Fuga di notizie sull'Afghanistan mette in evidenza l'incoerenza delle linee di condotta della Nato relative alle vittime civili
Amnesty International ha chiesto alla Nato di stabilire un sistema chiaro e unificato per chiamare i responsabili delle morti di civili in Afghanistan a rispondere del loro operato, dopo che una fuga di notizie sulla guerra ha messo in evidenza l'incoerenza delle procedure relative alle vittime civili.
Amnesty.it - Circa 92.000 documenti militari statunitensi sulla guerra in Afghanistan relativi al periodo 2004-2009 sono stati pubblicati dal sito Wikileaks domenica 25 luglio. "L'immagine che emerge dai dati divulgati sulle perdite civili è che il comando della Nato non sapesse esattamente cosa stava succedendo sul terreno" - ha dichiarato Sam Zarifi, direttore del Programma Asia Pacifico di Amnesty International. "Le informazioni militari confermano le preoccupazioni di vecchia data di Amnesty International sulla mancanza di un meccanismo coerente e sistematico per chiamare i responsabili delle morti di civili a rispondere del loro operato".
"Le informazioni divulgate supportano i timori di Amnesty International circa un improprio sistema di reportistica delle morti civili, la mancanza di indagini sui casi documentati e uno scarso coordinamento tra le diverse forze nazionali sui casi, compresi quelli oggetto d'indagine".
I documenti resi pubblici mostrano passi avanti nel monitoraggio degli incidenti dopo le nuove regole d'ingaggio emanate nel giugno 2009 da parte dell'ex comandante della Nato, il generale statunitense Stanley McChrystal.
Dal suo congedo nel giugno 2010, il suo sostituto, il generale statunitense David Petraeus, subisce pressioni da parte di ufficiali dell'esercito e parlamentari statunitensi affinché riduca le restrizioni che avevano garantito maggiore protezione ai civili.
"Questa fuga di notizie deve stimolare il commando della Nato a raddoppiare la protezione nei confronti dei civili. Le uccisioni devono essere oggetto di indagini trasparenti, sistematiche e coerenti e all'interno delle diverse forze presenti in Afghanistan, in modo che alle vittime e alle loro famiglie siano riconosciuti giustizia e risarcimento" - ha aggiunto Zarifi.
Rapporti di Amnesty International sulle morti di civili, come dopo l'incursione aerea a Kunduz nel settembre del 2009 e le uccisioni di due fratelli nel raid notturno a Kandahar nel 2008, hanno dimostrato il sistematico fallimento delle forze internazionali nel chiamare i responsabili a rispondere del loro operato.
I documenti resi pubblici confermano le conclusioni cui era giunta Amnesty International sull'incursione aerea di Kunduz, che causò la morte di un numero sproporzionato di civili a seguito, pare, di informazioni imprecise fornite dalle forze tedesche.
Sebbene i documenti non riguardino il raid notturno di Kandahar del gennaio 2008, essi mettono tuttavia in risalto un problema centrale identificato dalle ricerche di Amnesty International su questo incidente, ossia, un'azione senza controllo delle forze speciali al di fuori della regolare catena di comando e in assenza di regole di ingaggio adeguate.
"Questi documenti non forniscono un ampio sguardo di insieme sulla situazione in Afghanistan. Le forze internazionali che operano nel paese devono ancora rispondere per quanto fatto in passato, devono agire immediatamente per assicurare che vi sia un sistema migliore di monitoraggio, di responsabilità e di risarcimento per i civili afgani" - ha affermato Zarifi.
"Questa fuga di notizie dimostra inoltre che i talebani sono responsabili per la maggior parte della violazioni dei diritti umani e delle leggi di guerra nel conflitto, ma questo non esonera la Nato dalla sua responsabilità di proteggere i civili" - ha concluso Zarifi.
Amnesty.it - Circa 92.000 documenti militari statunitensi sulla guerra in Afghanistan relativi al periodo 2004-2009 sono stati pubblicati dal sito Wikileaks domenica 25 luglio. "L'immagine che emerge dai dati divulgati sulle perdite civili è che il comando della Nato non sapesse esattamente cosa stava succedendo sul terreno" - ha dichiarato Sam Zarifi, direttore del Programma Asia Pacifico di Amnesty International. "Le informazioni militari confermano le preoccupazioni di vecchia data di Amnesty International sulla mancanza di un meccanismo coerente e sistematico per chiamare i responsabili delle morti di civili a rispondere del loro operato".
"Le informazioni divulgate supportano i timori di Amnesty International circa un improprio sistema di reportistica delle morti civili, la mancanza di indagini sui casi documentati e uno scarso coordinamento tra le diverse forze nazionali sui casi, compresi quelli oggetto d'indagine".
I documenti resi pubblici mostrano passi avanti nel monitoraggio degli incidenti dopo le nuove regole d'ingaggio emanate nel giugno 2009 da parte dell'ex comandante della Nato, il generale statunitense Stanley McChrystal.
Dal suo congedo nel giugno 2010, il suo sostituto, il generale statunitense David Petraeus, subisce pressioni da parte di ufficiali dell'esercito e parlamentari statunitensi affinché riduca le restrizioni che avevano garantito maggiore protezione ai civili.
"Questa fuga di notizie deve stimolare il commando della Nato a raddoppiare la protezione nei confronti dei civili. Le uccisioni devono essere oggetto di indagini trasparenti, sistematiche e coerenti e all'interno delle diverse forze presenti in Afghanistan, in modo che alle vittime e alle loro famiglie siano riconosciuti giustizia e risarcimento" - ha aggiunto Zarifi.
Rapporti di Amnesty International sulle morti di civili, come dopo l'incursione aerea a Kunduz nel settembre del 2009 e le uccisioni di due fratelli nel raid notturno a Kandahar nel 2008, hanno dimostrato il sistematico fallimento delle forze internazionali nel chiamare i responsabili a rispondere del loro operato.
I documenti resi pubblici confermano le conclusioni cui era giunta Amnesty International sull'incursione aerea di Kunduz, che causò la morte di un numero sproporzionato di civili a seguito, pare, di informazioni imprecise fornite dalle forze tedesche.
Sebbene i documenti non riguardino il raid notturno di Kandahar del gennaio 2008, essi mettono tuttavia in risalto un problema centrale identificato dalle ricerche di Amnesty International su questo incidente, ossia, un'azione senza controllo delle forze speciali al di fuori della regolare catena di comando e in assenza di regole di ingaggio adeguate.
"Questi documenti non forniscono un ampio sguardo di insieme sulla situazione in Afghanistan. Le forze internazionali che operano nel paese devono ancora rispondere per quanto fatto in passato, devono agire immediatamente per assicurare che vi sia un sistema migliore di monitoraggio, di responsabilità e di risarcimento per i civili afgani" - ha affermato Zarifi.
"Questa fuga di notizie dimostra inoltre che i talebani sono responsabili per la maggior parte della violazioni dei diritti umani e delle leggi di guerra nel conflitto, ma questo non esonera la Nato dalla sua responsabilità di proteggere i civili" - ha concluso Zarifi.
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