E' stata una visita pastorale molto intensa quella del Papa ieri a Torino, caratterizzata da grande accoglienza e affetto e da un profondo clima di preghiera. Uno dei momenti centrali è stata la meditazione di Benedetto XVI nell'atto di venerazione della Sacra Sindone.
RadioVaticana - Benedetto XVI si è fatto pellegrino tra i pellegrini ed ha pregato insieme ad altri due milioni di fedeli che hanno reso omaggio alla Sindone, nel Duomo di Torino, durante questa Ostensione, che terminerà il 23 maggio prossimo: “Si può dire che la Sindone sia l’Icona di questo mistero, l’Icona del Sabato Santo. Infatti essa è un telo sepolcrale, che ha avvolto la salma di un uomo crocifisso in tutto corrispondente a quanto i Vangeli ci dicono di Gesù”.
“La Sindone di Torino – ha ribadito Benedetto XVI - ci offre l’immagine di com’era il corpo di Gesù disteso nella tomba durante quel tempo, che fu breve cronologicamente (circa un giorno e mezzo), ma fu immenso, infinito nel suo valore e nel suo significato”. E riferendosi al Sabato Santo quale giorno del “silenzio” e della “solitudine”, ha tracciato un parallelo con il cuore dell’uomo di oggi: “Il nascondimento di Dio fa parte della spiritualità dell’uomo contemporaneo, in maniera esistenziale, quasi inconscia, come un vuoto nel cuore che è andato allargandosi sempre di più”.
Citando le due guerre mondiali, i lager e i gulag, Hiroshima e Nagasaki, Benedetto XVI ha detto che “la nostra epoca è diventata in misura sempre maggiore un Sabato Santo”, dove “l’oscurità di questo giorno interpella tutti coloro che si interrogano sulla vita” e “in modo particolare” i “credenti”: “Tuttavia la morte del Figlio di Dio, di Gesù di Nazaret ha un aspetto opposto, totalmente positivo, fonte di consolazione e di speranza. E questo mi fa pensare al fatto che la sacra Sindone si comporta come un documento 'fotografico', dotato di un 'positivo' e di un 'negativo'. E in effetti è proprio così: il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più luminoso di una speranza che non ha confini”.
Quindi ha spiegato che la Sindone testimonia “quell’intervallo unico e irripetibile nella storia dell’umanità e dell’universo, in cui Dio, in Gesù Cristo, ha condiviso non solo il nostro morire, ma anche il nostro rimanere nella morte: “Dio, fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrare nella solitudine estrema e assoluta dell’uomo, dove non arriva alcun raggio d’amore, dove regna l’abbandono totale senza alcuna parola di conforto: 'gli inferi'. Gesù Cristo, rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltrepassarla con Lui”.
Il Papa ha evidenziato che Cristo ha penetrato con il suo amore la morte, portando la speranza nuova della Risurrezione. “Mi sembra che guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede – ha aggiunto - si percepisca qualcosa di questa luce". “Penso – ha proseguito - che se migliaia e migliaia di persone vengono” a venerare la Sindone è perché in essa vedono la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio. Poi ha detto: “Questo è il potere della Sindone”: “Dal volto di questo ‘Uomo dei dolori’, che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati – ‘Passio Christi. Passio hominis’ - promana una solenne maestà, una signoria paradossale”.
Questo volto, queste mani e questi piedi, questo costato, tutto questo corpo parla: è esso stesso una parola che possiamo ascoltare nel silenzio: “Parla con il sangue, e il sangue è la vita! La Sindone è un’Icona scritta col sangue; sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro. L’immagine impressa sulla Sindone è quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita. Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita”.
E riferendosi alla ferita sul costato “procurata da un colpo di lancia romana” ha sottolineato che “quel sangue e quell’acqua” che fuoriuscirono “parlano di vita”. “E’ come una sorgente – ha concluso - che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo.
RadioVaticana - Benedetto XVI si è fatto pellegrino tra i pellegrini ed ha pregato insieme ad altri due milioni di fedeli che hanno reso omaggio alla Sindone, nel Duomo di Torino, durante questa Ostensione, che terminerà il 23 maggio prossimo: “Si può dire che la Sindone sia l’Icona di questo mistero, l’Icona del Sabato Santo. Infatti essa è un telo sepolcrale, che ha avvolto la salma di un uomo crocifisso in tutto corrispondente a quanto i Vangeli ci dicono di Gesù”.
“La Sindone di Torino – ha ribadito Benedetto XVI - ci offre l’immagine di com’era il corpo di Gesù disteso nella tomba durante quel tempo, che fu breve cronologicamente (circa un giorno e mezzo), ma fu immenso, infinito nel suo valore e nel suo significato”. E riferendosi al Sabato Santo quale giorno del “silenzio” e della “solitudine”, ha tracciato un parallelo con il cuore dell’uomo di oggi: “Il nascondimento di Dio fa parte della spiritualità dell’uomo contemporaneo, in maniera esistenziale, quasi inconscia, come un vuoto nel cuore che è andato allargandosi sempre di più”.
Citando le due guerre mondiali, i lager e i gulag, Hiroshima e Nagasaki, Benedetto XVI ha detto che “la nostra epoca è diventata in misura sempre maggiore un Sabato Santo”, dove “l’oscurità di questo giorno interpella tutti coloro che si interrogano sulla vita” e “in modo particolare” i “credenti”: “Tuttavia la morte del Figlio di Dio, di Gesù di Nazaret ha un aspetto opposto, totalmente positivo, fonte di consolazione e di speranza. E questo mi fa pensare al fatto che la sacra Sindone si comporta come un documento 'fotografico', dotato di un 'positivo' e di un 'negativo'. E in effetti è proprio così: il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più luminoso di una speranza che non ha confini”.
Quindi ha spiegato che la Sindone testimonia “quell’intervallo unico e irripetibile nella storia dell’umanità e dell’universo, in cui Dio, in Gesù Cristo, ha condiviso non solo il nostro morire, ma anche il nostro rimanere nella morte: “Dio, fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrare nella solitudine estrema e assoluta dell’uomo, dove non arriva alcun raggio d’amore, dove regna l’abbandono totale senza alcuna parola di conforto: 'gli inferi'. Gesù Cristo, rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltrepassarla con Lui”.
Il Papa ha evidenziato che Cristo ha penetrato con il suo amore la morte, portando la speranza nuova della Risurrezione. “Mi sembra che guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede – ha aggiunto - si percepisca qualcosa di questa luce". “Penso – ha proseguito - che se migliaia e migliaia di persone vengono” a venerare la Sindone è perché in essa vedono la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio. Poi ha detto: “Questo è il potere della Sindone”: “Dal volto di questo ‘Uomo dei dolori’, che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati – ‘Passio Christi. Passio hominis’ - promana una solenne maestà, una signoria paradossale”.
Questo volto, queste mani e questi piedi, questo costato, tutto questo corpo parla: è esso stesso una parola che possiamo ascoltare nel silenzio: “Parla con il sangue, e il sangue è la vita! La Sindone è un’Icona scritta col sangue; sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro. L’immagine impressa sulla Sindone è quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita. Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita”.
E riferendosi alla ferita sul costato “procurata da un colpo di lancia romana” ha sottolineato che “quel sangue e quell’acqua” che fuoriuscirono “parlano di vita”. “E’ come una sorgente – ha concluso - che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo.
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