sabato, agosto 21, 2010
Partono i primi i voli per il rimpatrio dei rom in Bulgaria e Romania

PeaceReporter - Autorizzando il volo decollato da Lione alle 12:55 del 19 agosto, destinazione Bucarest, il governo francese guidato dal presidente Nicholas Sarkozy ha seguito il dogma dei nazionalismi europei secondo cui insicurezza vuol dire immigrazione che, a sua volta, vuol dire delinquenza. A bordo dell'aereo c'erano 93 rom espulsi dal suolo francese: e non bastano 300 euro di incentivo per ognuno di loro per definire queste persone dei "rimpatriati volontari", come subito si sono affrettati a precisare da Quai d'Orsay. Il piano sicurezza approntato da Sarkozy prevede un ulteriore volo il 20 agosto per un centinaio di rom, un altro il 26 agosto e un altro ancora entro fine settembre. L'obiettivo è quello di rimpatriare, in Romania e Bulgaria, circa 700 rom nell'arco temporale di tre mesi. Sarebbe alquanto da ipocriti cercare delle parole diverse per definire quella che si chiama espulsione collettiva su base etnica.

Le misure di sicurezza sono state approvate in una riunione ad hoc convocata dallo stesso Sarkozy lo scorso 28 luglio. All'ordine del giorno c'era da discutere "il comportamento di taluni appartenenti alle comunità rom e nomadi". Il ministro dell'Interno, Brice Hortefeux, ha ricevuto mandato di smantellare 300 campi ritenuti illegali, nel più breve tempo possibile. Il solerte Hortefeux non ha mancato di scandire il ruolino di marcia annunciando la chiusura di 51 campi nelle prime tre settimane. Cinquantadue con quello chiuso stamattina a Saint Martin d'Hères con l'ausilio di 150 poliziotti in tenuta antisommossa.

Le voci di opposizione hanno immediatamente denunciato la deriva populista e xenofoba del Paese a cui la civiltà moderna occidentale - negli ultimi due secoli - ha sempre guardato come alla Maestra dei diritti civili e dell'uguaglianza. Per Noel Manere, esponente dei verdi, i rom sono stati usati come capro espiatorio, un elemento per distrarre l'opinione pubblica dall'impasse politica in cui si trova il presidente (a seguito del caso Bettencourt). E a Sakozy si sono accodati tutti gli altri politici, che in vista delle elezioni del 2012, cominciano a muoversi per raccogliere i consensi di una società che, in tempi di crisi, ha grandi paure e senso di insicurezza.

La questione che riguarda l'espulsione dei rom (il rimpatrio volontario, secondo il governo) è composta da diversi altri fattori: Sarkozy, il 28 luglio, ha dichiarato guerra ai rom e ai nomadi accomunando i primi ai secondi. Sorvolando in questa sede sulla secolare attribuzione di una natura criminogena al popolo rom - riaffermata implicitamente oggi da Sarkozy, ma ci piace ricordare che anche il nostro Presidente del consiglio Silvio Berlusconi nella campagna del 2008 prometteva tolleranza zero nei confronti di "delinquenti, clandestini e rom"- ciò che conta sottolineare è che il 95 per cento dei nomadi in Francia sono francesi: i padri e i nonni di queste persone hanno combattuto per difendere il territorio all'ombra dell'Eliseo. Che farne di loro? Questi non possono essere cacciati, neanche con un contributo di 300 euro a persona. Ma c'è un effetto: nonostante Sarkozy sia stato costretto a rettificare e a operare una distinzione tra rom e nomadi, nelle menti dei francesi "stanziali" - che considerano un disvalore l'ancestrale elemento del libero movimento in questo mondo - il sillogismo rom-nomade-delinquente si è già consolidato. E per questo motivo, non c'è da indignarsi se a una donna o a un uomo inquadrati in questo profilo viene interdetto l'ingresso in un grande supermercato francese, che, se lasciati entrare, li si pedini tra gli scaffali o li si perquisisca prima dell'uscita: su di loro è impresso l'indelebile marchio della presunzione di delinquenza.

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