Il Paese ha ricchi giacimenti di metalli e minerali pregiati. Ma è difficile sfruttarli per l’alto rischio di attentati. Ora India e Cina cercano di accaparrarsi i giacimenti. I talebani vogliono impedire lo sviluppo di economie alternative alla coltivazione di oppio, che essi controllano.
Kabul (AsiaNews/Agenzie) – Il sottosuolo afghano è ricco di minerali pregiati come ferro, rame e litio per un valore stimato di oltre mille miliardi di dollari. Ma la guerra ne ostacola lo sfruttamento, soprattutto per le ditte occidentali, bersaglio naturale dei terroristi islamici. Anche per questo l’economia della povera popolazione in molte zone rimane incentrata sulla coltivazione dell’oppio, controllata dai talebani. Ora ditte cinesi e indiane valutano se sfruttare questi giacimenti.
Estrarre minerali richiede tempo e strutture ben maggiori che pompare fuori petrolio. Occorre realizzare profonde gallerie ed estrarre tonnellate di roccia, realizzare elevatori, strade e ferrovie (la zona montuosa afghana non ha ferrovie né adeguate infrastrutture per l’elettricità) per un costo di miliardi di dollari per ogni miniera. I tempi sono lunghi, il rischio di attentati elevatissimo.
Maria Kuusisto, analista di Eurasia Group, spiega che gli investitori sono anche preoccupati per la limitata autorevolezza interna e internazionale del presidente afghano Hamid Karzai, lo scarso controllo del governo su molte province e la diffusa corruzione.
I tempi e i costi non scoraggiano India e Cina, affamate di risorse e che vedono una buona opportunità per la forzata assenza degli investitori occidentali. In vista del progressivo disimpegno militare Usa, Cina e India insieme a Iran e Pakistan sono impegnate ad accrescere la loro presenza nell’instabile regione. New Delhi ha già impegnato 1,2 miliardi di dollari per costruire strade, linee elettriche e il palazzo del parlamento, come gesti di buona volontà. Pechino aumenta i rapporti commerciali e investe nelle risorse, produce molti manufatti venduti nel Paese.
Nel 2007 una ditta del cinese Mettallurgical Group ha ottenuto il contratto per sfruttare i depositi di rame di Aynak. Anche se poi è stata accusata di avere vinto tramite “bustarelle”. In cambio i cinesi costruiranno strade, linee ferroviarie internazionali e altre infrastrutture per circa 4 miliardi di dollari.
Ora è già iniziata la competizione per il giacimento di ferro Hajiak, nell’Afghanistan centrale, che le ditte indiane come la Essar Mineralse la Rashtriya Ispat Nigam stimano pari a 1,8 miliardi di tonnellate di ferro di alta qualità.
Nella competizione entra anche il Pakistan, posto tra Afghanistan e India e che si oppone al transito di merci indiane nel suo territorio, cosa che va a vantaggio della Cina, con cui Islamabad ha una stretta collaborazione. I migliori giacimenti sono nel sud e nell’est del Paese, vicino al confine pakistano.
Ma il grande problema rimane la sicurezza, con i talebani pronti al sabotaggio. Se vince il terrorismo, nelle zone povere del Paese l’unica risorsa resterà la coltivazione di papavero da oppio, che è controllata dai talebani e rimane la loro grande fonte economica.
L’Afghanistan produce il 90% dell’oppio mondiale, da cui è estratta l’eroina, ed è pure il maggior produttore di hashish. Kabul e la comunità internazionale sono impegnati per convincere gli agricoltori a coltivare altro e la produzione è scesa del 22% nel 2009. (continua a leggere)
Kabul (AsiaNews/Agenzie) – Il sottosuolo afghano è ricco di minerali pregiati come ferro, rame e litio per un valore stimato di oltre mille miliardi di dollari. Ma la guerra ne ostacola lo sfruttamento, soprattutto per le ditte occidentali, bersaglio naturale dei terroristi islamici. Anche per questo l’economia della povera popolazione in molte zone rimane incentrata sulla coltivazione dell’oppio, controllata dai talebani. Ora ditte cinesi e indiane valutano se sfruttare questi giacimenti.
Estrarre minerali richiede tempo e strutture ben maggiori che pompare fuori petrolio. Occorre realizzare profonde gallerie ed estrarre tonnellate di roccia, realizzare elevatori, strade e ferrovie (la zona montuosa afghana non ha ferrovie né adeguate infrastrutture per l’elettricità) per un costo di miliardi di dollari per ogni miniera. I tempi sono lunghi, il rischio di attentati elevatissimo.
Maria Kuusisto, analista di Eurasia Group, spiega che gli investitori sono anche preoccupati per la limitata autorevolezza interna e internazionale del presidente afghano Hamid Karzai, lo scarso controllo del governo su molte province e la diffusa corruzione.
I tempi e i costi non scoraggiano India e Cina, affamate di risorse e che vedono una buona opportunità per la forzata assenza degli investitori occidentali. In vista del progressivo disimpegno militare Usa, Cina e India insieme a Iran e Pakistan sono impegnate ad accrescere la loro presenza nell’instabile regione. New Delhi ha già impegnato 1,2 miliardi di dollari per costruire strade, linee elettriche e il palazzo del parlamento, come gesti di buona volontà. Pechino aumenta i rapporti commerciali e investe nelle risorse, produce molti manufatti venduti nel Paese.
Nel 2007 una ditta del cinese Mettallurgical Group ha ottenuto il contratto per sfruttare i depositi di rame di Aynak. Anche se poi è stata accusata di avere vinto tramite “bustarelle”. In cambio i cinesi costruiranno strade, linee ferroviarie internazionali e altre infrastrutture per circa 4 miliardi di dollari.
Ora è già iniziata la competizione per il giacimento di ferro Hajiak, nell’Afghanistan centrale, che le ditte indiane come la Essar Mineralse la Rashtriya Ispat Nigam stimano pari a 1,8 miliardi di tonnellate di ferro di alta qualità.
Nella competizione entra anche il Pakistan, posto tra Afghanistan e India e che si oppone al transito di merci indiane nel suo territorio, cosa che va a vantaggio della Cina, con cui Islamabad ha una stretta collaborazione. I migliori giacimenti sono nel sud e nell’est del Paese, vicino al confine pakistano.
Ma il grande problema rimane la sicurezza, con i talebani pronti al sabotaggio. Se vince il terrorismo, nelle zone povere del Paese l’unica risorsa resterà la coltivazione di papavero da oppio, che è controllata dai talebani e rimane la loro grande fonte economica.
L’Afghanistan produce il 90% dell’oppio mondiale, da cui è estratta l’eroina, ed è pure il maggior produttore di hashish. Kabul e la comunità internazionale sono impegnati per convincere gli agricoltori a coltivare altro e la produzione è scesa del 22% nel 2009. (continua a leggere)
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