Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Conservation Biology pare che gli elefanti abbiano più paura dell’uomo che delle detonazioni della dinamite usata per estrarre il petrolio dal sottosuolo.
di Sara Stulle
OggiScienza - Atterrato in Africa Centrale nella Repubblica del Gabon (tra la Guinea Equatoriale, il Camerun e il Congo) per documentare l’importanza dell’esportazione del petrolio per l’economia dello Stato, il giornalista Mitch Smith del New York Times, si è immediatamente accorto che sul lato del terminale dell’aeroporto una bandiera della Shell svolazzava nell’aria insieme a quella gabonese e, scrive nel suo articolo “Oil or elephants”, “nella città di circa 8.000 residenti, costruita quasi interamente dalla Shell, praticamente ogni essere vivente è legato direttamente o indirettamente al campo del petrolio”. Ma il Gabon possiede un’altra ricchezza: gli elefanti delle foreste (Loxodonta cyclotis) che, numerosi, vivono liberamente spesso accanto ai siti di trivellazione. Ecco perché Peter Wrege e collaboratori hanno deciso di monitorare questa specie unica di elefanti (ben più rara dei comuni elefanti della savana) per capire quanto queste attività umane così rumorose possano disturbare gli enormi mammiferi.
Per far ciò i ricercatori hanno utilizzato alcune strumentazioni bioacustiche digitali simili a quelle che vengono usate per il monitoraggio delle balene e si sono messi ad ascoltare i suoni della natura. Dato che gli elefanti sono creature particolarmente “vocali”, le strumentazioni hanno potuto raccogliere tutti i loro suoni a bassa frequenza. Così i ricercatori sono stati in grado di stimare il numero di elefanti, nonostante la difficoltà causata dalla altissima densità della foresta, determinare i cambiamenti stagionali, i movimenti, il comportamento riproduttivo e soprattutto comprendere quanto siano disturbati dalle detonazioni della dinamite utilizzata per l’estrazione del petrolio.
Le rivelazioni hanno mostrato che nei luoghi delle detonazioni gli elefanti continuavano a vivere la loro vita sia durante il giorno che durante la notte, ma paradossalmente diventavano molto più notturni nelle zone dove erano soliti muoversi (ovviamente di giorno) gli operai impiegati. Pare, perciò, che gli elefanti temano di più la presenza dell’uomo che le esplosioni: se, infatti le esplosioni possono essere scambiate per intensi tuoni, l’uomo è percepito proprio per quello che, per questi animali, è sempre stato: un predatore.
di Sara Stulle
OggiScienza - Atterrato in Africa Centrale nella Repubblica del Gabon (tra la Guinea Equatoriale, il Camerun e il Congo) per documentare l’importanza dell’esportazione del petrolio per l’economia dello Stato, il giornalista Mitch Smith del New York Times, si è immediatamente accorto che sul lato del terminale dell’aeroporto una bandiera della Shell svolazzava nell’aria insieme a quella gabonese e, scrive nel suo articolo “Oil or elephants”, “nella città di circa 8.000 residenti, costruita quasi interamente dalla Shell, praticamente ogni essere vivente è legato direttamente o indirettamente al campo del petrolio”. Ma il Gabon possiede un’altra ricchezza: gli elefanti delle foreste (Loxodonta cyclotis) che, numerosi, vivono liberamente spesso accanto ai siti di trivellazione. Ecco perché Peter Wrege e collaboratori hanno deciso di monitorare questa specie unica di elefanti (ben più rara dei comuni elefanti della savana) per capire quanto queste attività umane così rumorose possano disturbare gli enormi mammiferi.
Per far ciò i ricercatori hanno utilizzato alcune strumentazioni bioacustiche digitali simili a quelle che vengono usate per il monitoraggio delle balene e si sono messi ad ascoltare i suoni della natura. Dato che gli elefanti sono creature particolarmente “vocali”, le strumentazioni hanno potuto raccogliere tutti i loro suoni a bassa frequenza. Così i ricercatori sono stati in grado di stimare il numero di elefanti, nonostante la difficoltà causata dalla altissima densità della foresta, determinare i cambiamenti stagionali, i movimenti, il comportamento riproduttivo e soprattutto comprendere quanto siano disturbati dalle detonazioni della dinamite utilizzata per l’estrazione del petrolio.
Le rivelazioni hanno mostrato che nei luoghi delle detonazioni gli elefanti continuavano a vivere la loro vita sia durante il giorno che durante la notte, ma paradossalmente diventavano molto più notturni nelle zone dove erano soliti muoversi (ovviamente di giorno) gli operai impiegati. Pare, perciò, che gli elefanti temano di più la presenza dell’uomo che le esplosioni: se, infatti le esplosioni possono essere scambiate per intensi tuoni, l’uomo è percepito proprio per quello che, per questi animali, è sempre stato: un predatore.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.