La nostra redattrice Monica Cardarelli intervista Francesco Zanotti, direttore del Corriere Cesenate e vicepresidente della Federazione italiana dei settimanali cattolici
“Ricordate che dietro ogni notizia c’è sempre un nome, e dietro al nome una persona, e dietro la persona c’è quasi sempre una famiglia che va rispettata perché non è mai un ‘caso’: qualsiasi cosa sia successa, ammesso che sia dimostrata, noi abbiamo la responsabilità di tutelare non solo la verità, ma anche la dignità dell’uomo.” Così esorta i suoi giornalisti Francesco Zanotti, direttore del Corriere Cesenate (www.corrierecesenate.com - che ha ormai raggiunto una tiratura di ben 12 mila copie) e vicepresidente della FISC (Federazione italiana dei Settimanali Cattolici, www.fisc.it, che raccoglie ben 187 testate giornalistiche cattoliche e settimanali diocesani con uno sguardo ai problemi del territorio e all’etica che li contraddistingue). Oggi abbiamo l’occasione di parlare proprio con lui, da sempre attento al rispetto della dignità della persona umana, della legalità e dell’ambiente nel territorio in cui opera.
D.: “Dare voce a chi non ha voce”, così si potrebbe riassumere la sua linea editoriale; soprattutto la voce dei più deboli e indifesi, di chi non può far valere i propri diritti. Recentemente per esempio il suo giornale si è battuto in prima linea per impedire la costruzione di un centro commerciale davanti al cimitero monumentale di Cesena, in una zona sottoposta ad un duplice vincolo: quello paesaggistico-ambientale e quello cimiteriale. In questo territorio si trova inoltre il Convento delle Clarisse cappuccine, trasferitosi alla fine degli anni sessanta dal centro storico alle colline di Ponte Abbadesse, proprio in virtù delle caratteristiche di isolamento sopra indicate che avrebbero garantito alle claustrali il silenzio e la tranquillità dell’ambiente circostante. Con il vostro impegno attivo siete riusciti a sensibilizzare l’opinione pubblica trovando una buona risposta?
R.: E' nel DNA dei settimanali diocesani, da sempre, quindi fin dalla seconda metà dell'Ottocento: dare voce a chi non ce l'ha. In un mondo in cui fa notizia solo chi già ha forza e potere per far sentire la propria opinione, noi cerchiamo di mettere in campo ogni settimana storie di vita quotidiana. Intendiamoci, non per fare del buonismo, assolutamente, ma per far comprendere che la realtà è costituita anche da milioni di persone che ogni giorno operano, vivono, soffrono, si dannano l'anima per tenere in piedi questo nostro strano mondo. Sono i santi del quotidiano, come li ha definiti più volte papa Giovanni Paolo II, quelli che non fanno perdere la pazienza al Signore e grazie ai quali la realtà è ben diversa da come viene descritta. I mass media producono sulla realtà un effetto distorcente, facendo credere che l'anormalità sia la normalità e facendo passare per anormale ciò che invece accade quasi in tutte le case, negli uffici, nei nostri paesi e nelle nostre città.
In quest'ottica ci sta anche l'avere preso a cuore la vicenda sollevata dalle suore Clarisse cappuccine che hanno chiesto al nostro giornale di dare voce al loro grido: 'lasciateci il silenzio'. Non potevamo non raccogliere la loro richiesta. E' come se le avessimo adottate. Dopo i nostri ripetuti interventi è partita una raccolta firme che ha raggiunto quota ottomila in sole due settimane con un movimento di opinione pubblica ancora molto attivo. Un risultato straordinario per una città di 95mila abitanti, che ha visto coinvolti cittadini anche fuori Cesena. Questo fatto fa intuire che la questione non riguarda solo il quartiere di Ponte Abbadesse, ma ha una rilevanza ben al di là dei confini cesenati. E' una questione di buon senso che riguarda tutti.
D.: Attualmente qual è la situazione, quali i risultati ottenuti?
R.: Al momento i lavori vanno avanti molto a rilento, in attesa del pronunciamento del Tar che si dovrà esprimere su un ricorso presentato dalle suore di clausura. Il giornale da me diretto, nell'editoriale uscito il 23 luglio, ha chiesto alla Conad di fare un passo indietro. Un gesto nobile che farebbe onore sia alla Conad che alla città di Cesena.
D. Quando Chiara arrivò alla Chiesa di San Damiano finalmente trovò pace e tranquillità e le sue inquietudini si sedarono; in quel luogo, ricostruito da Francesco, lei ebbe maggiore chiarezza sulla strada da percorrere: essere nel mondo ma fuori dal mondo. San Damiano in quell’epoca era fuori dalle mura della città e questo permise a Chiara e alle altre donne che la seguirono di essere fuori dalla confusione e dalle attività del borgo ma allo stesso tempo vicine alla propria gente; Chiara in particolare ebbe sempre un’attenzione particolare alle relazioni, alla preghiera e alla difesa della città in cui si trovava. Con il vostro impegno in questa situazione pensate di avere contribuito a mantenere vivo e forse a rafforzare il legame tra le Clarisse e la popolazione di Cesena?
R.: Le suore affermano in ogni occasione che la loro presenza in quel luogo, dovuta all'insistenza del loro padre spirituale padre Guglielmo Gattiani (che è in odore di santità), è in favore di tutta la città. Le suore pregano giorno e notte sia per i vivi che per i defunti. La scelta del luogo fu dovuta proprio alla presenza del cimitero perché posto davanti al monastero. Il vincolo cimiteriale di 200 metri garantiva le suore che davanti a loro non avrebbe mai costruito nessuno. E invece così non è stato...
D. Francesco e Chiara rappresentano un esempio cui ispirarsi per il cristiano di oggi. Una delle loro caratteristiche di cui a mio avviso abbiamo bisogno è per esempio la chiarezza. Chiarezza nelle parole, nei comportamenti, nei pensieri e nelle prese di posizione. In poche parole, testimonianza e coerenza. Pensa che la chiarezza nelle relazioni e nelle parole e l’essenzialità possano essere un obiettivo anche per un giornalista?
R.: Senz'altro la chiarezza nelle relazioni. Chiarezza e verità. Ricordiamo le prime due parole dell'ultima enciclica di Benedetto XVI: Caritas in veritate. Dobbiamo amare la verità, sempre, anche quando è scomoda. E ricercarla con tutto noi stessi. Non siamo i depositari delle verità, intendiamoci bene, ma credo che dobbiamo essere animati dalla volontà di cercarla sempre, per il bene nostro e di chi ci sta accanto. Al numero 3 dell'enciclica il Papa dice che "senza la verità, la carità scivola nel sentimentalismo". Certo, anche l'essenzialità: non sprecare mai le parole. Anzi, tantissima attenzione: le parole sono come pietre. I giornalisti non dovrebbero dimenticarlo mai.
D.: Il vostro è un impegno a favore della centralità della persona umana e dei diritti degli ultimi, di chi non ha voce. Un giornalismo che si preoccupa non solo della verità ma anche della dignità dell’uomo. Può essere questa la sintesi che vi caratterizza?
R.: Il rispetto per la persona umana deve sempre essere al centro del nostro operare. Viene ben prima del diritto ad essere informati. Le persona umana è il bene prezioso che i giornalisti trattano mettendo in pagina le notizie, anche quelle che sembrano più banali.
D. La Federazione italiana dei settimanali cattolici raccoglie ben 187 testate. Ci vuole parlare della loro attività?
R.: 187 testate diocesane per circa un milione di copie e cinque milioni di lettori. Un bacino di utenza enorme, molto radicato nel territorio. A me piace definire i nostri periodici come 'giornali locali con sguardo globale'. Locali per la diffusione, globali perchè si occupano di notizie del territorio, nazionali e internazionali e perchè si occupano di tutta l'umanità. Se Cristo si è incarnato significa che ha condiviso, tranne il peccato, tutta la condizione umana. Quindi nulla è escluso ai nostri giornali che sono veri e propri settimanali di informazione.
Grazie a Francesco Zanotti per aver dato anche a La Perfetta Letizia l’occasione di ‘dare voce a chi non ha voce’.
“Ricordate che dietro ogni notizia c’è sempre un nome, e dietro al nome una persona, e dietro la persona c’è quasi sempre una famiglia che va rispettata perché non è mai un ‘caso’: qualsiasi cosa sia successa, ammesso che sia dimostrata, noi abbiamo la responsabilità di tutelare non solo la verità, ma anche la dignità dell’uomo.” Così esorta i suoi giornalisti Francesco Zanotti, direttore del Corriere Cesenate (www.corrierecesenate.com - che ha ormai raggiunto una tiratura di ben 12 mila copie) e vicepresidente della FISC (Federazione italiana dei Settimanali Cattolici, www.fisc.it, che raccoglie ben 187 testate giornalistiche cattoliche e settimanali diocesani con uno sguardo ai problemi del territorio e all’etica che li contraddistingue). Oggi abbiamo l’occasione di parlare proprio con lui, da sempre attento al rispetto della dignità della persona umana, della legalità e dell’ambiente nel territorio in cui opera.
D.: “Dare voce a chi non ha voce”, così si potrebbe riassumere la sua linea editoriale; soprattutto la voce dei più deboli e indifesi, di chi non può far valere i propri diritti. Recentemente per esempio il suo giornale si è battuto in prima linea per impedire la costruzione di un centro commerciale davanti al cimitero monumentale di Cesena, in una zona sottoposta ad un duplice vincolo: quello paesaggistico-ambientale e quello cimiteriale. In questo territorio si trova inoltre il Convento delle Clarisse cappuccine, trasferitosi alla fine degli anni sessanta dal centro storico alle colline di Ponte Abbadesse, proprio in virtù delle caratteristiche di isolamento sopra indicate che avrebbero garantito alle claustrali il silenzio e la tranquillità dell’ambiente circostante. Con il vostro impegno attivo siete riusciti a sensibilizzare l’opinione pubblica trovando una buona risposta?
R.: E' nel DNA dei settimanali diocesani, da sempre, quindi fin dalla seconda metà dell'Ottocento: dare voce a chi non ce l'ha. In un mondo in cui fa notizia solo chi già ha forza e potere per far sentire la propria opinione, noi cerchiamo di mettere in campo ogni settimana storie di vita quotidiana. Intendiamoci, non per fare del buonismo, assolutamente, ma per far comprendere che la realtà è costituita anche da milioni di persone che ogni giorno operano, vivono, soffrono, si dannano l'anima per tenere in piedi questo nostro strano mondo. Sono i santi del quotidiano, come li ha definiti più volte papa Giovanni Paolo II, quelli che non fanno perdere la pazienza al Signore e grazie ai quali la realtà è ben diversa da come viene descritta. I mass media producono sulla realtà un effetto distorcente, facendo credere che l'anormalità sia la normalità e facendo passare per anormale ciò che invece accade quasi in tutte le case, negli uffici, nei nostri paesi e nelle nostre città.
In quest'ottica ci sta anche l'avere preso a cuore la vicenda sollevata dalle suore Clarisse cappuccine che hanno chiesto al nostro giornale di dare voce al loro grido: 'lasciateci il silenzio'. Non potevamo non raccogliere la loro richiesta. E' come se le avessimo adottate. Dopo i nostri ripetuti interventi è partita una raccolta firme che ha raggiunto quota ottomila in sole due settimane con un movimento di opinione pubblica ancora molto attivo. Un risultato straordinario per una città di 95mila abitanti, che ha visto coinvolti cittadini anche fuori Cesena. Questo fatto fa intuire che la questione non riguarda solo il quartiere di Ponte Abbadesse, ma ha una rilevanza ben al di là dei confini cesenati. E' una questione di buon senso che riguarda tutti.
D.: Attualmente qual è la situazione, quali i risultati ottenuti?
R.: Al momento i lavori vanno avanti molto a rilento, in attesa del pronunciamento del Tar che si dovrà esprimere su un ricorso presentato dalle suore di clausura. Il giornale da me diretto, nell'editoriale uscito il 23 luglio, ha chiesto alla Conad di fare un passo indietro. Un gesto nobile che farebbe onore sia alla Conad che alla città di Cesena.
D. Quando Chiara arrivò alla Chiesa di San Damiano finalmente trovò pace e tranquillità e le sue inquietudini si sedarono; in quel luogo, ricostruito da Francesco, lei ebbe maggiore chiarezza sulla strada da percorrere: essere nel mondo ma fuori dal mondo. San Damiano in quell’epoca era fuori dalle mura della città e questo permise a Chiara e alle altre donne che la seguirono di essere fuori dalla confusione e dalle attività del borgo ma allo stesso tempo vicine alla propria gente; Chiara in particolare ebbe sempre un’attenzione particolare alle relazioni, alla preghiera e alla difesa della città in cui si trovava. Con il vostro impegno in questa situazione pensate di avere contribuito a mantenere vivo e forse a rafforzare il legame tra le Clarisse e la popolazione di Cesena?
R.: Le suore affermano in ogni occasione che la loro presenza in quel luogo, dovuta all'insistenza del loro padre spirituale padre Guglielmo Gattiani (che è in odore di santità), è in favore di tutta la città. Le suore pregano giorno e notte sia per i vivi che per i defunti. La scelta del luogo fu dovuta proprio alla presenza del cimitero perché posto davanti al monastero. Il vincolo cimiteriale di 200 metri garantiva le suore che davanti a loro non avrebbe mai costruito nessuno. E invece così non è stato...
D. Francesco e Chiara rappresentano un esempio cui ispirarsi per il cristiano di oggi. Una delle loro caratteristiche di cui a mio avviso abbiamo bisogno è per esempio la chiarezza. Chiarezza nelle parole, nei comportamenti, nei pensieri e nelle prese di posizione. In poche parole, testimonianza e coerenza. Pensa che la chiarezza nelle relazioni e nelle parole e l’essenzialità possano essere un obiettivo anche per un giornalista?
R.: Senz'altro la chiarezza nelle relazioni. Chiarezza e verità. Ricordiamo le prime due parole dell'ultima enciclica di Benedetto XVI: Caritas in veritate. Dobbiamo amare la verità, sempre, anche quando è scomoda. E ricercarla con tutto noi stessi. Non siamo i depositari delle verità, intendiamoci bene, ma credo che dobbiamo essere animati dalla volontà di cercarla sempre, per il bene nostro e di chi ci sta accanto. Al numero 3 dell'enciclica il Papa dice che "senza la verità, la carità scivola nel sentimentalismo". Certo, anche l'essenzialità: non sprecare mai le parole. Anzi, tantissima attenzione: le parole sono come pietre. I giornalisti non dovrebbero dimenticarlo mai.
D.: Il vostro è un impegno a favore della centralità della persona umana e dei diritti degli ultimi, di chi non ha voce. Un giornalismo che si preoccupa non solo della verità ma anche della dignità dell’uomo. Può essere questa la sintesi che vi caratterizza?
R.: Il rispetto per la persona umana deve sempre essere al centro del nostro operare. Viene ben prima del diritto ad essere informati. Le persona umana è il bene prezioso che i giornalisti trattano mettendo in pagina le notizie, anche quelle che sembrano più banali.
D. La Federazione italiana dei settimanali cattolici raccoglie ben 187 testate. Ci vuole parlare della loro attività?
R.: 187 testate diocesane per circa un milione di copie e cinque milioni di lettori. Un bacino di utenza enorme, molto radicato nel territorio. A me piace definire i nostri periodici come 'giornali locali con sguardo globale'. Locali per la diffusione, globali perchè si occupano di notizie del territorio, nazionali e internazionali e perchè si occupano di tutta l'umanità. Se Cristo si è incarnato significa che ha condiviso, tranne il peccato, tutta la condizione umana. Quindi nulla è escluso ai nostri giornali che sono veri e propri settimanali di informazione.
Grazie a Francesco Zanotti per aver dato anche a La Perfetta Letizia l’occasione di ‘dare voce a chi non ha voce’.
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