martedì, agosto 31, 2010
Il parlamento di Sarajevo, tra mille polemiche, vota la legge per proibire il velo integrale. Il 1 settembre 2010 il parlamento della Bosnia Erzegovina discuterà la proposta di legge dell'Alleanza dei Socialdemocratici Indipendenti (Snds) sulla proibizione del niqab.

di Francesca Rolandi

PeaceReporter - I divieti posti ai simboli religiosi islamici sono stati negli ultimi mesi un tema attuale nei dibattiti politici di diversi paesi europei e tale tendenza, in Bosnia Erzegovina, è accentuata dalle ben note linee di divisione nazionali che affliggono il Paese dall'ultima guerra. Se entrasse in vigore, la legge del velo integrale proibirebbe alle donne che lo indossano di mostrarsi in pubblico e dunque, praticamente, di uscire di casa. A sostenere la proposta, già più volte rigettata dal parlamento federale, è il partito egemone dell'intoccabile premier della Republika Srpska (Rs, dei serbi di Bosnia) Milorad Dodik, con l'appoggio di gran parte dell'opinione pubblica dell'entità a maggioranza serba, giustificando come una misura di sicurezza la proibizione di indossare un abbigliamento che impedisca l'identificazione del soggetto. Si menziona il pericolo del terrorismo, rafforzato dall'attentato alla stazione di polizia di Bugojno del 27 giugno.

Tuttavia, fino ad oggi, in Bosnia Erzegovina l'unico delitto accertato commesso da una donna indossante il velo integrale è il furto di 500 euro compiuto in una sala scommesse della provincia bosniaca da una donna sconosciuta in niqab, approfittando di una disattenzione dell'impiegata. Lo stesso Snds, inoltre, ha impedito l'approvazione di una legge che proibiva tutte le organizzazioni di fasciste e neonaziste, tra cui sarebbero state comprese quelle di ispirazione cetnica (nazionalista serba), sulla cui natura le polemiche sono roventi.
In realtà secondo il principio di continuità, sarebbe ancora in vigore la proibizione di indossare i tradizionali veli bosniaci sanzionata da una legge della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia nel 1950 che, ispirandosi a principi completamente diversi, avversava i "secolari segni di sottomissione e arretratezza delle donne musulmane" e puniva penalmente chi che avesse costretto una donna a portarli.

Che la proibizione del velo integrale violerebbe i diritti umani di coloro che per scelta lo indossano è opinione condivisa dalle associazioni per i diritti umani bosniache e dai partiti bosgnacchi (nazionalisti musulmani bosniaci) che hanno già respinto le precedenti proposte provenienti dalla Rs e si preparano a farlo ancora il 1 settembre. I membri croati, invece, si sono astenuti. In occasione dell'ultima votazione della Commissione per i diritti umani, del 27 luglio scorso, si sono svolte delle proteste pacifiche di fronte al parlamento, guidate da donne indossanti il niqab che hanno indirizzato una lettera ai parlamentari nella quale l'eventuale accettazione della proposta di legge veniva bollata come un passo sulla strada del fascismo. Le attiviste hanno esposto dei cartelli nei quali dichiaravano il niqab una loro scelta e un loro diritto. A guidarle Nadja Dizdarevic, attivista per i diritti umani divenuta famosa al largo pubblico per la sua opera in difesa del marito algerino detenuto a Guantanamo, il 28 luglio scorso si è presentata a volto coperto nel Parlamento mentre si discuteva della questione e in tal modo ha provocato scompiglio tra i parlamentari del Snds fino alla sospensione della seduta.

Se la situazione parrebbe speculare alla mappa etnica della Bosnia Erzegovina, però, all'interno della Federazione (che con la Rs forma lo stato) uno spicchio dell'opinione pubblica guarda con sospetto alla presenza dei "nuovi musulmani" dalle barba lunghe e dai pantaloni fino alla caviglia - in parte di origine bosniaca, in parte ex combattenti stranieri nella guerra degli anni '90, le cui mogli indossano il velo integrale -, fedeli dell'Islam wahabita o salafita. Costoro vengono spesso percepiti come un corpo estraneo alla società, portatore di tradizioni religiose estranee alla penisola balcanica, verso il quale i vertici religiosi e politici bosgnacchi si sarebbero rivelati troppo tolleranti, come è stato accusato da più parti dopo l'attentato di Bugojno. Se la questione esistente ed è scottante, lo è altrettanto il rischio di giudicare una persona non dalle sue azioni ma dalla categoria a cui la sua apparenza lo riconduce.


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