mercoledì, luglio 14, 2010
La libertà di esprimere la propria fede è un diritto inalienabile di ogni essere umano e il suo rispetto è “via della pace”.

Radio Vaticana - Su questi concetti si sviluppa il tema che Benedetto XVI metterà al centro del suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2011. Nell’illustrarlo ieri con una nota, il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ha ribadito anzitutto che la libertà religiosa è una “libertà delle libertà”, che si contrappone ai tentativi di discriminazione, più o meno elaborati, con i quali si cerca oggi, in molte parti, di impedire l’espressione di un credo religioso. Alessandro De Carolis ne ha parlato con don Andrea Pacini, docente di Teologia alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale ed esperto di dialogo interreligioso (ascolta):

R. - Io credo che il Papa intenda sottolineare come, in fondo, la dimensione religiosa sia quella dimensione che esprima le aspettative più profonde dell’uomo. In questo senso, è "la libertà delle libertà", perché è quella dimensione così fondamentale in rapporto alla quale anche tutte le altre libertà di espressione, di associazione trovano garanzia di una corretta e anche reale possibilità di espressione. Dunque, ritengo che il Papa voglia in fondo dire come la libertà religiosa e di coscienza siano il cuore di tutte le altre libertà: che attraverso la coscienza, e non senza passare attraverso la coscienza, possano esprimersi.


D. - La nota esplicativa del tema per la prossima Giornata mondiale della pace distingue tra una religione professata in condizioni di minoranza, e quindi vittima di discriminazioni rispetto ad una che non è in condizioni di minoranza ma che deve comunque fronteggiare - si legge – “forme più sofisticate di marginalizzazione”. Quali sono queste “forme sofisticate”?



R. - Io penso che le forme sofisticate di marginalizzazione possano assumere fondamentalmente due aspetti: uno, a parer mio, può racchiudersi attraverso una malintesa comprensione del pluralismo culturale. Ad esempio oggi, in nome del rispetto - cosiddetto - del pluralismo culturale, si cerca di mettere a tacere, quindi di marginalizzare - penso agli ambiti scolastici ma anche ad altri ambiti pubblici - l’espressione di una particolare appartenenza religiosa: basti pensare alle famose controversie che ogni tanto appaiono sul presepio, nelle scuole in cui sono presenti studenti non di tradizione cattolica. Ebbene, è abbastanza interessante vedere come queste polemiche non sono praticamente mai innescate da questi studenti stessi o dalle loro famiglie, ma spesso dagli stessi insegnanti o da persone che tendono fondamentalmente a mettere a tacere le espressioni religiose di maggioranza o di minoranza, in nome di valori molto più astratti, molto meno aderenti, anche, alla vita delle persone, alle loro effettive appartenenze. Più in generale, si può pensare anche ad altre forme che in nome - anche qui - di una malintesa comprensione della laicità tendono un po’ a marginalizzare il ruolo della Chiesa o di altre religioni.



D. - Due anni fa, all’Onu, Benedetto XVI affermò: “Non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per godere dei propri diritti”. Secondo lei, come si sconfigge questa tendenza persecutoria?


R. - Questo penso sia una grande sfida che la Chiesa ha di fronte. Io credo la si possa sconfiggere con una ferma mitezza. Mitezza vuol dire mantenersi su un profilo evangelico, non cedere a tentazioni di altre logiche. Fermezza però vuol anche dire non venire meno nell’affermare la propria scelta di fede, nel cercare anche il più possibile di farla rispettare, e in questo stimolare una solidarietà internazionale delle Chiese, delle società civili e - perché no? - anche degli Stati, quando questo sia possibile e necessario.


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