Là, sul Monte degli Ulivi a Gerusalemme, sono rimasti in otto. Antichissimi, forse millenari. Per la tradizione e la devozione cristiana sono gli ultimi «testimoni» viventi della Passione di Cristo, di quella notte di preghiera, dell'agonia, dell'arresto.
Terrasanta.net - Gli otto ulivi del Getsemani, nel giardino che affianca la grotta omonima e la basilica dell'Agonia, potrebbero davvero essere le stesse piante presenti nell'Orto duemila anni fa. E non solo secondo la devozione. Dato che le testimonianze storiche sono controverse, l'onere della prova spetterà alla scienza. A farsene carico è un progetto dell'associazione culturale Coltiviamo la pace in collaborazione con l'Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Firenze.
Il professor Giovanni Gianfrate, studioso di olivicoltura mediterranea, è il presidente di Coltiviamo la pace: «L'associazione è nata da un progetto scolastico realizzato in un istituto agrario fiorentino.Da lì è partito il nostro lavoro con la Terra Santa e in particolare con Taybeh, l'antica Efraim, l'unico villaggio a tutt'oggi completamente cristiano, dove ci sono ancora gli ulivi dell'VIII secolo avanti Cristo citati dal profeta Osea. A Taybeh abbiamo costruito un frantoio industriale e poi anche molte altre strutture in collaborazione con l'arcidiocesi di Firenze, gemellata con la parrocchia». E adesso il Getsemani. «È da quasi un anno che abbiamo cominciato il progetto: studiare le otto piante dell'Orto degli Ulivi per difenderle dalle malattie e dai possibili danni dell'inquinamento, e per capire se sono veramente gli stessi ulivi del tempo della Passione. Il tutto, naturalmente, con l'obiettivo di sostenere le comunità cristiane di Terra Santa».
Il lavoro di analisi è ancora in corso, ma c'è già qualche risultato. Ci spiega Gianfrate: «Il primo passo è stato quello di definire il profilo genetico delle piante. Per farlo, è stato necessario prelevare campioni di radici e rami da quattro diversi punti di ogni albero. Questo per capire se la chioma e le radici combaciano: l'ulivo è una specie dove sono frequentissimi innesti e gemmazioni di piante nuove su quella originale. Su questo punto la verifica è ancora in atto. Quello che possiamo già dire riguarda l'aspetto fito-sanitario». La salute degli otto ulivi, insomma. «Ebbene, nonostante la normalità, in questi casi, sia la presenza di virus, batteri e funghi, sulle piante del Getsemani non abbiamo trovato nulla, nemmeno la comunissima "rogna dell'ulivo". È un fatto eccezionale».
Naturalmente le indagini proseguiranno, anche perché resta da verificare l'ipotesi più affascinante: quegli ulivi sono stati davvero testimoni della Passione di Cristo? «La questione è molto controversa. Le fonti storiche non menzionano la presenza delle piante fino al XV secolo, e questo lascerebbe pensare che gli alberi originali siano stati abbattuti o bruciati in epoca precedente. Ma in realtà noi sappiamo che fino al XIV secolo con Ambrogio Lorenzetti non esisteva una vera cultura del paesaggio, e quindi potrebbe essere semplicemente stato ritenuto superfluo sottolineare che nell'Orto degli Ulivi c'erano effettivamente degli ulivi». La parola, quindi, alla scienza. «Non sarà semplice, anche perché la metodologia che useremo è una novità assoluta».
Questa, in effetti, è una sfida nella sfida. Il perché ce lo spiega il professor Antonio Cimato del Cnr di Firenze, uno dei massimi esperti mondiali di olivicoltura: «La tecnica che vogliamo usare al Getsemani è frequente sulle piante forestali ma non è mai stata sperimentata sulle piante da frutto». Di cosa si tratta? «In pratica, bisogna prelevare un campione del midollo dell'albero, che si trova esattamente al centro del tronco, e che è quindi la sua parte più vecchia, per poi analizzarlo e datarlo. Questo sarà possibile su due-tre ulivi, perché gli altri sono cavi internamente. Sono piante molto grandi e irregolari, parliamo di 3-3,5 metri di diametro, quindi sarà necessario prima realizzare su carta una sorta di mappa del tronco in modo da intervenire poi con precisione chirurgica». E ciò come avverrà? «Penetreremo all'interno con una cannula ad elica». Ci sono rischi? «Questo è il problema: dobbiamo evitare assolutamente che dalle cellule morte presenti sulla corteccia si propaghi verso l'interno una qualche infestazione. Per impedirlo, stiamo lavorando a una soluzione chimica, contenente anche paraffina, da iniettare nella cavità che creeremo e che, una volta riempito il foro, si espanda fino a chiuderlo completamente». Una sorta di sutura della ferita. «A fine mese faremo un test in Maremma su alcuni ulivi centenari: vogliamo capire bene come muoverci e prevedere nel dettaglio quello di cui avremo bisogno una volta lì».
Il viaggio, continua Cimato, è imminente: «Io credo che andremo a Gerusalemme al più tardi in giugno, in cinque, e con noi ci sarà anche il professor Raffaele Testolin dell'Università di Udine, che si occupa di genetica agricola e ha partecipato al progetto di tracciamento mondiale del genoma della vite (un risultato di eccellenza della ricerca italiana ottenuto nel 2006 - ndr). Poi invieremo i campioni a diversi laboratori italiani ed esteri. Potremmo avere i risultati entro settembre, e la datazione dovrebbe avere un margine di errore di cento, duecento anni al massimo».
Naturalmente tutto l'ambiziosissimo progetto ha il supporto della Custodia di Terra Santa, che è proprietaria del giardino. In più, nelle ultime settimane, si è aggiunto il sostegno della Copagri, un'organizzazione professionale agricola legata alla Cisl. Il presidente nazionale Massimo Verrascina si è impegnato pubblicamente, il mese scorso, a finanziare il lavoro di ricerca. A confermarcelo è il responsabile di Copagri Toscana, Francesco Marino, incaricato per la questione: «Sì, è vero, abbiamo deciso di "adottare" gli ulivi del Getsemani. Lo faremo attraverso una pluralità di iniziative. La prima è un finanziamento di circa 20 mila euro che sarà definito entro quindici giorni al massimo. La seconda è un campionato mondiale di potatura degli ulivi, un torneo che organizziamo già da anni con successo in Toscana e che vogliamo portare in Terra Santa coinvolgendo "potini" italiani, francesi, spagnoli, turchi, israeliani e palestinesi. La terza è un festival dell'olio di Terra Santa, per promuovere l'olivicoltura locale e premiare le migliori produzioni confrontandole con un panel test. L'idea è di dar vita alle due manifestazioni ai primi di maggio del prossimo anno». E forse ci sarà anche un'ultima iniziativa: «Il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, che appoggia con entusiasmo l'adozione, vorrebbe organizzare un pellegrinaggio».
Terrasanta.net - Gli otto ulivi del Getsemani, nel giardino che affianca la grotta omonima e la basilica dell'Agonia, potrebbero davvero essere le stesse piante presenti nell'Orto duemila anni fa. E non solo secondo la devozione. Dato che le testimonianze storiche sono controverse, l'onere della prova spetterà alla scienza. A farsene carico è un progetto dell'associazione culturale Coltiviamo la pace in collaborazione con l'Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Firenze.
Il professor Giovanni Gianfrate, studioso di olivicoltura mediterranea, è il presidente di Coltiviamo la pace: «L'associazione è nata da un progetto scolastico realizzato in un istituto agrario fiorentino.Da lì è partito il nostro lavoro con la Terra Santa e in particolare con Taybeh, l'antica Efraim, l'unico villaggio a tutt'oggi completamente cristiano, dove ci sono ancora gli ulivi dell'VIII secolo avanti Cristo citati dal profeta Osea. A Taybeh abbiamo costruito un frantoio industriale e poi anche molte altre strutture in collaborazione con l'arcidiocesi di Firenze, gemellata con la parrocchia». E adesso il Getsemani. «È da quasi un anno che abbiamo cominciato il progetto: studiare le otto piante dell'Orto degli Ulivi per difenderle dalle malattie e dai possibili danni dell'inquinamento, e per capire se sono veramente gli stessi ulivi del tempo della Passione. Il tutto, naturalmente, con l'obiettivo di sostenere le comunità cristiane di Terra Santa».
Il lavoro di analisi è ancora in corso, ma c'è già qualche risultato. Ci spiega Gianfrate: «Il primo passo è stato quello di definire il profilo genetico delle piante. Per farlo, è stato necessario prelevare campioni di radici e rami da quattro diversi punti di ogni albero. Questo per capire se la chioma e le radici combaciano: l'ulivo è una specie dove sono frequentissimi innesti e gemmazioni di piante nuove su quella originale. Su questo punto la verifica è ancora in atto. Quello che possiamo già dire riguarda l'aspetto fito-sanitario». La salute degli otto ulivi, insomma. «Ebbene, nonostante la normalità, in questi casi, sia la presenza di virus, batteri e funghi, sulle piante del Getsemani non abbiamo trovato nulla, nemmeno la comunissima "rogna dell'ulivo". È un fatto eccezionale».
Naturalmente le indagini proseguiranno, anche perché resta da verificare l'ipotesi più affascinante: quegli ulivi sono stati davvero testimoni della Passione di Cristo? «La questione è molto controversa. Le fonti storiche non menzionano la presenza delle piante fino al XV secolo, e questo lascerebbe pensare che gli alberi originali siano stati abbattuti o bruciati in epoca precedente. Ma in realtà noi sappiamo che fino al XIV secolo con Ambrogio Lorenzetti non esisteva una vera cultura del paesaggio, e quindi potrebbe essere semplicemente stato ritenuto superfluo sottolineare che nell'Orto degli Ulivi c'erano effettivamente degli ulivi». La parola, quindi, alla scienza. «Non sarà semplice, anche perché la metodologia che useremo è una novità assoluta».
Questa, in effetti, è una sfida nella sfida. Il perché ce lo spiega il professor Antonio Cimato del Cnr di Firenze, uno dei massimi esperti mondiali di olivicoltura: «La tecnica che vogliamo usare al Getsemani è frequente sulle piante forestali ma non è mai stata sperimentata sulle piante da frutto». Di cosa si tratta? «In pratica, bisogna prelevare un campione del midollo dell'albero, che si trova esattamente al centro del tronco, e che è quindi la sua parte più vecchia, per poi analizzarlo e datarlo. Questo sarà possibile su due-tre ulivi, perché gli altri sono cavi internamente. Sono piante molto grandi e irregolari, parliamo di 3-3,5 metri di diametro, quindi sarà necessario prima realizzare su carta una sorta di mappa del tronco in modo da intervenire poi con precisione chirurgica». E ciò come avverrà? «Penetreremo all'interno con una cannula ad elica». Ci sono rischi? «Questo è il problema: dobbiamo evitare assolutamente che dalle cellule morte presenti sulla corteccia si propaghi verso l'interno una qualche infestazione. Per impedirlo, stiamo lavorando a una soluzione chimica, contenente anche paraffina, da iniettare nella cavità che creeremo e che, una volta riempito il foro, si espanda fino a chiuderlo completamente». Una sorta di sutura della ferita. «A fine mese faremo un test in Maremma su alcuni ulivi centenari: vogliamo capire bene come muoverci e prevedere nel dettaglio quello di cui avremo bisogno una volta lì».
Il viaggio, continua Cimato, è imminente: «Io credo che andremo a Gerusalemme al più tardi in giugno, in cinque, e con noi ci sarà anche il professor Raffaele Testolin dell'Università di Udine, che si occupa di genetica agricola e ha partecipato al progetto di tracciamento mondiale del genoma della vite (un risultato di eccellenza della ricerca italiana ottenuto nel 2006 - ndr). Poi invieremo i campioni a diversi laboratori italiani ed esteri. Potremmo avere i risultati entro settembre, e la datazione dovrebbe avere un margine di errore di cento, duecento anni al massimo».
Naturalmente tutto l'ambiziosissimo progetto ha il supporto della Custodia di Terra Santa, che è proprietaria del giardino. In più, nelle ultime settimane, si è aggiunto il sostegno della Copagri, un'organizzazione professionale agricola legata alla Cisl. Il presidente nazionale Massimo Verrascina si è impegnato pubblicamente, il mese scorso, a finanziare il lavoro di ricerca. A confermarcelo è il responsabile di Copagri Toscana, Francesco Marino, incaricato per la questione: «Sì, è vero, abbiamo deciso di "adottare" gli ulivi del Getsemani. Lo faremo attraverso una pluralità di iniziative. La prima è un finanziamento di circa 20 mila euro che sarà definito entro quindici giorni al massimo. La seconda è un campionato mondiale di potatura degli ulivi, un torneo che organizziamo già da anni con successo in Toscana e che vogliamo portare in Terra Santa coinvolgendo "potini" italiani, francesi, spagnoli, turchi, israeliani e palestinesi. La terza è un festival dell'olio di Terra Santa, per promuovere l'olivicoltura locale e premiare le migliori produzioni confrontandole con un panel test. L'idea è di dar vita alle due manifestazioni ai primi di maggio del prossimo anno». E forse ci sarà anche un'ultima iniziativa: «Il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, che appoggia con entusiasmo l'adozione, vorrebbe organizzare un pellegrinaggio».
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Sono presenti 2 commenti
Salve interessante il vostro commento se e" possibile vorrei avere delle informazioni piu" dettagliate come salvaguardarli perche"in calabria ne ho diversi davvero enormi che vorrebbero essere salvaguardati....hanno diversi punti di degrado dovuto al fatto che sono stati potati male e l"acqua piovana li sta deteriorando.
Spero in un vostro contattoanche diretto.
comunque la mia mail e" brunetti_ang@yahoo.it
Saluti Angelo.
buona sera Angelo, grazie per il suo commento.
Non possiamo darle una risposta precisa perchè abbiamo solo riportato un articolo
Ad ogni modo le consigliamo di telefonare all'Istituto di ricerca del CNR nominato nell'articolo, ecco il link: http://www.ivalsa.cnr.it/ Loro le potranno dare certamente informazioni più dettagiate.
Cordiali saluti
la Redazione
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