Lo scrittore racconta la storia di Caterina: "Un miracolo, ora aiuto gli altri"
Cuore di babbo: «Caterina è sempre stata uno splendore, fin da piccola. Buona, dolce, silenziosa ». «Caterina, diario di un padre nella tempesta» (Rizzoli) racconta il dramma (lungo un anno) di Antonio Socci, giornalista e scrittore. Cronaca dolorosa di un trauma affettivo (non completamente riassorbito) e viaggio nella fede di un credente.
Tutto inizia a settembre 2009 con l’arresto cardiaco che precipita Caterina, figlia ventiquattrenne dell’autore in un coma di mesi da cui poi si risveglia. Miracolosamente. Emozioni di un padre, misteriose anche per l’indagatore seriale di enigmi cristiani, dai «Segreti di Karol Wojtyla» al «Segreto di padre Pio» fino al «Quarto segreto di Fatima». Eppure scrive Socci «La mattina di quel 12 settembre ero baldanzoso come un bambino e non sapevo che la mia Caterina doveva morire». È solo l’inizio per un credente sottoposto alla prova peggiore: il coma di una figlia. Caterina, oggi, è tornata indietro da quei mesi di buio.
Quasi per caso. Un giorno, nel silenzio protetto di una camera ospedaliera, la madre legge alla figlia un brano del giovane Holden di Salinger. La ragazza è in ascolto e il suo ritorno ha inizio con una risata. Il coma è alle spalle e inizia, così, la riabilitazione. La scelta di scrivere un libro viene soprattutto dalla volontà di testimoniare «ciò che mi ha sostenuto finora, che mi ha dato conforto, coraggio, forza e anche gioia pur fra le lacrime» dice Socci che, per prima cosa, ringrazia «i moltissimi che hanno pregato e pregano per Caterina» (lui stesso ha aperto un blog, oggi molto cliccato, in cui parla della figlia). L’altro obiettivo è quello di trasformare il dramma privato in un gesto di aiuto per gli altri (secondo l’insegnamento cristiano).
I diritti d’autore del volume, è scritto nell’introduzione, andranno a sostegno del Meeting Point International e di Rose Busingye la volontaria che aiuta le ammalate di Aids in Uganda (a cui è dedicato Greater il documentario premiato a Cannes da Spike Lee). Non solo, ma anche «ai ragazzi delle periferie di Lima» perché possano studiare e serviranno a finanziare le adozioni a distanza delle bambine cristiane del Pakistan. Nel nome di Caterina, viva dopo essere morta.
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