“Gesù rivela ai suoi discepoli e a noi l'inaudito: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Chiniamoci, devoti e trepidi, su queste parole. È un tenero e forte comando al quale sta “appesa” l'anima della legge ebraica e, ancor più, quella del Vangelo. È appesa la vita stessa, la vita in pienezza, la pienezza di vita. L’essenziale per la vita è, dunque, amare: amare Dio e amare gli altri”.
Questa mattina papa Benedetto XVI ha celebrato l'Eucaristia nella grande piazza di Torino, antistante la chiesa ove è esposta la Sacra Sindone, il lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Cristo. La Sindone è qualcosa di indecifrabile, di inspiegabile scientificamente: è stato rigidamente provato che non si tratta di un dipinto; non è nemmeno l'impronta statica del suo corpo, ma appare come una fotografia al negativo che dà una visione tridimensionale del corpo di Gesù, mentre ‘attraversava’ quel telo. E' la testimonianza ‘miracolosa’ che quel corpo si è ‘atomicamente’ trasformato - in un bagliore di luce divina - impregnando il lenzuolo della forma/essenza del corpo trasfigurato. Ringraziamo l'Amore divino che ci ha donato questa testimonianza unica e imprevedibile della sua resurrezione, che anticipa la nostra resurrezione.
Ancora l’augurio di una settimana serena, colma della luce pasquale. V Domenica di Pasqua (C)
Il tempo pasquale è carico dell'annuncio di una «novità» assoluta. Tutto è nuovo: il tempo, l'uomo, la vita, il mondo, poiché Dio fa nuove tutte le cose, sebbene il mondo rimanga il teatro della grande lotta fra il bene e il male. Ce lo dice il brano dell’Apocalisse (Ap 21,1-5) e il racconto dell'evangelista Giovanni (Gv 13,31-35). Gesù rivela ai suoi discepoli e a noi l'inaudito: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Chiniamoci, devoti e trepidi, su queste parole. È un tenero e forte comando al quale sta “appesa” l'anima della legge ebraica e, ancor più, quella del Vangelo. È appesa la vita stessa, la vita in pienezza, la pienezza di vita. L’essenziale per la vita è, dunque, amare: amare Dio e amare gli altri.
Scaviamo più a fondo nella Parola di Dio di questa domenica. Non è strano parlare di “comandamento” rispetto all’amore? L’amore non ci richiama forse concetti come entusiasmo e libertà, gratuità e reciprocità? Posso amare per dovere o ordinare di amarmi? Come può Gesù comandarmi di amare Dio, se l’amore è atto di pura libertà e di totale gratuità?
Il «comandamento» che ci dà Gesù in realtà non è un comando, è molto di più: riassume la sorte e il destino del cosmo, della terra e di ogni uomo vivente. La vita è amore e l’amore è vita. Questo principio di sapienza biblica, evidenziato soprattutto nelle letteratura giovanneo, così si può applicare sul piano etico: vivere per amare veramente e amare per vivere pienamente, e in questo modo prepararsi a vivere eternamente. La legge della vita è agire come agisce Dio-Amore, entrare nella sua corrente, essere luce dalla sua luce: «Carissimi, se Dio ci ha amato per primo, allora anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri» (1 Gv 4). Il comandamento “nuovo” non è semplicemente amatevi, ma amatevi gli uni gli altri. Guai se ci fosse un aggettivo a qualificare chi merita il nostro amore: giusti o ingiusti, ricchi o poveri, prossimi o lontani. È l'uomo, ogni uomo, perfino l'inamabile, perfino Caino.
Gesù ci “ordina” di fare esattamente ciò che desideriamo maggiormente: lasciarci amare ed amare. Solo che lui sa come si fa (essendo l’autore di questa genialità!), noi, purtroppo, un po’ meno. Orientare la nostra vita verso l’amore è l’unica cosa che ci può dare felicità. Si tratta anzitutto di accogliere l’amore di Dio per poi riversarlo sul fratello e su di noi. L’amore che Gesù chiede per i fratelli (arriverà a chiederlo per i nemici) non è uno sforzo di volontà che devo attuare a malincuore, ma il desiderio di comunicare l’amore che io per primo ho ricevuto e che posso dare all’altro nel quale riconosco l’impronta/l’icona/l’immagine di Dio, anche se spesso questa impronta è deturpata, offesa, umiliata, frantumata, per colpe personali o per opera altrui.
Esiste un comandamento “zero”, un comandamento prima del primo, un comandamento che precede il primo, non nel senso di importanza, ma di tempo. è un sottointeso che chi fa esperienza di Dio conosce bene: «Dio ti ama di un amore immenso, lasciati amare da lui». Ciò che Gesù chiede è di lasciarci corteggiare da Dio, di arrenderci a lui, di lasciare il nostro intimo e il nostro sogno più alto fiorire nella passione verso la sua tenerezza.
Amare non è lo sforzo di chi vuole rendere onore. È la risposta di chi ha sentito il fascino Dio, la sua seduzione, la sua attrazione. Gesù ci sta dicendo: «Ama perché sei immensamente amato, lasciati amare dalla tenerezza di Dio!» L’etica - intesa come insieme di comportamenti necessari per amare davvero, e non fare del male a se stessi e agli altri - è risposta ad una chiamata e un cambiamento di vita che scaturisce dal sentirsi amati. Quante conseguenze scaturiscono da questa riflessione! Solo amando Dio e i gli altri diveniamo ciò che dobbiamo essere.
Il comando “nuovo” continua: «Amatevi come io vi ho amato» (Gv 13,34). La novità non è l'amore, ma l'amare «come» ama Cristo. L'amore è lui, l’Amore umanato di Dio: quando lava i piedi ai suoi discepoli, quando si rivolge a Giuda che lo tradisce chiamandolo “amico”, quando prega per chi lo uccide, quando piange per l'amico morto o esulta per il nardo profumato dell'amica, o ricomincia dai più perduti. Egli non è un maestro rimasto solo al centro delle sue immense parole. Dagli angoli del creato, dai luoghi più nascosti e insospettabili salgono ancora gesti, parole, audacie di discepoli che osano essere come lui. E questo «come» ritma tutto il Vangelo, racchiude l'essenza del nostro essere suoi discepoli, contiene la statura dell'uomo perfetto: vivere come lui misericordiosi come il Padre, e la sua volontà in terra come in cielo.
Caterina da Siena (� 1380), patrona d’Italia e d’Europa, festeggiata 29 aprile scorso, scrisse estasiata dall’amore di Dio:
«Tu hai posato gli occhi solamente sulla bellezza della tua creatura, perché se avessi visto in primo luogo l'offesa, avresti finito per dimenticare l'amore che ti muoveva a creare. No, ciò non ti è rimasto nascosto, ma tu ti sei fissato sull'amore, perché non sei altro che fuoco d'amore, folle per la tua creatura».
È questo amore che già adesso rende “nuovi” i cieli e la terra. È questo comandamento “nuovo” che rende bella la terra, trasformando l'umanità nella Chiesa “sposa” pronta per il suo sposo. È questo amore che suscita un bisogno di forgiare, di creare, di trasporre un volto amato sotto altre forme, melodie, densità e profondità�
È così che cambia il nostro modo di vivere quotidiano. È così che si rinnova la fiducia nella vita perenne, che è già qui in noi e tra noi, se amiamo, anche quando la nostra vita è appesantita dalle difficoltà, a volte drammatiche, a cui andiamo incontro.
E' difficile amare, donare, perdonare� lo sappiamo. Gesù ci ha dato la vita perché possiamo imparare ad amare, consapevoli delle nostre chiusure e fragilità, traumi e paure. L'amore tra i cristiani è un amore sofferto e faticoso, come raccontano Paolo e Barnaba: un amore che passa attraverso un confronto reciproco. Gesù ci “ordina” di amare con forza, con intensità, più che riusciamo, dando del nostro meglio.
Quante persone conosco che si deprimono perché non riescono ad amare come vorrebbero! E Gesù dice loro: «Ama come riesci, non come vorresti». Gesù ci chiede di amare con passione, a costo di bruciarci, fino a morirne. Egli ci chiede di amarci dell'amore con cui egli ci ha amato, non con l'amore di simpatia, di scelta, di sforzo, di virtù. Ci chiede di amarci con l'amore che può riempire il nostro cuore e defluire verso il cuore degli altri. Quante persone conosco che, scottate da esperienze negative, amano col freno a mano tirato. E Gesù li sprona: «Ama e, se sbagli, pazienza». Non vuole persone tiepide, Gesù, le vuole entusiaste. Gesù dice loro per bocca di s. Francesco d’Assisi (� 1226): «Scoprite quanto Dio, ‘pienezza e totalità di amore e di bene, sia soave e dolce, benigno e puro, sublime ed ineffabile, eccelso e amabile, dilettevole e tutto sempre e sopra tutte le cose desiderabile» (Regola non bollata 23, 27.34).
È importante comprendere la sottile precisazione di Gesù. Egli dice: «Ama gli altri», ma soggiunge: «�come te stesso». E’ una annotazione che ci spalanca orizzonti ancora più ampi. Posso amare solo se mi amo. Posso accettare l’altro solo se mi accetto. E questo non è un atteggiamento spontaneo, molti faticano ad amarsi e lasciano emergere la parte oscura di sé, facendo dell’amore un laccio, una trappola, qualcosa che morbosamente succhia l’energia degli altri. L’amore di Gesù per noi è libero e ci rende capaci di amare liberamente, senza possedere altro se non la gioia del condividere. Posso anche considerarmi non amabile, ma Cristo mi dice che Dio ama me, con le mie fatiche, limiti, tormenti, oscurità. Non mi ama perché sono amabile o me lo merito, ma, amandomi, mi rende amabile, dolce, affabile.
L’amore è tutto e dall’amore dipende il resto: la politica, le scelte, i ruoli, le strutture, le congregazioni, i piani pastorali, i ministeri, i carismi. Il resto è dopo. Che io realizzi i miei sogni, che io riesca nei miei progetti, che io abbia una vita più o meno felice, diventa, paradossalmente, un dopo. L’essenziale è amare. Saremo giudicati sull’amore o, forse, sul desiderio di amare. Dico questo ora che la mia ‘odissea’, soprattutto in questi ultimi anni, ha segnato profondamente in questo senso le mie convinzioni e percezioni dell’«unicum» di cui Gesù ci parla. E dico questo pensando a tante persone che ho incontrato e che vorrebbero amare e non riescono, perché segnati da mille ferite sanguinanti, per i quali la normalità è soltanto vivere nel dolore e nell’inadeguatezza: così per loro la possibilità di amare diviene un’utopia. A questi fratelli, gli ultimi, gli sconfitti, i poveri di cuore, Gesù promette la pienezza del cuore.
Dall'amore, quello vero, autentico, libero, reale, leale, tollerante e paziente saremo riconosciuti fuori dalle chiese, in famiglia, al lavoro, a scuola, nel momento della prova e del tradimento. Sogno? Cristo è morto per realizzare questo sogno, il "suo" sogno che è la Chiesa, la comunità di coloro che si amano di un amore che «non giudica e non condanna, ma costruisce e illumina, consola e perdona», nel segno di Gesù.
Questa mattina papa Benedetto XVI ha celebrato l'Eucaristia nella grande piazza di Torino, antistante la chiesa ove è esposta la Sacra Sindone, il lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Cristo. La Sindone è qualcosa di indecifrabile, di inspiegabile scientificamente: è stato rigidamente provato che non si tratta di un dipinto; non è nemmeno l'impronta statica del suo corpo, ma appare come una fotografia al negativo che dà una visione tridimensionale del corpo di Gesù, mentre ‘attraversava’ quel telo. E' la testimonianza ‘miracolosa’ che quel corpo si è ‘atomicamente’ trasformato - in un bagliore di luce divina - impregnando il lenzuolo della forma/essenza del corpo trasfigurato. Ringraziamo l'Amore divino che ci ha donato questa testimonianza unica e imprevedibile della sua resurrezione, che anticipa la nostra resurrezione.
Ancora l’augurio di una settimana serena, colma della luce pasquale. V Domenica di Pasqua (C)
Il tempo pasquale è carico dell'annuncio di una «novità» assoluta. Tutto è nuovo: il tempo, l'uomo, la vita, il mondo, poiché Dio fa nuove tutte le cose, sebbene il mondo rimanga il teatro della grande lotta fra il bene e il male. Ce lo dice il brano dell’Apocalisse (Ap 21,1-5) e il racconto dell'evangelista Giovanni (Gv 13,31-35). Gesù rivela ai suoi discepoli e a noi l'inaudito: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Chiniamoci, devoti e trepidi, su queste parole. È un tenero e forte comando al quale sta “appesa” l'anima della legge ebraica e, ancor più, quella del Vangelo. È appesa la vita stessa, la vita in pienezza, la pienezza di vita. L’essenziale per la vita è, dunque, amare: amare Dio e amare gli altri.
Scaviamo più a fondo nella Parola di Dio di questa domenica. Non è strano parlare di “comandamento” rispetto all’amore? L’amore non ci richiama forse concetti come entusiasmo e libertà, gratuità e reciprocità? Posso amare per dovere o ordinare di amarmi? Come può Gesù comandarmi di amare Dio, se l’amore è atto di pura libertà e di totale gratuità?
Il «comandamento» che ci dà Gesù in realtà non è un comando, è molto di più: riassume la sorte e il destino del cosmo, della terra e di ogni uomo vivente. La vita è amore e l’amore è vita. Questo principio di sapienza biblica, evidenziato soprattutto nelle letteratura giovanneo, così si può applicare sul piano etico: vivere per amare veramente e amare per vivere pienamente, e in questo modo prepararsi a vivere eternamente. La legge della vita è agire come agisce Dio-Amore, entrare nella sua corrente, essere luce dalla sua luce: «Carissimi, se Dio ci ha amato per primo, allora anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri» (1 Gv 4). Il comandamento “nuovo” non è semplicemente amatevi, ma amatevi gli uni gli altri. Guai se ci fosse un aggettivo a qualificare chi merita il nostro amore: giusti o ingiusti, ricchi o poveri, prossimi o lontani. È l'uomo, ogni uomo, perfino l'inamabile, perfino Caino.
Gesù ci “ordina” di fare esattamente ciò che desideriamo maggiormente: lasciarci amare ed amare. Solo che lui sa come si fa (essendo l’autore di questa genialità!), noi, purtroppo, un po’ meno. Orientare la nostra vita verso l’amore è l’unica cosa che ci può dare felicità. Si tratta anzitutto di accogliere l’amore di Dio per poi riversarlo sul fratello e su di noi. L’amore che Gesù chiede per i fratelli (arriverà a chiederlo per i nemici) non è uno sforzo di volontà che devo attuare a malincuore, ma il desiderio di comunicare l’amore che io per primo ho ricevuto e che posso dare all’altro nel quale riconosco l’impronta/l’icona/l’immagine di Dio, anche se spesso questa impronta è deturpata, offesa, umiliata, frantumata, per colpe personali o per opera altrui.
Esiste un comandamento “zero”, un comandamento prima del primo, un comandamento che precede il primo, non nel senso di importanza, ma di tempo. è un sottointeso che chi fa esperienza di Dio conosce bene: «Dio ti ama di un amore immenso, lasciati amare da lui». Ciò che Gesù chiede è di lasciarci corteggiare da Dio, di arrenderci a lui, di lasciare il nostro intimo e il nostro sogno più alto fiorire nella passione verso la sua tenerezza.
Amare non è lo sforzo di chi vuole rendere onore. È la risposta di chi ha sentito il fascino Dio, la sua seduzione, la sua attrazione. Gesù ci sta dicendo: «Ama perché sei immensamente amato, lasciati amare dalla tenerezza di Dio!» L’etica - intesa come insieme di comportamenti necessari per amare davvero, e non fare del male a se stessi e agli altri - è risposta ad una chiamata e un cambiamento di vita che scaturisce dal sentirsi amati. Quante conseguenze scaturiscono da questa riflessione! Solo amando Dio e i gli altri diveniamo ciò che dobbiamo essere.
Il comando “nuovo” continua: «Amatevi come io vi ho amato» (Gv 13,34). La novità non è l'amore, ma l'amare «come» ama Cristo. L'amore è lui, l’Amore umanato di Dio: quando lava i piedi ai suoi discepoli, quando si rivolge a Giuda che lo tradisce chiamandolo “amico”, quando prega per chi lo uccide, quando piange per l'amico morto o esulta per il nardo profumato dell'amica, o ricomincia dai più perduti. Egli non è un maestro rimasto solo al centro delle sue immense parole. Dagli angoli del creato, dai luoghi più nascosti e insospettabili salgono ancora gesti, parole, audacie di discepoli che osano essere come lui. E questo «come» ritma tutto il Vangelo, racchiude l'essenza del nostro essere suoi discepoli, contiene la statura dell'uomo perfetto: vivere come lui misericordiosi come il Padre, e la sua volontà in terra come in cielo.
Caterina da Siena (� 1380), patrona d’Italia e d’Europa, festeggiata 29 aprile scorso, scrisse estasiata dall’amore di Dio:
«Tu hai posato gli occhi solamente sulla bellezza della tua creatura, perché se avessi visto in primo luogo l'offesa, avresti finito per dimenticare l'amore che ti muoveva a creare. No, ciò non ti è rimasto nascosto, ma tu ti sei fissato sull'amore, perché non sei altro che fuoco d'amore, folle per la tua creatura».
È questo amore che già adesso rende “nuovi” i cieli e la terra. È questo comandamento “nuovo” che rende bella la terra, trasformando l'umanità nella Chiesa “sposa” pronta per il suo sposo. È questo amore che suscita un bisogno di forgiare, di creare, di trasporre un volto amato sotto altre forme, melodie, densità e profondità�
È così che cambia il nostro modo di vivere quotidiano. È così che si rinnova la fiducia nella vita perenne, che è già qui in noi e tra noi, se amiamo, anche quando la nostra vita è appesantita dalle difficoltà, a volte drammatiche, a cui andiamo incontro.
E' difficile amare, donare, perdonare� lo sappiamo. Gesù ci ha dato la vita perché possiamo imparare ad amare, consapevoli delle nostre chiusure e fragilità, traumi e paure. L'amore tra i cristiani è un amore sofferto e faticoso, come raccontano Paolo e Barnaba: un amore che passa attraverso un confronto reciproco. Gesù ci “ordina” di amare con forza, con intensità, più che riusciamo, dando del nostro meglio.
Quante persone conosco che si deprimono perché non riescono ad amare come vorrebbero! E Gesù dice loro: «Ama come riesci, non come vorresti». Gesù ci chiede di amare con passione, a costo di bruciarci, fino a morirne. Egli ci chiede di amarci dell'amore con cui egli ci ha amato, non con l'amore di simpatia, di scelta, di sforzo, di virtù. Ci chiede di amarci con l'amore che può riempire il nostro cuore e defluire verso il cuore degli altri. Quante persone conosco che, scottate da esperienze negative, amano col freno a mano tirato. E Gesù li sprona: «Ama e, se sbagli, pazienza». Non vuole persone tiepide, Gesù, le vuole entusiaste. Gesù dice loro per bocca di s. Francesco d’Assisi (� 1226): «Scoprite quanto Dio, ‘pienezza e totalità di amore e di bene, sia soave e dolce, benigno e puro, sublime ed ineffabile, eccelso e amabile, dilettevole e tutto sempre e sopra tutte le cose desiderabile» (Regola non bollata 23, 27.34).
È importante comprendere la sottile precisazione di Gesù. Egli dice: «Ama gli altri», ma soggiunge: «�come te stesso». E’ una annotazione che ci spalanca orizzonti ancora più ampi. Posso amare solo se mi amo. Posso accettare l’altro solo se mi accetto. E questo non è un atteggiamento spontaneo, molti faticano ad amarsi e lasciano emergere la parte oscura di sé, facendo dell’amore un laccio, una trappola, qualcosa che morbosamente succhia l’energia degli altri. L’amore di Gesù per noi è libero e ci rende capaci di amare liberamente, senza possedere altro se non la gioia del condividere. Posso anche considerarmi non amabile, ma Cristo mi dice che Dio ama me, con le mie fatiche, limiti, tormenti, oscurità. Non mi ama perché sono amabile o me lo merito, ma, amandomi, mi rende amabile, dolce, affabile.
L’amore è tutto e dall’amore dipende il resto: la politica, le scelte, i ruoli, le strutture, le congregazioni, i piani pastorali, i ministeri, i carismi. Il resto è dopo. Che io realizzi i miei sogni, che io riesca nei miei progetti, che io abbia una vita più o meno felice, diventa, paradossalmente, un dopo. L’essenziale è amare. Saremo giudicati sull’amore o, forse, sul desiderio di amare. Dico questo ora che la mia ‘odissea’, soprattutto in questi ultimi anni, ha segnato profondamente in questo senso le mie convinzioni e percezioni dell’«unicum» di cui Gesù ci parla. E dico questo pensando a tante persone che ho incontrato e che vorrebbero amare e non riescono, perché segnati da mille ferite sanguinanti, per i quali la normalità è soltanto vivere nel dolore e nell’inadeguatezza: così per loro la possibilità di amare diviene un’utopia. A questi fratelli, gli ultimi, gli sconfitti, i poveri di cuore, Gesù promette la pienezza del cuore.
Dall'amore, quello vero, autentico, libero, reale, leale, tollerante e paziente saremo riconosciuti fuori dalle chiese, in famiglia, al lavoro, a scuola, nel momento della prova e del tradimento. Sogno? Cristo è morto per realizzare questo sogno, il "suo" sogno che è la Chiesa, la comunità di coloro che si amano di un amore che «non giudica e non condanna, ma costruisce e illumina, consola e perdona», nel segno di Gesù.
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