Tra le 530 attività in corso di svolgimento in questi giorni al III Congresso mondiale per gli studi sul Medio Oriente (Wocmes, nel suo acronimo inglese), la ‘questione’ della crescente presenza cinese sulla scena internazionale e quindi anche mediterranea è uno dei temi ricorrenti.
Agenzia Misna - Se ne è parlato ancora ieri in uno dei seminari dedicato ai rapporti tra potenze emergenti e Medio oriente condotto da ricercatori spagnoli e filippini. Nella sua relazione, Eugenia Pecoraro, dell’Università autonoma di Barcellona (Spagna), ha fatto in particolare riferimento al Forum di cooperazione Cina-Africa tenuto in Egitto nel Novembre 2009 definendolo un momento ‘spartiacque’ e decisivo nell’impostazione di nuove relazioni tra il gigante asiatico e il continente africano. La Cina, è stato sottolineato, ha moltiplicato i suoi sforzi di cooperazione con i paesi del Nord Africa tanto da diventare il secondo partner commerciale di Algeria, Egitto, Giordania e Siria, e il terzo del Marocco. Una progressiva e crescente cooperazione economica accompagnata anche da un rapido aumento delle comunità cinesi presenti nel Mediterraneo. L’analisi delle direzioni assunte in politica estera da Pechino, secondo la ricercatrice, più che portare a chiusure dovrebbe invitare i paesi europei ad aprirsi nella stessa misura tenendo in considerazione le esigenze dei paesi del Maghreb rispetto alle quali Pechino sembra in questo momento corrispondere meglio. Di commistioni tra Mediterraneo ed estremo oriente si è occupato Henelito Sevilla, ricercatore dell’Università di Diliman (Filippine), affrontando il capitolo della crescente dipendenza delle economie asiatiche emergenti dai grandi produttori di petrolio e gas arabi. Una dipendenza, sostiene Sevilla, che sta ridefinendo la nozione di sovranità nazionale in paesi come Cina, Filippine e Tailandia. La scarsità di fonti energetiche, dice il ricercatore filippino, ha costretto questi paesi ad aprire le rispettive industrie nazionali e a trovare soluzioni di compromesso con attori transnazionali (come l’Opec, che riunisce i paesi produttori di petrolio) in aree tradizionalmente di competenza dello stato. Aperto due giorni fa, il Wocmes riunisce fino a Sabato 2650 partecipanti in rappresentanza di 72 paesi; di fatto diventato il più grande consesso di studiosi sul Medio Oriente, ha già superato nei numeri le passate edizioni di Mainz (Germania, 2002) e di Amman (Giordania, 2006).
Agenzia Misna - Se ne è parlato ancora ieri in uno dei seminari dedicato ai rapporti tra potenze emergenti e Medio oriente condotto da ricercatori spagnoli e filippini. Nella sua relazione, Eugenia Pecoraro, dell’Università autonoma di Barcellona (Spagna), ha fatto in particolare riferimento al Forum di cooperazione Cina-Africa tenuto in Egitto nel Novembre 2009 definendolo un momento ‘spartiacque’ e decisivo nell’impostazione di nuove relazioni tra il gigante asiatico e il continente africano. La Cina, è stato sottolineato, ha moltiplicato i suoi sforzi di cooperazione con i paesi del Nord Africa tanto da diventare il secondo partner commerciale di Algeria, Egitto, Giordania e Siria, e il terzo del Marocco. Una progressiva e crescente cooperazione economica accompagnata anche da un rapido aumento delle comunità cinesi presenti nel Mediterraneo. L’analisi delle direzioni assunte in politica estera da Pechino, secondo la ricercatrice, più che portare a chiusure dovrebbe invitare i paesi europei ad aprirsi nella stessa misura tenendo in considerazione le esigenze dei paesi del Maghreb rispetto alle quali Pechino sembra in questo momento corrispondere meglio. Di commistioni tra Mediterraneo ed estremo oriente si è occupato Henelito Sevilla, ricercatore dell’Università di Diliman (Filippine), affrontando il capitolo della crescente dipendenza delle economie asiatiche emergenti dai grandi produttori di petrolio e gas arabi. Una dipendenza, sostiene Sevilla, che sta ridefinendo la nozione di sovranità nazionale in paesi come Cina, Filippine e Tailandia. La scarsità di fonti energetiche, dice il ricercatore filippino, ha costretto questi paesi ad aprire le rispettive industrie nazionali e a trovare soluzioni di compromesso con attori transnazionali (come l’Opec, che riunisce i paesi produttori di petrolio) in aree tradizionalmente di competenza dello stato. Aperto due giorni fa, il Wocmes riunisce fino a Sabato 2650 partecipanti in rappresentanza di 72 paesi; di fatto diventato il più grande consesso di studiosi sul Medio Oriente, ha già superato nei numeri le passate edizioni di Mainz (Germania, 2002) e di Amman (Giordania, 2006).
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