Dopo il disastro provocato dall'esplosione della piattaforma Deep Water Horizon, tre senatori democratici propongono una legge sul risarcimento che porta il tetto degli indennizzi da 75 milioni a 10 miliardi di dollari.
PeaceReporter - Il danno ecologico è ormai chiaro: l'esplosione della Deep Water Horizon, la piattaforma petrolifera gestita dalla British Petroleum (BP), ha provocato in soli 12 giorni il più grande disastro ambientale nella storia degli Stati Uniti d'America. Basti pensare che la macchia di combustibile che in poche ore si era allargata a 32 chilometri quadrati, è diventata così grande da mettere a repentaglio le coste di ben quattro stati: Louisiana, Mississipi, Alabama e Florida. Sull'ampiezza dei danni non c'è alcun dubbio. Come anche sulle responsabilità visto che alle dichiarazioni del presidente Barack Obama, "la Bp è responsabile delle perdite e la BP pagherà il conto", hanno fatto da eco le ammissioni di colpevolezza del colosso britannico che, per bocca del suo amministratore delegato, Tony Hayward, ha prontamente fatto sapere che: "Ci assumiamo la piena responsabilità per la fuga di petrolio, lo ripuliremo e, ovunque le persone chiedano il rimborso legittimo dei danni, noi le compenseremo". BP pagherà dunque. Ma quanto?
Legge d'urgenza. Fino ad ora le spese di ripulitura delle acque viaggiano con una media di sei milioni di dollari al giorno. In più c'è da considerare il danno, immenso, al settore della pesca e quello, ancora più ingente, agli operatori turistici della Florida che, si stima, perderanno circa 3 miliardi di dollari in termini di mancati ricavi. Se a queste voci si sommano le perdite stesse di petrolio, 100mila barili al giorno, la fattura da saldare potrebbe essere fatale per la sopravvivenza di British Petroleum. Per aggirare la possibilità di un'improvvisa retromarcia dell'azienda britannica sul versante indennizzi, tre senatori democratici hanno già abbozzato una legge che prevede l'aumento dei risarcimenti da parte delle aziende petrolifere in caso queste provochino un danno ambientale. Il Big Oil Bailout Prevention Act è stato presentato ieri da Robert Menendez, Frank Lautenberg e Bill Nelson, sancisce un aumento del tetto risarcitorio a carico dei responsabili di impianti petroliferi off-shore che dagli attuali 75 milioni di dollari potrebbe salire a 10 miliardi. "Siamo lieti che i costi per ripulire il petrolio saranno coperti, ma questa è una magra consolazione per le piccole imprese, le pescherie e gli enti locali che saranno lasciati a ripulire la devastazione economica che qualcun altro ha causato" ha sostenuto Menendez di fronte ai giornalisti.
Danno ecologico. Il provvedimento dei democratici potrebbe limitare i danni per i contribuenti degli Stati colpiti dalle conseguenze dell'esplosione che, in caso contrario, dovrebbero sborsare di tasca propria il denaro da impiegare per la ricostruzione. Quelli che invece, attualmente, sembra impossibile da arginare sono i detrimenti ambientali. Dal quartier generale in Gran Bretagna i vertici dell'azienda lo avevano capito subito e si erano affrettati ad inviare ben trentadue navi di raccolta. Tra operazioni di ripultura in mare e sulle coste sono state impegnate circa 2500 persone. Intervistata dal New York Times, Jacqueline Savitz, scienziata della organizzazione no-profit Oceana, ha dichiarato: "Molti sostengono che il petrolio non toccherà le rive e che andrà tutto bene. Ma un sacco di animali vivono nell'oceano, e un versamento come questo diventa un male per la vita marina, non appena tocca l'acqua. Ci sono tartarughe marine, larve di tonno rosso, gamberi, granchi e le ostriche in via di estinzione. Molti di questi sono stati coinvolti già da 10 giorni".
Un quadro scoraggiante visto che l'intervento di ripristino dell'ordine potrebbe addirittura prolungarsi per mesi.
PeaceReporter - Il danno ecologico è ormai chiaro: l'esplosione della Deep Water Horizon, la piattaforma petrolifera gestita dalla British Petroleum (BP), ha provocato in soli 12 giorni il più grande disastro ambientale nella storia degli Stati Uniti d'America. Basti pensare che la macchia di combustibile che in poche ore si era allargata a 32 chilometri quadrati, è diventata così grande da mettere a repentaglio le coste di ben quattro stati: Louisiana, Mississipi, Alabama e Florida. Sull'ampiezza dei danni non c'è alcun dubbio. Come anche sulle responsabilità visto che alle dichiarazioni del presidente Barack Obama, "la Bp è responsabile delle perdite e la BP pagherà il conto", hanno fatto da eco le ammissioni di colpevolezza del colosso britannico che, per bocca del suo amministratore delegato, Tony Hayward, ha prontamente fatto sapere che: "Ci assumiamo la piena responsabilità per la fuga di petrolio, lo ripuliremo e, ovunque le persone chiedano il rimborso legittimo dei danni, noi le compenseremo". BP pagherà dunque. Ma quanto?
Legge d'urgenza. Fino ad ora le spese di ripulitura delle acque viaggiano con una media di sei milioni di dollari al giorno. In più c'è da considerare il danno, immenso, al settore della pesca e quello, ancora più ingente, agli operatori turistici della Florida che, si stima, perderanno circa 3 miliardi di dollari in termini di mancati ricavi. Se a queste voci si sommano le perdite stesse di petrolio, 100mila barili al giorno, la fattura da saldare potrebbe essere fatale per la sopravvivenza di British Petroleum. Per aggirare la possibilità di un'improvvisa retromarcia dell'azienda britannica sul versante indennizzi, tre senatori democratici hanno già abbozzato una legge che prevede l'aumento dei risarcimenti da parte delle aziende petrolifere in caso queste provochino un danno ambientale. Il Big Oil Bailout Prevention Act è stato presentato ieri da Robert Menendez, Frank Lautenberg e Bill Nelson, sancisce un aumento del tetto risarcitorio a carico dei responsabili di impianti petroliferi off-shore che dagli attuali 75 milioni di dollari potrebbe salire a 10 miliardi. "Siamo lieti che i costi per ripulire il petrolio saranno coperti, ma questa è una magra consolazione per le piccole imprese, le pescherie e gli enti locali che saranno lasciati a ripulire la devastazione economica che qualcun altro ha causato" ha sostenuto Menendez di fronte ai giornalisti.
Danno ecologico. Il provvedimento dei democratici potrebbe limitare i danni per i contribuenti degli Stati colpiti dalle conseguenze dell'esplosione che, in caso contrario, dovrebbero sborsare di tasca propria il denaro da impiegare per la ricostruzione. Quelli che invece, attualmente, sembra impossibile da arginare sono i detrimenti ambientali. Dal quartier generale in Gran Bretagna i vertici dell'azienda lo avevano capito subito e si erano affrettati ad inviare ben trentadue navi di raccolta. Tra operazioni di ripultura in mare e sulle coste sono state impegnate circa 2500 persone. Intervistata dal New York Times, Jacqueline Savitz, scienziata della organizzazione no-profit Oceana, ha dichiarato: "Molti sostengono che il petrolio non toccherà le rive e che andrà tutto bene. Ma un sacco di animali vivono nell'oceano, e un versamento come questo diventa un male per la vita marina, non appena tocca l'acqua. Ci sono tartarughe marine, larve di tonno rosso, gamberi, granchi e le ostriche in via di estinzione. Molti di questi sono stati coinvolti già da 10 giorni".
Un quadro scoraggiante visto che l'intervento di ripristino dell'ordine potrebbe addirittura prolungarsi per mesi.
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