domenica, agosto 29, 2010
Oggi la Bibbia è ampiamente disponibile in un solo volume, facile da leggere e spesso abbastanza piccola per adattarsi a una tasca.

Custodia.org - Spesso non si comprende il vantaggio che si ha di potersi confrontare con persone che vissero nel primo secolo. La forma consueta del libro di allora era il rotolo di pergamena; un libro con le pagine, il codice, in quel tempo era usato in genere per prendere annotazioni. Si sviluppò nella forma di libro comune nel corso dei successivi due o tre secoli. Questo significa che un ebreo, possessore di una Bibbia al tempo di Gesù, finiva per avere una bracciata di rotoli. Dal momento che ogni copia era scritta a mano, i libri non erano economici, sebbene non avessero un costo esagerato. Per scrivere una copia di un libro corposo come quello di Isaia uno scriba professionista poteva impiegare più o meno tre giorni di lavoro, così il prezzo del rotolo doveva coprire il salario e il costo dei materiali. E’ tuttavia impensabile che fossero in molti gli ebrei che avessero una copia di tutte le Scritture, ma, stando a Luca 4, un piccolo borgo come Nazaret aveva una copia di Isaia nella sua sinagoga, dove senza dubbio si conservavano i rotoli della Torah e, probabilmente, il resto della Bibbia ebraica.

Luca scrive che a Nazaret Gesù lesse brani dal libro di Isaia, mentre le frequenti citazioni nel suo Vangelo della Scrittura mostrano che ne aveva familiarità. Il solo episodio nel quale Gesù è colto nell’atto di scrivere è quello dell’adultera, quando incomincia a scrivere sul terreno col dito (Gv 8,1-11).

Qual era la situazione nella Palestina del primo secolo? Quanto era diffusa la scrittura? Normalmente gli studiosi del Nuovo Testamento pensano che i Vangeli furono scritti circa nel 70 d.C. o poco più tardi, dopo la caduta di Gerusalemme. Una ragione per cui furono scritti si pensa che sia stata la volontà di evitare l’eclisse delle testimonianze oculari. Fino a quel momento, molto di quanto si conosceva delle parole e degli atti di Gesù dipendeva dalla tradizione orale: la gente raccontava oralmente ciò che aveva ascoltato e visto.

Di sostiene che la scrittura fosse riservata agli affari di governo e ai circoli religiosi e non avrebbe avuto spazio presso la classe contadina di Galilea. La teoria secondo cui la scrittura era nelle mani di una élite di professionisti istruiti e che la lettura richiedeva un’istruzione approfondita, un privilegio di pochi, non è del tutto vera. Le scoperte archeologiche e altre prove mostrano infatti il contrario, che leggere e scrivere erano attività diffuse nella Palestina del tempo di Gesù. Non è detto, naturalmente, che tutti sapessero leggere e scrivere, e che coloro che sapevano leggere erano anche in grado di scrivere.

La scoperta più importante del ventesimo secolo in questa zona è stata certamente quella dei Rotoli del Mar Morto. Qui sono state trovate dozzine di libri scritti e usati dai membri di una setta religiosa ebraica ristretta esistita tra il primo secolo a.C. e il primo d.C. Questa scoperta ha permesso di conoscere il costume di copiare con assiduità le Scritture sacre e altri libri, e nello stesso tempo la procedura della creazione di nuovi testi.

Torniamo ai Rotoli. E’ stata l’estrema aridità della regione che ne ha reso possibile la conservazione, sebbene alcuni si siano gravemente danneggiati. Le particolari condizioni ambientali hanno conservato in nascondigli documenti dei tempi della seconda rivolta ebraica, capeggiata da Bar Kochba nel 132-135 d.C. Gruppi di rifugiati presero con sé questi documenti, quando cercarono riparo nelle appartate grotte vicine al Mar Morto, più a sud dell’area di Qumran dove sono stati rinvenuti i Rotoli.

Furono trovati alcune parti di rotoli della Bibbia e anche diverse lettere e atti legali. Alcune lettere sono di Bar Kochba o indirizzate a lui. Un archivio, appartenente ad una donna, si è conservato in un antico otre da vino. Gli atti sono scritti in greco e aramaico, riguardano la proprietà di beni, debiti, accordi matrimoniali e di divorzio. Alcuni di questi sono riconducibili alla metà del primo secolo o appena più tardi e così illustrano il genere di documenti legali che venivano scritti nel periodo del Vangelo. Un atto di divorzio è simile in molti elementi alla tradizionale ketubah ebraica (accordo prematrimoniale) e anche ad un atto di divorzio tra due idumei del secondo secolo a.C., scritto su un frammento di vaso rinvenuto a Marisa in Giudea. Al di fuori della Valle del Giordano e del deserto del Mar Morto, di documenti su papiro in Palestina non ne sopravvivono: si sono consumati nel suolo umido. Il fatto che non siano stati scoperti non significa che non siano esistiti. La registrazione di un debito tra i documenti della seconda rivolta può servire da esempio per le annotazioni del debito che Gesù aveva in mente quando raccontò la parabola dell’amministratore infedele che ordina al creditore del suo padrone: “Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito” metà dell’importo (Luca 16,6-7). La possibilità che uomini comuni si comportassero in questo modo è un dato assodato. Anche se la gente in genere non sapeva scrivere, aveva nozione della scrittura e a volte si confrontava con essa e con il suo potere.

Giuseppe Flavio riferisce che, quando scoppiò la prima rivolta, uno dei principali obiettivi dei ribelli fu di bruciare un edificio di un archivio a Gerusalemme che conservava documenti riguardanti debiti (Guerra Giudaica 2.247). I ribelli sapevano che quelle registrazioni avrebbero potuto danneggiarli. I testi legali del secondo secolo provenienti dalle grotte di Bar Kochba ne comprendono diversi che sono firmati dallo scriba di turno e da testimoni. Alcuni di questi firmavano con una scrittura fluida e semplice, altri con lettere elaborate; lo scriba firmava a nome di qualcuno che non sapeva scrivere. Le tavolette di legno, rivestite di cera, costituivano nell’impero romano un supporto molto diffuso per la scrittura. Ne sono state portate alla luce esemplari in vari luoghi del mondo romano, dove favorevoli condizioni hanno evitato che il legno si deperisse.

Di recente ha attirato l’attenzione un altro tipo di tavoletta in legno, composta da assicelle fini come sottili fogli di legno, su cui potevano essere scritti appunti e messaggi. Ne sono state scoperte centinaia presso la fortezza di Vindolanda sulle mura di Adriano. Erano state sepolte all’inizio del secondo secolo. Tutte le truppe nell’esercito le usavano, dal comandante della guarnigione e sua moglie agli uomini della fanteria e agli schiavi. Una parte di questo genere di tavoletta è stata trovata anche tra i manoscritti di Bar Kochba.

Benchè non fosse possibile che gli scritti su papiro, pelle e legno si conservassero nella maggior parte dei luoghi – gli archivi dell’antica città di Roma, per esempio, sono andati perduti – in alcuni invece sono arrivati fino a noi insieme ad altri tipi di scritti. In Palestina vengono rinvenute centinaia di piccole monete in bronzo coniate dai sovrani ebrei nel primo secolo a.C. Quelle coniate da Alessandro Ianneo recano il suo nome e i titoli scritti in ebraico e greco o ebraico e aramaico. Le monete di Erode e i sui figli hanno solo leggende in greco, e lo stesso vale per le monete dei governatori romani. Ogni ebreo osservante pagava la tassa annuale di mezzo shekel al tempio, e le autorità del tempio chiedevano che fosse pagata in monete d’argento di Tiro, che pure recavano parole in greco. Quando esplose la prima rivolta, i ribelli impressero le lettere dell’ebraico antico sulle loro monete. Nel primo secolo la diffusione del greco insieme all’aramaico e all’ebraico appare evidente anche dagli avvisi pubblici scritti in greco affissi a Gerusalemme.

Gli scritti sopravvivono in una seconda fonte della Palestina di Erode: le sepolture. Nella Gerusalemme del primo secolo, era consueto lasciare il corpo di un familiare nella tomba di famiglia per un anno e poi raccogliere le ossa e riporle in un contenitore, un ossuario. Questo costume faceva guadagnare spazio nella tomba. Gli ossuari di legno si sono decomposti; molti erano in pietra e si sono conservati. Sulle pareti di numerosi ossuari di pietra venivano incisi i nomi dei defunti con un oggetto appuntito, forse un chiodo, o vi erano scritti con un carboncino. I pochi nomi e titoli rimasti costituiscono un affascinante studio. Sono registrati la maggior parte dei nomi propri presenti nei Vangeli, fornendo la prova che quelli erano nomi comunemente usati nel primo secolo. Le forme con cui appaiono scritti fanno capire che questi graffiti non erano, per la gran parte, opera di scribi professionisti, ma venivano scritti per iniziativa dei familiari che si preoccupavano di identificare i loro congiunti.

I papiri, la pelle per i rotoli, le tavolette e i fogli di legno erano preparati per servire da supporto alla scrittura, ma si trovava un tipo di materiale gratuito e facilmente reperibile: i frammenti di ceramica. Il vasellame antico era costituito di solito da semplice terracotta che si rompeva facilmente. I pezzi erano sparsi per le strade, nei cortili delle città e dei villaggi, quindi abbondavano pezzi di carta gratuiti. Si poteva abbozzare un appunto o un messaggio su un coccio raccolto per strada e poi buttarlo via. L’alfabeto ebraico rinvenuto su un frammento a Khirbet Qumran ne è un buon esempio.

Nel corso degli scavi a Masada sono stati trovati molti pezzi in ceramica e ostraca con iscrizioni lasciati dai ribelli ebrei che resistettero contro i romani fino al 73 d.C. Ci sono annotazioni in greco circa le provviste di orzo e in ebraico per la distribuzione del pane. Nelle liste di persone appaiono “i gadareni” e “Bar Gesù”. Dei piccoli frammenti recano singoli nomi con una lettera dell’alfabeto ebraico, e decine hanno una lettera ebraica, una greca e una di ebraico antico. Questi probabilmente costituivano dei buoni per un sistema di razionamento durante l’assedio. Questa è la spiegazione più probabile per i frammenti che presentano un solo nome, che l’archeologo Yigael Yadin, basandosi sulle descrizioni di Giuseppe, ipotizzò potessero essere gli individui che gli ultimi difensori di Masada designarono per decidere chi avrebbe ucciso l’ultimo di loro.

Tutte queste scoperte sono state effettuate in Giudea. La Galilea era in condizioni diverse? Uno studioso ha dichiarato che anche la tecnologia più semplice, qual è la scrittura, non era disponibile. Nella regione è stato scavato relativamente poco materiale risalente al primo secolo, soprattutto perchè i siti hanno continuato ad essere occupati, e più tardi i resti sono stati distrutti o hanno coperto quelli precedenti, come è successo a Cafarnao. Solamente a Gamla nel Golan è stata esplorata in modo più esteso una città del primo secolo. Eppure con la costruzione di Zippori e poi di Tiberiade, con il confine tra la Galilea e il Golan a Betsaida, e la frontiera con Ippo e Gadara un po’ più a sud (città sotto il governatore della Siria dopo la morte di Erode), ci sarebbe stato abbastanza da scrivere.

Oltre alle istruzioni per i costruttori e le provviste per i palazzi reali e le ville dei nobili, appunti e liste di consegne, e conti di pagamenti fatti, c’erano le normali registrazioni degli esattori delle tasse e degli ufficiali doganali. Ci si chiede se coloro che ascoltarono Gesù predicare poterono scrivere ciò che udirono. I taccuini costituiti da tavole di cera spesso erano piccoli ed entravano nel palmo della mano, forse erano attaccati alla cintura o al polso per scrivere splendide parole come “Benedetti coloro che piangono, perché saranno consolati” oppure “Io e il Padre siamo uno”. Gli esattori delle tasse, per esempio, come Matteo, avrebbero avuto la loro tavoletta con sé. La gente scriveva lettere, e un confronto con l’Egitto mostra che scrivevano ogni genere di cose: un ragazzo che chiedeva l’attenzione di suo padre, un rapporto militare. Si possono immaginare perciò sacerdoti o loro emissari in Galilea che inviavano rapporti scritti riguardanti Gesù di Nazaret ai loro colleghi a Gerusalemme.

C’è naturalmente differenza tra prendere appunti, scrivere rapporti e lettere, e scrivere un libro. Ci si chiede se qualcuno annotò in un libro le parole di Gesù durante la sua vita. Gli esperti dei Vangeli sostengono che in un primo periodo si ebbe solo una registrazione orale dei racconti e detti di Gesù. A prova di ciò vi è una regola rabbinica che proibiva di scrivere le parole di un maestro o qualsiasi cosa di contenuto religioso, se non le Scritture, nel timore che altri scritti si confondessero con i testi sacri. Le fonti rabbiniche permettevano di annotare appunti delle parole di un maestro su tavolette. Ora uno straordinario e singolare documento tra i Rotoli del Mar Morto inverte questa posizione. Sono stati identificati frammenti di sei copie appartenenti a un libro contenente decisioni di un’autorità anonima. Il testo è conosciuto come MMT (Miqsat Ma`aseh ha Torah - “Alcuni degli insegnamenti della Legge”). E’ scritto alla prima persona plurale, ma non è certo se ciò faccia riferimento a un gruppo di maestri o sia un uso di “pluralis maiestatis” della somma autorità del gruppo. Le norme sono fissate per contraddire i principi di un altro gruppo, un partito che può essere identificato con quello che più tardi divenne il rabbinismo dominante nel giudaismo. Il modo di procedere del testo è simile all’atteggiamento di Gesù nel sermone sul monte: “Voi avete udito che fu detto … ma io vi dico”. Uno dei principali studiosi dei Rotoli del Mar Morto non ha dubbi che il documento fu scritto al tempo in cui le norme furono scritte.

Queste testimonianze portano alla conclusione che c’erano molti più scritti in Palestina nel periodo del Vangelo di quanto sia stato normalmente ammesso. Quando Luca dice che trovò fonti più attendibili mentre compilava il suo Vangelo, si può supporre che ebbe la possibilità di leggere appunti scritti da testimoni oculari del tempo in cui Gesù parlava. Nessuna di queste fonti è sopravvissuta, che siano esistite è un’ipotesi, eppure la normale diffusione della scrittura rende la loro esistenza plausibile. Il materiale comune ai Vangeli Sinottici (fonte Q) può certo derivare da un testo scritto molto antico. Le lettere di Paolo e quelle di altri autori neotestamentari provano che la scrittura era diffusa nei primi decenni della vita della Chiesa, e l’importanza riconosciuta ai testi scritti nella Chiesa è evidenziata dal numero dei frammenti di papiro che datano dalla metà del secondo secolo in poi rinvenuti nel medio Egitto. Non vi è ragione di credere singolare il fatto che la Chiesa in Egitto avesse questi testi, la loro sopravvivenza è puramente casuale. Anche altrove, nell’impero romano e nelle regioni orientali, certamente circolavano.

Gli argomenti fin qui addotti dovrebbero indurre a dare molto più peso di quanto si è fatto finora al ruolo che ha avuto l’alfabetizzazione, e quindi la capacità di scrivere, nella conservazione della memoria delle parole e degli atti di Gesù.

Adattamento: R.P.

Fonte: Alan Millard, Bible Interpretation


È presente 1 commento

Anonimo ha detto...

ottima descrizione di come in quel tempo le parole e gli scritti ci aiutano a capire oggi la non semplice quotidianità dell'esistenza dell'uomo al tempo di Gesù. grazie. ude

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