Opg: acronimo surreale, poco quotidiano che semplifica addolcendo la dizione Ospedale psichiatrico giudiziario…
del nostro collaboratore redazionale Stefano Buso
Alla metà degli anni 70, specificamente nel 1975, una riforma moralizzò i manicomi criminali in Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg). Tre anni più tardi, la Legge Basaglia (n. 180 – 13 maggio 1978) fece smantellare tutti i manicomi civili, tranne gli Opg, dove non cambiò nulla. Allo stato attuale le strutture operative sono sei, dislocate ad Aversa (Ce), Montelupo Fiorentino (Fi), Castiglione dello Stiviere (Mn), Reggio Emilia, Napoli e Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. I primi cinque hanno seguito le sorti del “cambiamento” del 2008 che ha trasferito la sanità penitenziaria al SSN (Servizio Sanitario Nazionale), mentre all’ultimo della lista, Barcellona Pozzo di Gotto in Sicilia (Regione autonoma), non è mai stata applicata la riforma.
Nel giugno scorso, alcune ispezioni guidate da parlamentari di tutti gli schieramenti hanno effettuato visite a sorpresa negli Opg di Barcellona Pozzo di Gotto e Aversa, trovando situazioni drammatiche che hanno indignato gli astanti. Del resto, gli ultimi rapporti su queste realtà sono incontrovertibili. Attualmente circa 1500 pazienti scontano pene legate oppure riconducibili a stati di semi o totale infermità mentale, e la loro condizione viene definita da più parti “l’ergastolo bianco”. In pratica, si tratta di ammalati che a stento potranno sperare in un reinserimento nella società. Le immagini di quei luoghi trasmesse in televisione, divulgate dai giornali o recuperabili on line sono raggelanti. Pazienti smarriti, stressati dalla lunga detenzione, intontiti dalle terapie, probabilmente necessarie, che dovrebbero, nel limite del possibile, essere complementari al dialogo e all'umanità quale valore imprescindibile di ogni habitat di cura. La qualità della vita degli internati è quindi immune da qualsiasi quid emozionale: vivono giornate grigie, senza attività volte al recupero psico-fisico e, in talune circostanze, immersi nei loro stessi incubi, non di rado in condizioni igieniche deprecabili. Un passo di Franco Basaglia, uno dei più grandi psichiatri italiani, riporta, lapidario e profondo: “Dal momento in cui oltrepassa il muro dell'internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale”.
Decenni or sono si disse addio alla lobotomia chirurgica - ritenuta abominevole - per sposare quella chimica, grazie all’avvento di farmaci moderni. Invero, questo è avvenuto più di mezzo secolo fa! Oggi curare le sofferenze di chi è affetto da ferali squilibri psichici non dovrebbe corrispondere unicamente a privarlo del bene più prezioso, la libertà. La pratica della contenzione invece viene purtroppo ancora attuata (nei casi particolarmente gravi, a dire dei sanitari); di fatto resta una soluzione dissennata e squallida.
Ad aggravare il quotidiano dei pazienti è l’età avanzata delle strutture di detenzione. Locali fatiscenti, vetusti, poco indicati ad ospitare esseri umani provati. Il presidio di Aversa, ad esempio, fu costruito nel lontano1876, praticamente 130 anni fa, mentre l’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto venne inaugurato nel 1925, durante il governo Mussolini. Una nota positiva che fa ben sperare è che, tra le sei strutture citate, quella di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, viene spesso menzionata per decoro, modernità e funzionalità operativa, almeno così afferma chi ha avuto l’opportunità di visitarla.
L’esistenza di questi luoghi deve sconcertare la coscienza collettiva: si pensi a “poveri cristi” condannati per reati lievi, non per crimini ripugnanti, e reclusi da decenni. Per essere rinchiusi, è sufficiente esser bollati quali “incapaci di intendere e volere” al momento dell’azione delittuosa. Ai drammi umani si accodano ulteriori calvari personali. Le famiglie, frequentemente, si scordano (oppure fingono di farlo) dei loro congiunti internati, dando così un’ulteriore iniezione nociva all’esistenza di questi sfortunati. Spiace evidenziare queste angolazioni negative, soprattutto perché dirigenti, operatori e medici vivono loro stessi questo dramma.
Giuridicamente i carcerati degli Opg sono dei “prosciolti”, reputazione che li rende comunque colpevoli di quanto perpetrato, anche se incapaci di intendere e volere al momento della mossa sciagurata. Nella sostanza non sono punibili come i “delinquenti sani di mente”, però restano dei violenti, e di conseguenza la società, propensa alla prevenzione assicurata, li “parcheggia” negli Ospedali psichiatrici giudiziari. La reclusione, aggravata dalle limitazioni della malattia che talvolta peggiora, diventa così una sepoltura eterna. Decine, centinaia, migliaia di pietre tombali tenute nascoste dalla vita che all’esterno continua a pulsare.
Concludiamo con un inevitabile parallelismo con l’opera “Una giornata di Ivan Denisovic” di Solzenicyn. In quel caso gli internati del Gulag (campo di lavoro forzato per i dissidenti del sistema sovietico voluti dal compagno Stalin) non erano degli squilibrati mentali. In verità, qualcuno lo diventò davvero dopo lunghi anni di prigionia. La storia offre testimonianza delle scelleratezze cagionate dall’uomo ad altri suoi simili. Basterebbe fare uno sforzo e non dimenticare…
del nostro collaboratore redazionale Stefano Buso
Alla metà degli anni 70, specificamente nel 1975, una riforma moralizzò i manicomi criminali in Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg). Tre anni più tardi, la Legge Basaglia (n. 180 – 13 maggio 1978) fece smantellare tutti i manicomi civili, tranne gli Opg, dove non cambiò nulla. Allo stato attuale le strutture operative sono sei, dislocate ad Aversa (Ce), Montelupo Fiorentino (Fi), Castiglione dello Stiviere (Mn), Reggio Emilia, Napoli e Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. I primi cinque hanno seguito le sorti del “cambiamento” del 2008 che ha trasferito la sanità penitenziaria al SSN (Servizio Sanitario Nazionale), mentre all’ultimo della lista, Barcellona Pozzo di Gotto in Sicilia (Regione autonoma), non è mai stata applicata la riforma.
Nel giugno scorso, alcune ispezioni guidate da parlamentari di tutti gli schieramenti hanno effettuato visite a sorpresa negli Opg di Barcellona Pozzo di Gotto e Aversa, trovando situazioni drammatiche che hanno indignato gli astanti. Del resto, gli ultimi rapporti su queste realtà sono incontrovertibili. Attualmente circa 1500 pazienti scontano pene legate oppure riconducibili a stati di semi o totale infermità mentale, e la loro condizione viene definita da più parti “l’ergastolo bianco”. In pratica, si tratta di ammalati che a stento potranno sperare in un reinserimento nella società. Le immagini di quei luoghi trasmesse in televisione, divulgate dai giornali o recuperabili on line sono raggelanti. Pazienti smarriti, stressati dalla lunga detenzione, intontiti dalle terapie, probabilmente necessarie, che dovrebbero, nel limite del possibile, essere complementari al dialogo e all'umanità quale valore imprescindibile di ogni habitat di cura. La qualità della vita degli internati è quindi immune da qualsiasi quid emozionale: vivono giornate grigie, senza attività volte al recupero psico-fisico e, in talune circostanze, immersi nei loro stessi incubi, non di rado in condizioni igieniche deprecabili. Un passo di Franco Basaglia, uno dei più grandi psichiatri italiani, riporta, lapidario e profondo: “Dal momento in cui oltrepassa il muro dell'internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale”.
Decenni or sono si disse addio alla lobotomia chirurgica - ritenuta abominevole - per sposare quella chimica, grazie all’avvento di farmaci moderni. Invero, questo è avvenuto più di mezzo secolo fa! Oggi curare le sofferenze di chi è affetto da ferali squilibri psichici non dovrebbe corrispondere unicamente a privarlo del bene più prezioso, la libertà. La pratica della contenzione invece viene purtroppo ancora attuata (nei casi particolarmente gravi, a dire dei sanitari); di fatto resta una soluzione dissennata e squallida.
Ad aggravare il quotidiano dei pazienti è l’età avanzata delle strutture di detenzione. Locali fatiscenti, vetusti, poco indicati ad ospitare esseri umani provati. Il presidio di Aversa, ad esempio, fu costruito nel lontano1876, praticamente 130 anni fa, mentre l’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto venne inaugurato nel 1925, durante il governo Mussolini. Una nota positiva che fa ben sperare è che, tra le sei strutture citate, quella di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, viene spesso menzionata per decoro, modernità e funzionalità operativa, almeno così afferma chi ha avuto l’opportunità di visitarla.
L’esistenza di questi luoghi deve sconcertare la coscienza collettiva: si pensi a “poveri cristi” condannati per reati lievi, non per crimini ripugnanti, e reclusi da decenni. Per essere rinchiusi, è sufficiente esser bollati quali “incapaci di intendere e volere” al momento dell’azione delittuosa. Ai drammi umani si accodano ulteriori calvari personali. Le famiglie, frequentemente, si scordano (oppure fingono di farlo) dei loro congiunti internati, dando così un’ulteriore iniezione nociva all’esistenza di questi sfortunati. Spiace evidenziare queste angolazioni negative, soprattutto perché dirigenti, operatori e medici vivono loro stessi questo dramma.
Giuridicamente i carcerati degli Opg sono dei “prosciolti”, reputazione che li rende comunque colpevoli di quanto perpetrato, anche se incapaci di intendere e volere al momento della mossa sciagurata. Nella sostanza non sono punibili come i “delinquenti sani di mente”, però restano dei violenti, e di conseguenza la società, propensa alla prevenzione assicurata, li “parcheggia” negli Ospedali psichiatrici giudiziari. La reclusione, aggravata dalle limitazioni della malattia che talvolta peggiora, diventa così una sepoltura eterna. Decine, centinaia, migliaia di pietre tombali tenute nascoste dalla vita che all’esterno continua a pulsare.
Concludiamo con un inevitabile parallelismo con l’opera “Una giornata di Ivan Denisovic” di Solzenicyn. In quel caso gli internati del Gulag (campo di lavoro forzato per i dissidenti del sistema sovietico voluti dal compagno Stalin) non erano degli squilibrati mentali. In verità, qualcuno lo diventò davvero dopo lunghi anni di prigionia. La storia offre testimonianza delle scelleratezze cagionate dall’uomo ad altri suoi simili. Basterebbe fare uno sforzo e non dimenticare…
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