Secondo l'Ocse potrebbe agire da leva per una nuova rivoluzione industriale. L'economia reale va a rotoli, fagocitata dalla finanziarizzazione portata agli eccessi e non ridimensionata nemmeno dall'essere riconosciuta causa principale della crisi che dal 2008 ha infettato il pianeta.
di Lucia Venturi
GreenReport - Le materie prime sono ostaggio della speculazione finanziaria e le aziende dichiarano di essere costrette a piegarsi all'utilizzo dei meccanismi degli hedge fund (i derivati) per garantirsi la tenuta a fronte dell'estrema volatilità dei prezzi(vedi ThissenKrupp sil sole24 ore di oggi). Il tema sarebbe quello di trovare regole in grado di governare la preponderanza del sistema finanziario su quello dell'economia reale come anche quello di cambiare il modello economico basato sullo sfruttamento delle materie prime- senza grande attenzione al loro depauperamento- per alimentare un mercato di prodotti su cui agisce la leva dei consumi e che è destinato a produrre sempre più rifiuti, quale unico modello concepito come in grado di risollevare l'economia del pianeta.
Un'economia in grado di preservare il capitale naturale, stimolando ricerca e innovazione tecnologica per ridurre il prelievo di materie prime e il consumo di energia, ad esempio, criteri che stanno alla base della cosiddetta bioeconomia, che rappresenta un tentativo di integrare l'economia con le scienze della vita e le scienze naturali e che, partendo dalla ricerca nel campo delle materie prime rinnovabili, potrebbe permettere di innovare settori maturi come quelli delle materie prime, della produzione di energia e intermedi garantendo una sostenibilità ambientale, economica e sociale nel lungo termine del sistema economico mondiale. Di questo si discuterà nel convegno "Verso la bioeconomia: la terza rivoluzione dei materiali e l'alternativa delle nuove energie" in programma il prossimo 6 maggio a Novara, promosso da Unioncamere Piemonte in collaborazione con l'Associazioni Industriali e la Camera di Commercio di Novara e Novamont.
Secondo uno studio dell'Ocse sul tema (The Bioeconomy to 2030: designing a policy agenda) la bioeconomia potrebbe agire da leva per una nuova rivoluzione industriale, ma perché ciò avvenga è necessario che vengano messe a punto politiche mirate a porre condizioni strutturali basilari a che ciò avvenga. Tra cui la promozione della cooperazione scientifica tra vari paesi, la coerenza tra le diverse politiche pertinenti e la promozione della ricerca e lo sviluppo delle applicazioni biotecnologiche. Senza che si debbano ridurre le biotecnologie al ristretto settore delle sementi ogm, che rappresentano un pezzo marginale (e nemmeno quello più avanzato) della ricerca in tal senso.
Dirk Carrez, Direttore di EuropaBio che parteciperà al Convegno di Novara, sostiene che la produttività attraverso processi biotecnologici è uguale o più alta rispetto a quella conseguita attraverso sistemi convenzionali con una riduzione del consumo di energia, prodotti chimici e risorse naturali, così come delle emissioni di CO2 in aria e acqua.
Attualmente, secondo lo studio OCSE le biotecnologie contribuiscono per appena l'1% del Pil ma nel 2030 potrebbero arrivare a costituire fino al 2,7% a condizione di avere un adeguato contesto normativo e legislativo. Come sottolineato dalle conclusioni del rapporto, per poter arrivare nel 2030 con un sistema economico in grado di sostenere dal punto di vista sociale ed ambientale le grandi sfide che ci aspettano - dal global warming alla necessità di diminuire il fabbisogno energetico da fonti fossili, dai problemi di approvvigionamento idrico - le istituzioni dovranno iniziare a lavorare sempre di più in una ottica di sistema per garantire coerenza tra le varie politiche e favorire questa nuova rivoluzione industriale sostenibile.
L'Europa potrebbe trovarsi in vantaggio per l'affermarsi della bioeconomia, considerato che dal 2005 ad oggi la vendita dei prodotti chimici bio-based (favorita dalla disponibilità di biomasse, utilizzate ampiamente anche in agricoltura come materie prime industriali) ha subito un notevole incremento, passando da un fatturato di 77 miliardi di euro a 125 miliardi di euro e che è fra i leader della biotecnologia industriale.
Una strada, quella dello sviluppo di un'economia orientata all'innovazione sostenibile considerata di fondamentale importanza per il raggiungimento di una competitività nel lungo termine del sistema economico, da parte della Commissione europea che attraverso una comunicazione presentata nel 2007 ha identificato una prima serie di mercati che possono diventare driver in tal senso, tra cui la costruzione sostenibile,il riciclaggio, i bioprodotti e le energie rinnovabili. Comunicazioni e opportunità che purtroppo sembrano sia cadute nel vuoto.
di Lucia Venturi
GreenReport - Le materie prime sono ostaggio della speculazione finanziaria e le aziende dichiarano di essere costrette a piegarsi all'utilizzo dei meccanismi degli hedge fund (i derivati) per garantirsi la tenuta a fronte dell'estrema volatilità dei prezzi(vedi ThissenKrupp sil sole24 ore di oggi). Il tema sarebbe quello di trovare regole in grado di governare la preponderanza del sistema finanziario su quello dell'economia reale come anche quello di cambiare il modello economico basato sullo sfruttamento delle materie prime- senza grande attenzione al loro depauperamento- per alimentare un mercato di prodotti su cui agisce la leva dei consumi e che è destinato a produrre sempre più rifiuti, quale unico modello concepito come in grado di risollevare l'economia del pianeta.
Un'economia in grado di preservare il capitale naturale, stimolando ricerca e innovazione tecnologica per ridurre il prelievo di materie prime e il consumo di energia, ad esempio, criteri che stanno alla base della cosiddetta bioeconomia, che rappresenta un tentativo di integrare l'economia con le scienze della vita e le scienze naturali e che, partendo dalla ricerca nel campo delle materie prime rinnovabili, potrebbe permettere di innovare settori maturi come quelli delle materie prime, della produzione di energia e intermedi garantendo una sostenibilità ambientale, economica e sociale nel lungo termine del sistema economico mondiale. Di questo si discuterà nel convegno "Verso la bioeconomia: la terza rivoluzione dei materiali e l'alternativa delle nuove energie" in programma il prossimo 6 maggio a Novara, promosso da Unioncamere Piemonte in collaborazione con l'Associazioni Industriali e la Camera di Commercio di Novara e Novamont.
Secondo uno studio dell'Ocse sul tema (The Bioeconomy to 2030: designing a policy agenda) la bioeconomia potrebbe agire da leva per una nuova rivoluzione industriale, ma perché ciò avvenga è necessario che vengano messe a punto politiche mirate a porre condizioni strutturali basilari a che ciò avvenga. Tra cui la promozione della cooperazione scientifica tra vari paesi, la coerenza tra le diverse politiche pertinenti e la promozione della ricerca e lo sviluppo delle applicazioni biotecnologiche. Senza che si debbano ridurre le biotecnologie al ristretto settore delle sementi ogm, che rappresentano un pezzo marginale (e nemmeno quello più avanzato) della ricerca in tal senso.
Dirk Carrez, Direttore di EuropaBio che parteciperà al Convegno di Novara, sostiene che la produttività attraverso processi biotecnologici è uguale o più alta rispetto a quella conseguita attraverso sistemi convenzionali con una riduzione del consumo di energia, prodotti chimici e risorse naturali, così come delle emissioni di CO2 in aria e acqua.
Attualmente, secondo lo studio OCSE le biotecnologie contribuiscono per appena l'1% del Pil ma nel 2030 potrebbero arrivare a costituire fino al 2,7% a condizione di avere un adeguato contesto normativo e legislativo. Come sottolineato dalle conclusioni del rapporto, per poter arrivare nel 2030 con un sistema economico in grado di sostenere dal punto di vista sociale ed ambientale le grandi sfide che ci aspettano - dal global warming alla necessità di diminuire il fabbisogno energetico da fonti fossili, dai problemi di approvvigionamento idrico - le istituzioni dovranno iniziare a lavorare sempre di più in una ottica di sistema per garantire coerenza tra le varie politiche e favorire questa nuova rivoluzione industriale sostenibile.
L'Europa potrebbe trovarsi in vantaggio per l'affermarsi della bioeconomia, considerato che dal 2005 ad oggi la vendita dei prodotti chimici bio-based (favorita dalla disponibilità di biomasse, utilizzate ampiamente anche in agricoltura come materie prime industriali) ha subito un notevole incremento, passando da un fatturato di 77 miliardi di euro a 125 miliardi di euro e che è fra i leader della biotecnologia industriale.
Una strada, quella dello sviluppo di un'economia orientata all'innovazione sostenibile considerata di fondamentale importanza per il raggiungimento di una competitività nel lungo termine del sistema economico, da parte della Commissione europea che attraverso una comunicazione presentata nel 2007 ha identificato una prima serie di mercati che possono diventare driver in tal senso, tra cui la costruzione sostenibile,il riciclaggio, i bioprodotti e le energie rinnovabili. Comunicazioni e opportunità che purtroppo sembrano sia cadute nel vuoto.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.