lunedì, maggio 03, 2010
Circa 150 Paesi si ritroveranno oggi alle Nazioni Unite, a New York, per la conferenza sul Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp).

Radio Vaticana - Scopo dell’incontro sarà quello di progredire in materia di disarmo e rafforzare la sorveglianza dei programmi nucleari, mentre il Consiglio di sicurezza sta esaminando un nuovo progetto americano di sanzioni contro l'Iran per il suo controverso programma. E gli occhi di tutti sono puntati proprio sul presidente Ahmadinejad, che appena giunto a New York, ha sottolineato che “Teheran non deve guadagnarsi la fiducia dell'occidente fintanto che rispetta le leggi internazionali”. Ma quanto la questione iraniana influirà su questa conferenza? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali. (ascolta)

R. – Sarà certamente importante, perché è un problema di credibilità nel più lungo termine del trattato di non proliferazione. Se non si riesce a superare o a gestire al meglio la crisi iraniana, la credibilità del Tnp rischia di essere messa in crisi.


D. – Altra situazione difficile da gestire è quella della Corea del Nord. Su questo fronte ci possiamo attendere delle novità?



R. – Vedremo. Comunque la Corea del Nord, in un certo senso, è più semplice dell’Iran, perché la Corea del Nord è uscita dal Trattato di non proliferazione. Quindi, è un problema di gestione della crisi più che altro. Il problema dell’Iran, invece, è che sostiene di essere ancora membro del Trattato di non proliferazione, non solo, ma di non volere l’arma nucleare. Quindi, c’è proprio una diversità di interpretazione.



D. – Bisogna ricordare che il Trattato è stato firmato da 188 Paesi, esclusi India e Pakistan, potenze nucleari, ed Israele. Un’anomalia questa, denunciata più volte da moltissimi osservatori...



R. – Sì, qui il problema è che in realtà – e la cosa poi si collega anche con l’Iran – in alcuni casi bisognerebbe arrivare ad una strategia anche di tipo regionale, oltre che globale. Bisognerebbe riuscire ad avere una strategia regionale, per esempio, per l’insieme del Medio Oriente, per accrescere la fiducia reciproca e avviarsi non solo verso il non nucleare del Tnp, ma anche verso il disarmo nucleare vero e proprio. Penso ad Israele, penso anche ad India e Pakistan. Tutto questo, però, richiede un negoziato, la fiducia reciproca, come è avvenuto in Europa, e questo probabilmente sarà uno dei tentativi, una delle vie da esplorare, se non proprio alla Conferenza, certamente politicamente attorno alla Conferenza.



D. – La Conferenza di New York arriva a meno di un mese da quella di Washington, in cui si è cercato di iniziare il cammino per la costruzione del nuovo pilastro dell’ordine nucleare e mondiale. Si può parlare, secondo lei, di un continuum?


R. – In qualche modo sì. E’ evidente che Obama spera che il successo della Conferenza di Washington si rifletta anche su questa più complessa e difficile conferenza sul Tnp. Diciamo che ci sono elementi di continuità, ma anche elementi di discontinuità. Il problema è riuscire perlomeno a far passare la buona volontà, il senso di riuscita che ha accompagnato quella Conferenza nella nuova. E uno degli argomenti è proprio quello della confidenza reciproca, per esempio della lotta al terrorismo nucleare.



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