A Ikemeleng, baraccopoli di lamiere e filo spinato, i mozambicani vendono una giornata di lavoro in miniera a 20 rand, più o meno due euro.
Agenzia Misna - “Il Sudafrica – racconta alla MISNA padre Efrem Tresoldi, un missionario comboniano che ha appena visitato questa baraccopoli di lamiere e filo spinato – è quasi una scelta obbligata per i migranti in fuga da guerre e povertà: l’economia tira, c’è stabilità politica, è possibile rifarsi una vita”. Possibile ma, almeno a Ikemeleng, nient’affatto scontato. “Colossi come ‘Impala’ o ‘AngloPlatinum’ – dice padre Efrem - subappaltano il reclutamento della manodopera a società minori, che lucrano sul costo del lavoro sfruttando la disperazione dei migranti”. Del Sudafrica come terra di immigrazione si parla e scrive molto dopo che, ieri, il ministero degli Interni ha diffuso nuove stime. Ogni giorno sono più di 2000 gli stranieri che presentano richiesta per ottenere lo status di rifugiato. Secondo Loren Lendau, direttore del “Programma di studi sulle migrazioni forzate” all’università di Witwatersrand, i dati non indicano un fenomeno nuovo ma il rafforzarsi di una tendenza per così dire storica. “I diamanti del Sudafrica – dice lo studioso alla MISNA – sono stati estratti da braccia migranti, mozambicane o della Rhodesia”. All’origine di questo grande movimento di donne e uomini, che secondo l’Onu solo l’anno scorso ha coinvolto 200.000 richiedenti asilo, non ci sono sempre persecuzioni politiche. “La legislazione sudafricana – spiega Lendau – ha trasformato lo status di rifugiato in uno strumento per cercare lavoro in modo legale, senza rischiare l’espulsione”. Circa metà delle 2000 richieste di asilo giornaliere sono presentate alla polizia di frontiera di Musina, sul confine con lo Zimbabwe, un paese che attraversa una fase politica ed economica molto delicata. Secondo padre Efrem, che a Pretoria dirige la rivista comboniana ‘Worldwide’, il Sudafrica è divenuto una meta ancora più ambita con l’inizio dei Mondiali di calcio. “La festa di queste settimane – sostiene il missionario - è il racconto di un’Africa diversa, un sogno per i migranti”.
Agenzia Misna - “Il Sudafrica – racconta alla MISNA padre Efrem Tresoldi, un missionario comboniano che ha appena visitato questa baraccopoli di lamiere e filo spinato – è quasi una scelta obbligata per i migranti in fuga da guerre e povertà: l’economia tira, c’è stabilità politica, è possibile rifarsi una vita”. Possibile ma, almeno a Ikemeleng, nient’affatto scontato. “Colossi come ‘Impala’ o ‘AngloPlatinum’ – dice padre Efrem - subappaltano il reclutamento della manodopera a società minori, che lucrano sul costo del lavoro sfruttando la disperazione dei migranti”. Del Sudafrica come terra di immigrazione si parla e scrive molto dopo che, ieri, il ministero degli Interni ha diffuso nuove stime. Ogni giorno sono più di 2000 gli stranieri che presentano richiesta per ottenere lo status di rifugiato. Secondo Loren Lendau, direttore del “Programma di studi sulle migrazioni forzate” all’università di Witwatersrand, i dati non indicano un fenomeno nuovo ma il rafforzarsi di una tendenza per così dire storica. “I diamanti del Sudafrica – dice lo studioso alla MISNA – sono stati estratti da braccia migranti, mozambicane o della Rhodesia”. All’origine di questo grande movimento di donne e uomini, che secondo l’Onu solo l’anno scorso ha coinvolto 200.000 richiedenti asilo, non ci sono sempre persecuzioni politiche. “La legislazione sudafricana – spiega Lendau – ha trasformato lo status di rifugiato in uno strumento per cercare lavoro in modo legale, senza rischiare l’espulsione”. Circa metà delle 2000 richieste di asilo giornaliere sono presentate alla polizia di frontiera di Musina, sul confine con lo Zimbabwe, un paese che attraversa una fase politica ed economica molto delicata. Secondo padre Efrem, che a Pretoria dirige la rivista comboniana ‘Worldwide’, il Sudafrica è divenuto una meta ancora più ambita con l’inizio dei Mondiali di calcio. “La festa di queste settimane – sostiene il missionario - è il racconto di un’Africa diversa, un sogno per i migranti”.
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