Una speranza per i ragazzi del quartiere-ghetto di Scampia, a Napoli: i sogni possibili oltre l'illegalità
Una speranza per i ragazzi del quartiere-ghetto di Scampia, a Napoli: i sogni possibili oltre l'illegalità. Giovanissimi pusher che spacciano droga invece di andare a scuola; soldi sporchi che si accumulano assieme a l’ignoranza di cosa siano i valori della convivenza civile, sostituiti dal violento tirocinio offerto dalla malavita.
Radio Vaticana - E’ questa la realtà nella quale crescono e sono coinvolti i ragazzi di Scampia, il quartiere della periferia napoletana dove 80 mila persone vivono stipate in palazzi fatiscenti e in preda a una illegalità dilagante. Ma la speranza non è del tutto soffocata, come racconta Davide Cerullo nel suo libro-testimonianza intitolato “Ali bruciate. I bambini di Scampia”, scritto con il sacerdote, Alessandro Pronzato. E un altro sacerdote, il gesuita padre Fabrizio Valletti, parroco della chiesa di Santa Maria della Speranza a Scampia, lavora anch'egli per offrire alternative ai giovani del quartiere. Fabio Colagrande li ha intervistati entrambi, a cominciare dal religioso (ascolta):
R. – In questi ultimi anni, sono cresciute tante attività che non si sperava potessero nascere e crescere: associazioni come “Il Mammuth”, “Centro territoriale”. Ci sono esperienze attraverso le scuole, c’è la storica sede del “Gridas”, che ora è in crisi perché il Comune, l’Istituto delle Case popolari, lo vuole abbandonare, e che però è sempre viva e sempre partecipe. Ci sono i Fratelli delle Scuole Cristiane, suor Edoarda con la ludoteca… davvero una costellazione di iniziative, sviluppate negli anni. Anche se, purtroppo, la camorra rimane l’unica impresa che gestisce il territorio e che controlla l’economia.
D. – Davide, tutte queste iniziative della società civile e anche del mondo ecclesiale riescono a fare qualcosa. Ma, come diceva padre Fabrizio, la situazione resta durissima...
R. – Io credo che resti durissima: a vederla com’è, sei tentato a indietreggiare. Ma non si può. Non si può e non ce lo possiamo permettere, proprio perché c’è tanta gente, tante associazioni – come diceva padre Fabrizio – che non si vogliono arrendere. Quella è la Scampia che vince. Che vince contro un male che domina, che è la camorra. Però loro, come padre Fabrizio, come don Agnello, sono le segnaletiche della speranza e lì devono rimanere, proprio per vegliare sulla libertà e sui diritti dei bambini.
D. – Padre Fabrizio, c’è dunque una società civile molto attiva: molti uomini di fede, uomini di Chiesa si danno da fare a Scampia, come in altre realtà difficili. Eppure, non si riesce a fare il salto di qualità. Forse ci vorrebbe maggiore collaborazione tra mondo ecclesiale e mondo laico?
R. – In effetti, il mondo ecclesiale è quello è più presente nel quartiere. Proprio in questi giorni, don Vittorio Siciliani celebra 50 anni di sacerdozio e 40 da parroco a Scampia: veramente, un record, un servizio meraviglioso. Ecco: forse una spinta missionaria potrebbe dare a Scampia una maggiore credibilità come terreno di annuncio, un terreno dove le persone possono rendere un servizio disinteressato, gratuito, sereno e accogliente.
D. – Padre Fabrizio, il libro di Davide Cerullo scritto con don Alessandro Pronzato, le sue fotografie, invitano in qualche modo a fare un viaggio a Scampia. E’ un viaggio che lei consiglierebbe a qualcuno dei nostri ascoltatori?
R. – Da quando è stato fondato il Centro – e anche da prima – abbiamo un’esperienza molto bella durante l’estate. Le persone vengono. L’importante è che non vengano con la curiosità e con quella certa morbosa attenzione, ma che scoprano che bisogna costruire dei ponti di cultura e di comprensione. E che bisogna investire: bisogna che anche chi ha potere economico investa in una terra che non ha risorse di lavoro, che non ha risorse commerciali. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Radio Vaticana - E’ questa la realtà nella quale crescono e sono coinvolti i ragazzi di Scampia, il quartiere della periferia napoletana dove 80 mila persone vivono stipate in palazzi fatiscenti e in preda a una illegalità dilagante. Ma la speranza non è del tutto soffocata, come racconta Davide Cerullo nel suo libro-testimonianza intitolato “Ali bruciate. I bambini di Scampia”, scritto con il sacerdote, Alessandro Pronzato. E un altro sacerdote, il gesuita padre Fabrizio Valletti, parroco della chiesa di Santa Maria della Speranza a Scampia, lavora anch'egli per offrire alternative ai giovani del quartiere. Fabio Colagrande li ha intervistati entrambi, a cominciare dal religioso (ascolta):
R. – In questi ultimi anni, sono cresciute tante attività che non si sperava potessero nascere e crescere: associazioni come “Il Mammuth”, “Centro territoriale”. Ci sono esperienze attraverso le scuole, c’è la storica sede del “Gridas”, che ora è in crisi perché il Comune, l’Istituto delle Case popolari, lo vuole abbandonare, e che però è sempre viva e sempre partecipe. Ci sono i Fratelli delle Scuole Cristiane, suor Edoarda con la ludoteca… davvero una costellazione di iniziative, sviluppate negli anni. Anche se, purtroppo, la camorra rimane l’unica impresa che gestisce il territorio e che controlla l’economia.
D. – Davide, tutte queste iniziative della società civile e anche del mondo ecclesiale riescono a fare qualcosa. Ma, come diceva padre Fabrizio, la situazione resta durissima...
R. – Io credo che resti durissima: a vederla com’è, sei tentato a indietreggiare. Ma non si può. Non si può e non ce lo possiamo permettere, proprio perché c’è tanta gente, tante associazioni – come diceva padre Fabrizio – che non si vogliono arrendere. Quella è la Scampia che vince. Che vince contro un male che domina, che è la camorra. Però loro, come padre Fabrizio, come don Agnello, sono le segnaletiche della speranza e lì devono rimanere, proprio per vegliare sulla libertà e sui diritti dei bambini.
D. – Padre Fabrizio, c’è dunque una società civile molto attiva: molti uomini di fede, uomini di Chiesa si danno da fare a Scampia, come in altre realtà difficili. Eppure, non si riesce a fare il salto di qualità. Forse ci vorrebbe maggiore collaborazione tra mondo ecclesiale e mondo laico?
R. – In effetti, il mondo ecclesiale è quello è più presente nel quartiere. Proprio in questi giorni, don Vittorio Siciliani celebra 50 anni di sacerdozio e 40 da parroco a Scampia: veramente, un record, un servizio meraviglioso. Ecco: forse una spinta missionaria potrebbe dare a Scampia una maggiore credibilità come terreno di annuncio, un terreno dove le persone possono rendere un servizio disinteressato, gratuito, sereno e accogliente.
D. – Padre Fabrizio, il libro di Davide Cerullo scritto con don Alessandro Pronzato, le sue fotografie, invitano in qualche modo a fare un viaggio a Scampia. E’ un viaggio che lei consiglierebbe a qualcuno dei nostri ascoltatori?
R. – Da quando è stato fondato il Centro – e anche da prima – abbiamo un’esperienza molto bella durante l’estate. Le persone vengono. L’importante è che non vengano con la curiosità e con quella certa morbosa attenzione, ma che scoprano che bisogna costruire dei ponti di cultura e di comprensione. E che bisogna investire: bisogna che anche chi ha potere economico investa in una terra che non ha risorse di lavoro, che non ha risorse commerciali. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
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