Il governo del Guatemala ha consegnato alla magistratura il fascicolo segreto sul "Plan Sofia" che nel 1982 costò la vita a centinaia di migliaia di civili.
PeaceReporter - Il governo del Guatemala ha consegnato alla magistratura i fascicoli segreti che testimoniano la responsabilità delle truppe del governo golpista di Carlos Castillo Armas, prima, e Alvaro Arzù, poi, nel genocidio perpetrato ai danni della popolazione contadina durante la guerra civile che dal 1954 ha sconvolto il paese per trentasei lunghi anni.
Plan Sofia. È questo il nome dell'operazione che tra il luglio e l'agosto del 1982 fu condotta contro le popolazioni nei tre municipi dell'area d'Ixil: Nebaj, Chajul e San Juan Cotzal. Del fatto che l'esercito l'avesse portata a compimento si è sempre saputo ma fino ad oggi solo un dossier, chiamato "Guatemala Nunca mas", redatto dalla Commisione per la Verità, ne aveva provato la reale esistenza. La Commissione, appoggiata dall'Onu, era presieduta fin dalla sua costituzione, nel 1995, da monsignor Juan Gerardi Conedera, vescovo ausiliare della capitale Città del Guatemala e titolare della diocesi di Quiché. Dopo tre anni di lavoro e la raccolta di decine di migliaia di interviste e documenti, l'assemblea riuscì a depositare la propria relazione nella quale veniva accertato che le forze armate furono responsabili dell'85 percento dei delitti perpetrati durante la guerra civile. Il 27 aprile 1998, due giorni dopo la consegna del rapporto alla stampa di tutto il mondo, Gerardi fu brutalmente ucciso - a colpi di mattone in testa - davanti alla sede della parrocchia di San Sebastian. Da allora gli sforzi per far luce sui fatti sono stati compiuti solo dagli operatori umanitari presenti in Guatemala. Fra questi c'è Rigoberta Menchù che dopo aver fatto conoscere la tragedia del suo Paese a livello internazionale fu insignita del Nobel per la Pace nel 1992. Oggi la svolta è arrivata con la trasmissione del fascicolo top-secret alle autorità inquirenti perchè conducano nuove perizie e accertino le colpe. Oltre una serie di alte cariche militari a rischiare di finire sotto processo per genocidio c'è anche Josè Efrain Rios Montt, oggi parlamentare 83enne, al tempo dei fatti ministro della Difesa e ideatore del Plan Sofia.
Dettagli. Il disegno governativo rappresentava la ramificazione di un protocollo di più ampio respiro noto come Plan Victory 82 il cui scopo primario era quello di distruggere l'appoggio sociale ai guerriglieri dell'Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca (URNG) mediante il taglio dei viveri alla popolazione rurale e la perpetrazione di violenze di massa e del terrore psicologico. L'intera vicenda è sintetizzata nelle 369 pagine di dossier, il primo di fattura militare, contenente mappe, telegrammi e rapporti redatti a mano dalle pattuglie. Da queste documentazioni esclusive i giudici guatemaltechi e spagnoli potrebbero risalire ai mandanti degli omicidi di oltre 250 mila persone, della sparizione di altre 45mila e della distruzione di 450 villaggi maya. Militari e paramilitari del Pac - le pattuglie di autodifesa civile costrette con la minaccia a compiere servizi di repressione - si macchiarono anche, stando al dossier, di violenze sessuali, torture e diverse altre violazione dei diritti umani nei confronti di donne, bambini e anziani.
Il fascicolo top-secret era stato spedito anonimamente al presidente Colom che l'ha girato agli inquirenti dopo averne accertato l'attendibilità. Lo stesso presidente all'atto dell'insediamento nel 2008 giurò di far tutto il possibile per far luce su una vicenda che nel 1979 coinvolse anche la sua famiglia dopo l'uccisione dello zio. Manuel Colom Argueta in forza alle guerriglie ribelli di sinistra, fu ucciso in un'imboscata dei militari.
Ma Colom Argueta fu solo una goccia nel mare oscuro in cui, fra il 1954 e il 1990, naufragarono centinaia di migliaia di innocenti uccisi, spesso, senza sapere perchè.
PeaceReporter - Il governo del Guatemala ha consegnato alla magistratura i fascicoli segreti che testimoniano la responsabilità delle truppe del governo golpista di Carlos Castillo Armas, prima, e Alvaro Arzù, poi, nel genocidio perpetrato ai danni della popolazione contadina durante la guerra civile che dal 1954 ha sconvolto il paese per trentasei lunghi anni.
Plan Sofia. È questo il nome dell'operazione che tra il luglio e l'agosto del 1982 fu condotta contro le popolazioni nei tre municipi dell'area d'Ixil: Nebaj, Chajul e San Juan Cotzal. Del fatto che l'esercito l'avesse portata a compimento si è sempre saputo ma fino ad oggi solo un dossier, chiamato "Guatemala Nunca mas", redatto dalla Commisione per la Verità, ne aveva provato la reale esistenza. La Commissione, appoggiata dall'Onu, era presieduta fin dalla sua costituzione, nel 1995, da monsignor Juan Gerardi Conedera, vescovo ausiliare della capitale Città del Guatemala e titolare della diocesi di Quiché. Dopo tre anni di lavoro e la raccolta di decine di migliaia di interviste e documenti, l'assemblea riuscì a depositare la propria relazione nella quale veniva accertato che le forze armate furono responsabili dell'85 percento dei delitti perpetrati durante la guerra civile. Il 27 aprile 1998, due giorni dopo la consegna del rapporto alla stampa di tutto il mondo, Gerardi fu brutalmente ucciso - a colpi di mattone in testa - davanti alla sede della parrocchia di San Sebastian. Da allora gli sforzi per far luce sui fatti sono stati compiuti solo dagli operatori umanitari presenti in Guatemala. Fra questi c'è Rigoberta Menchù che dopo aver fatto conoscere la tragedia del suo Paese a livello internazionale fu insignita del Nobel per la Pace nel 1992. Oggi la svolta è arrivata con la trasmissione del fascicolo top-secret alle autorità inquirenti perchè conducano nuove perizie e accertino le colpe. Oltre una serie di alte cariche militari a rischiare di finire sotto processo per genocidio c'è anche Josè Efrain Rios Montt, oggi parlamentare 83enne, al tempo dei fatti ministro della Difesa e ideatore del Plan Sofia.
Dettagli. Il disegno governativo rappresentava la ramificazione di un protocollo di più ampio respiro noto come Plan Victory 82 il cui scopo primario era quello di distruggere l'appoggio sociale ai guerriglieri dell'Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca (URNG) mediante il taglio dei viveri alla popolazione rurale e la perpetrazione di violenze di massa e del terrore psicologico. L'intera vicenda è sintetizzata nelle 369 pagine di dossier, il primo di fattura militare, contenente mappe, telegrammi e rapporti redatti a mano dalle pattuglie. Da queste documentazioni esclusive i giudici guatemaltechi e spagnoli potrebbero risalire ai mandanti degli omicidi di oltre 250 mila persone, della sparizione di altre 45mila e della distruzione di 450 villaggi maya. Militari e paramilitari del Pac - le pattuglie di autodifesa civile costrette con la minaccia a compiere servizi di repressione - si macchiarono anche, stando al dossier, di violenze sessuali, torture e diverse altre violazione dei diritti umani nei confronti di donne, bambini e anziani.
Il fascicolo top-secret era stato spedito anonimamente al presidente Colom che l'ha girato agli inquirenti dopo averne accertato l'attendibilità. Lo stesso presidente all'atto dell'insediamento nel 2008 giurò di far tutto il possibile per far luce su una vicenda che nel 1979 coinvolse anche la sua famiglia dopo l'uccisione dello zio. Manuel Colom Argueta in forza alle guerriglie ribelli di sinistra, fu ucciso in un'imboscata dei militari.
Ma Colom Argueta fu solo una goccia nel mare oscuro in cui, fra il 1954 e il 1990, naufragarono centinaia di migliaia di innocenti uccisi, spesso, senza sapere perchè.
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