venerdì, luglio 16, 2010
“Oggi ho visto donne che raccoglievano le foglie e poi le mescolavano a farina di miglio” dice alla MISNA padre Vito Girotto, missionario a Bomoanga, nella savana del Sahel che soffre la fame.

Agenzia Misna - Ieri l’ente dell’Onu per l’assistenza umanitaria (Ocha) ha chiesto ai donatori internazionali di moltiplicare gli sforzi, garantendo subito 253 milioni di dollari, quasi 200 milioni di euro. Le dimensioni del dramma erano state confermate alcune settimane fa da una visita del Commissario europeo Kristalina Georgieva, secondo la quale siccità e carestia colpiscono ormai sette milioni di nigerini, la metà della popolazione. Da Bomoanga, avamposto occidentale non lontano dal confine con il Burkina Faso, dicono alla MISNA che dopo le prime piogge del 20 Maggio sono già andate perse tre semine. “Piove sì e no una volta ogni due settimane, troppo poco” sospira padre Vito, della Società missioni africane (Sma). La speranza si è riaccesa Domenica scorsa, con un temporale che potrebbe finalmente annunciare la stagione umida, prima che a Settembre od Ottobre tutto torni a seccarsi. “Nei granai ormai non c’è più nulla - dicono alla MISNA - e Lunedì i contadini erano già lì a piantare miglio, sorgo e mais”. Secondo un recente studio del governo, condotto in collaborazione con il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef) e il Programma alimentare mondiale (Pam), la carestia minaccia o colpisce quasi quattro quinti della popolazione. Nell’intera regione del Sahel, ma soprattutto in Niger e nel vicino Ciad, 859.000 bambini con meno di cinque anni potrebbero soffrire di malnutrizione acuta, rischiando di contrarre malattie gravi o mortali. Oltre che dalle organizzazioni internazionali, un aiuto arriva dalla Chiesa locale e in particolare dalla Caritas Développement (Cadé). Nella zona di Bomoanga la Cadé ha distribuito a prezzi ribassati le riserve dei granai comunitari, strutture di “sicurezza” per i periodi che precedono i raccolti. Sementi selezionate, soprattutto fagioli, mais e miglio, sono entrate nelle case di 500 famiglie. L’emergenza soffoca anche le regioni di Maradi e Zinder, nel sud del Niger, dove secondo le fonti della MISNA “il 50 o il 60% della popolazione non ha nulla da mangiare”. Da quelle zone, da Maggio in poi, centinaia di famiglie sono partite su autobus strapieni verso il nord della Nigeria. “L’esodo della fame” aveva titolato un giornale locale, ricordando la carestia del 2005, quando stenti e povertà colpirono più di tre milioni di nigerini. Di recente il quotidiano del Burkina Faso “L’Observateur” ha accusato l’ex-presidente Mamadou Tandja, responsabile a suo dire di aver negato fino all’ultimo la crisi alimentare scoppiata dopo i pessimi raccolti dell’anno scorso. Difficile capire chi abbia la colpa e quanta ne abbia. Forse, suggeriscono i missionari di Bomoanga, c’entrano anche aziende senza regole che tagliano gli alberi della savana e portano i tronchi a Niamey. Di sicuro, sottolinea padre Vito, finora non si sono visti i pastori e le greggi che in questo periodo dell’anno tornano dal Burkina Faso. Chi resta da questa parte del confine spera magari di vendere le braccia per 1000 franchi al giorno, più o meno un euro e mezzo. Sono i lavori di “utilità sociale”, sovvenzionati dal governo: i contadini riempiono le buche delle strade o fanno semicerchi con i sassi, per fermare l’acqua e far rinascere l'erba.


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