lunedì, maggio 03, 2010
A Cuba per la prima volta le “dame in bianco” - 12 madri e mogli dei dissidenti incarcerati - hanno potuto manifestare ieri all’Avana. In passato erano state organizzate contromanifestazioni da parte di sostenitori del governo e si era anche temuto che la tensione potesse sfociare in violenze.

Radio Vaticana - La situazione fortunatamente non è degenerata grazie anche alla mediazione dell’arcivescovo della capitale cubana, il cardinale Jaime Ortega. Il servizio di Luis Badilla (ascolta):

Il porporato, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha precisato di aver chiesto nei giorni scorsi alle autorità incaricate dell’ordine pubblico di fare di tutto per “evitare i dolorosi eventi delle ultime domeniche”, quando all’uscita della chiesa di Santa Rita e durante il percorso delle donne lungo la “Quinta Avenida”, erano state insultate e minacciate da gruppi contrari alla loro protesta perché ritenuta ispirata dall’estero. Il cardinale Jaime Ortega ha aggiunto che a metà settimana le autorità cubane gli avevano fatto sapere che le “damas de blanco” avrebbero potuto manifestare “senza problemi, rispettando però alcune condizioni” riguardo il percorso. “Non sono in grado di dire se si tratta di una nuova flessibilità” da parte delle autorità, ha osservato l’arcivescovo dell’Avana, che ha poi aggiunto: “Posso solo dire che è un gesto buono (…) poiché è normale che le madri o le spose di prigionieri politici si esprimano in favore della libertà dei loro congiunti (…); sono persone che in questo senso meritano rispetto e considerazione”. Da parte sua, Laura Pollán, una delle mamme leader del gruppo, ha dichiarato di ritenere che quanto è accaduto - inatteso e positivo - è “una piccola vittoria (…) da attribuire alla tenacia, alla ragione e soprattutto all’amore. Ha vinto l’amore per i nostri congiunti e per Dio”. Le autorità cubane – come riferiscono i mezzi di stampa locali - giudicano la manifestazione autorizzata ieri come un test da verificare nel mese di maggio. In particolare verrà analizzato il rispetto delle condizioni imposte alle manifestanti, ovvero il percorso e la durata della protesta. “Se non si desiderano altre marce e proteste – ha detto Laura Pollán - basta liberare i nostri congiunti oggi incarcerati ingiustamente”. Il cardinale Jaime Ortega ha riferito infine ai giornalisti che la Chiesa cubana ha chiesto, ancora una volta, al prigioniero Guillermo Fariñas, giornalista, di sospendere subito lo sciopero della fame, iniziato da 68 giorni per sollecitare la liberazione di altri 26 carcerati, detenuti in precarie condizioni di salute. Nel ricordare che “tutto dipende da lui” e che il vescovo della diocesi gli ha fatto già tre visite, il cardinale ha reso noto con tristezza che la risposta al suo appello è stata negativa. Negativa è stata anche la riposta del giornalista Fariñas alle offerte del governo cubano di lasciare l’isola per una destinazione da lui stabilita. La vicenda di Fariñas suscita molta e preoccupazione poiché ricorda quella di Orlando Zapata, morto lo scorso 23 febbraio dopo due mesi di sciopero della fame.


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