Molte volte non si ha il coraggio di aderire a questa chiamata perché aderire a questa chiamata vorrebbe poi dire fare una vita di imitazione di Cristo e molto spesso questo spaventa…


R. – Non spaventa tanto il seguire Gesù perché mi accorgo anche, vivendo talvolta a contatto con la realtà giovanile, che i giovani subiscono ancora molto, nel senso buono della parola, vengono attratti dal fascino dei volti di Gesù e da quello che è anche la radicalità di questo tipo di proposta della Buona Notizia del Vangelo. Credo che ci sia talvolta proprio uno stile di vita legato intanto alla fedeltà e la fedeltà non è uno dei temi forti della nostra cultura. Crea paura a tutti i livelli, quindi questo magari, a livello personale, può creare qualche resistenza. Poi, forse, è anche legata ad un’immagine non sempre gioiosa delle nostre scelte di vita e questo vale per noi preti, per le religiose ma penso valga anche per i genitori.


D. – La gioia, quindi, come testimonianza di una fede vissuta nel modo migliore, nella pienezza. E’ la gioia che dev’essere poi trasmessa anche ai giovani…


R. – Io credo davvero che una persona che porta in sé la gioia della propria scelta diventa più carica di fiducia e di positività e sa anche trasmettere qualcosa che va oltre le parole. Il Papa lo ricorda anche nel suo messaggio ed anche nell’Anno Sacerdotale: il mondo d’oggi ha bisogno forse meno di maestri oppure, se sono dei maestri, che siano anche dei testimoni che confermino con le parole - e non con mille doppi messaggi che vanno a sminuire quello che dicono - quello che loro propongono. (Montaggio a cura di Maria Brigini)


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