Gli scimpanzé si prendono cura di un compagno morente e faticano ad abbandonare un figlio morto: gli scienziati hanno documentato questi comportamenti che legano primati ed essere umano.
OggiScienza - Gli scimpanzé “piangono” i loro morti, si prendono cura dei compagni sofferenti, e durante un lutto esibiscono comportamenti del tutto simili a quelli umani. Anche il più accanito sostenitore del disegno intelligente dopo aver guardato questi video si chiederà se davvero possiamo continuare a considerarci soli al di sopra di ogni altra specie, oppure più semplicemente riconoscere le radici comuni di certi comportamenti che ci accomunano ai nostri cugini (fratelli?) primati. Queste osservazioni infatti dimostrano che certi nostri comportamenti verso morti e morenti hanno un’origine evolutivamente antica.
Gli autori di ben due studi di imminente pubblicazione sulla rivista Current Biology restano cauti nell’affermare che quanto hanno osservato sia una dimostrazione di sentimenti di dolore simili a quelli umani, certo però le coincidenze sono molte.
Il primo lavoro condotto da da James Anderson, psicologo dell’Università di Stirling documenta il comportamento dei compagni di Pansy, una scimpanzé di 50 anni, nelle ultime settimane della sua vita. Pansy viveva nel Blair Drummond Safari and Adventure Park di Stirlingshire, e durante la sua vita aveva formato un gruppo stretto (famiglia?) con Rosie, sua figlia di trent’anni più giovane, Blossom, una femmina sua coetanea, e Chippy, una maschio dell’età della figlia. Nel novembre del 2008 ha comuniciato a dare evidenti segni di stanchezza. Quando a causa dell’imminente inverno gli scimpanzé sono stati portati in strutture riparate, Pansy è rimasta definitivamente nel suo giaciglio. Rosie, Blossom e Chippy a questo punto hanno iniziato a starle accanto con più frequenza e anziché dormire nelle loro postazioni abituali non si sono più allontanati dal suo letto. I tre animali erano attenti, silenziosi e la accarezzavano di frequente.
Pansy è morta il 7 dicembre. Rosie è rimasta accanto alla madre per tutta la notte successiva, una sorta di veglia, ha commentato Anderson. Nel frattempo Blossom ha coccolato Chippy per un tempo prolungato, un comportamento che Anderson ha definito “consolatorio”. Nell’articolo si legge che i comportamenti delle scimmie “ricordavano sorprendentemente la risposta umana a una morte serena.”
Il secondo studio è stato condotto da Tetsuro Matsuzawa, primatologo dell’Università di Kyoto, che da trent’anni studia la comunità di scimpanzé di Bossou, in Guinea. Durante la stagione secca del 2003 due piccoli scimpanzé – Jimato di 14 mesi e Veve di 30 – sono morti per complicazioni respiratorie. La madre di Jimato ha portato con se il corpo del piccolo per ben 68 giorni, coccolandolo e tenendo lontane le mosche. La madre di Veve, in maniera simile, ha tenuto accanto a se il piccolo per oltre tre settimane. Matsuzawa già in precedenza aveva osservato comportamenti simili. Anche Jane Goddal, pioniere degli studi su questi animali già nel 1960 aveva osservato a Gombe in Nigeria questa reticenza ad abbandonare il corpo del proprio piccolo da parte delle mamme scimpanzè.
Matsuzawa e colleghi ritengono che questi comportamenti testimonino come lo stretto legame fra madre e neonato si estenda attraverso le diverse specie di primati, anche se non è possibile affermare che le madri di Veve e Jimato fossero coscienti della morte dei loro piccoli. “Non possiamo entrare nelle loro teste. Possiamo solo riportare dettagliatamente i comportamenti che osserviamo,” ha commentato Deborah Fouts, nota primatologa che insieme al marito Roger ha addestrato molti scimpanzé (la più famosa di tutte è Washoe) a usare il linguaggio dei segni. “Quando Washoe è morta, Tatu, il suo compagno, ha fatto con le mani il segno per ‘pianto’”.
OggiScienza - Gli scimpanzé “piangono” i loro morti, si prendono cura dei compagni sofferenti, e durante un lutto esibiscono comportamenti del tutto simili a quelli umani. Anche il più accanito sostenitore del disegno intelligente dopo aver guardato questi video si chiederà se davvero possiamo continuare a considerarci soli al di sopra di ogni altra specie, oppure più semplicemente riconoscere le radici comuni di certi comportamenti che ci accomunano ai nostri cugini (fratelli?) primati. Queste osservazioni infatti dimostrano che certi nostri comportamenti verso morti e morenti hanno un’origine evolutivamente antica.
Gli autori di ben due studi di imminente pubblicazione sulla rivista Current Biology restano cauti nell’affermare che quanto hanno osservato sia una dimostrazione di sentimenti di dolore simili a quelli umani, certo però le coincidenze sono molte.
Il primo lavoro condotto da da James Anderson, psicologo dell’Università di Stirling documenta il comportamento dei compagni di Pansy, una scimpanzé di 50 anni, nelle ultime settimane della sua vita. Pansy viveva nel Blair Drummond Safari and Adventure Park di Stirlingshire, e durante la sua vita aveva formato un gruppo stretto (famiglia?) con Rosie, sua figlia di trent’anni più giovane, Blossom, una femmina sua coetanea, e Chippy, una maschio dell’età della figlia. Nel novembre del 2008 ha comuniciato a dare evidenti segni di stanchezza. Quando a causa dell’imminente inverno gli scimpanzé sono stati portati in strutture riparate, Pansy è rimasta definitivamente nel suo giaciglio. Rosie, Blossom e Chippy a questo punto hanno iniziato a starle accanto con più frequenza e anziché dormire nelle loro postazioni abituali non si sono più allontanati dal suo letto. I tre animali erano attenti, silenziosi e la accarezzavano di frequente.
Pansy è morta il 7 dicembre. Rosie è rimasta accanto alla madre per tutta la notte successiva, una sorta di veglia, ha commentato Anderson. Nel frattempo Blossom ha coccolato Chippy per un tempo prolungato, un comportamento che Anderson ha definito “consolatorio”. Nell’articolo si legge che i comportamenti delle scimmie “ricordavano sorprendentemente la risposta umana a una morte serena.”
Il secondo studio è stato condotto da Tetsuro Matsuzawa, primatologo dell’Università di Kyoto, che da trent’anni studia la comunità di scimpanzé di Bossou, in Guinea. Durante la stagione secca del 2003 due piccoli scimpanzé – Jimato di 14 mesi e Veve di 30 – sono morti per complicazioni respiratorie. La madre di Jimato ha portato con se il corpo del piccolo per ben 68 giorni, coccolandolo e tenendo lontane le mosche. La madre di Veve, in maniera simile, ha tenuto accanto a se il piccolo per oltre tre settimane. Matsuzawa già in precedenza aveva osservato comportamenti simili. Anche Jane Goddal, pioniere degli studi su questi animali già nel 1960 aveva osservato a Gombe in Nigeria questa reticenza ad abbandonare il corpo del proprio piccolo da parte delle mamme scimpanzè.
Matsuzawa e colleghi ritengono che questi comportamenti testimonino come lo stretto legame fra madre e neonato si estenda attraverso le diverse specie di primati, anche se non è possibile affermare che le madri di Veve e Jimato fossero coscienti della morte dei loro piccoli. “Non possiamo entrare nelle loro teste. Possiamo solo riportare dettagliatamente i comportamenti che osserviamo,” ha commentato Deborah Fouts, nota primatologa che insieme al marito Roger ha addestrato molti scimpanzé (la più famosa di tutte è Washoe) a usare il linguaggio dei segni. “Quando Washoe è morta, Tatu, il suo compagno, ha fatto con le mani il segno per ‘pianto’”.
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