martedì, luglio 20, 2010
L'industria mineraria ha lanciato l'allarme platino. Il Sudafrica da solo costituisce circa il 75% del platino estratto nel pianeta.

di Diego Barsotti

GreenReport - Il paese è intenzionato a varare una legge volta a migliorare le condizioni di sicurezza nelle miniere, che potrebbe portare ad abbattere del 7% la produzione mondiale di questo elemento, utilizzato in gioielleria, odontoiatria, nel settore elettronico (termometri a resistenza, termocoppie, contatti pressoché inalterabili, elettrodi e altre parti di lampade a incandescenza), e nel settore chimico per apparecchiature altamente resistenti alla corrosione ad alta temperatura, per filiere di fibre di vetro e sintetiche.

Leghe platino-cobalto, fortemente ferromagnetiche, sono poi impiegate nella fabbricazione di magneti permanenti, mentre la gioielleria e l'odontotecnica utilizzano tuttora notevoli quantità di questo metallo, puro o in lega con oro, argento, o altri metalli dello stesso gruppo del platino. Una notevole percentuale della produzione primaria di platino (in particolare nel caso degli impieghi nel settore chimico e in gioielleria) viene recuperata e riutilizzata dopo eventuale raffinazione.

Un calo produttivo del 7% avrebbe sicuramente importanti ripercussioni, non tanto sul prezzo finale del metallo, dominato più da dinamiche finanziarie che da dinamiche economiche, quanto probabilmente sull'economia sudafricana, soprattutto se le regole fossero imposte a tutta l'industria del cromo e dei platinoidi. Il Sole 24 ore analizza in modo ragionieristico questa eventualità, raccogliendo stime di industrie, di banche e di analisti, fino alla rassicurazione di un big del settore come Xstrata «che ha in parte ridimensionato l'allarme quando ha riferito che il ministro delle miniere intende incontrare le singole imprese per valutare caso per caso eventuali modifiche alle regole di sicurezza».

Ora, lasciando da parte il fatto che appare piuttosto preoccupante che le intenzioni di un ministro siano diffuse (dettate? auspicate?) da un'industria e che magari di mezzo ci siano incomprensioni varie tra traduzioni e interpretazioni di agenzia di stampa, resta evidente il totale disinteressamento a qualsiasi questione sociale e umana, evidentemente sacrificabile di fronte alle magnifiche sorti e progressive del mercato.

La stretta ipotizzata deriva dall'ennesimo incidente sul lavoro in cui sono morti 5 minatori, va nella direzione di ridurre da 10 a 6 metri la distanza minima obbligatoria tra i pilastri lasciati a sorreggere queste miniere che vengono scavate orizzontalmente. In un mondo regolato solo ed esclusivamente dal feticcio del Pil e dal dogma della crescita è evidente che il rischio di perdere qualche decina di vite umane ogni anno appare più "sostenibile" di una riduzione del 7% di flussi di materia da immettere sul mercato, che ad ogni trasformazione e passaggio del suo ciclo di vita porterà benefici nelle tasche di pochi, pagati in realtà dai minatori e dagli abitanti dei territori depredati di risorse e violentati dai residui spesso tossici dell'estrazione e delle lavorazioni di questo minerale. Allo stato dei fatti si potrebbe dire che il gioco vale la candela o per essere più cinici che il morto vale bene uno zero virgola qualcosa di crescita del pil.

E non è solo un problema di paesi in via di sviluppo, perché guarda caso proprio tutto l'insieme di tutele sociali che hanno caratterizzato lo sviluppo dell'economia europea viene messo oggi in discussione in questa fase, dove tutto diventa sacrificabile, il welfare come l'ambiente, per uscire dall'emergenza della crisi della crescita.


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