giovedì, agosto 19, 2010
Oggi, 19 agosto, cade la giornata mondiale degli operatori umanitari. Il World Humanitarian Day è in parte dedicato alla memoria di quanti hanno perso la vita nel compimento del loro lavoro di assistenza e soccorso alle popolazioni in difficoltà, soprattutto nelle zone di guerra.

di Kristalina Georgieva, Commissario Europeo per la cooperazione internazionale, gli aiuti umanitari e la risposta alle crisi

Corriere della Sera - I soccorritori fanno un mestiere difficile. In questi giorni li vediamo circondati da fiamme e inondazioni. Ma il lavoro più pericoloso è fatto da coloro che lavorano in aree di guerra. Lo sapevate che l'anno scorso il numero di lavoratori del settore umanitario morti in azione è stato superiore a quello dei peacekeeper delle Nazioni Unite? Lo sapevate che in un decennio il numero di uomini e donne che hanno perso la vita in servizio per l'umanità è triplicato - da 30 nel 1999 a 102 nel 2009? E il numero di sequestri è salito da 20 a 92?

Non sapevo di queste statistiche fino a quando non ho assunto il mio incarico di Commissario per gli aiuti umanitari dell'Unione Europea (UE). Da allora ho viaggiato in molti luoghi dove la gente deve affrontare quotidiani problemi e rischi per la propria sicurezza. Nel giugno scorso, ho visitato i progetti di aiuti umanitari finanziati dall'UE in Darfur. Ho incontrato operatori umanitari nella città di Nyala, uno dei rari luoghi in Darfur considerato relativamente sicuro. Due giorni dopo la mia visita, due persone dello staff umanitario che lavoravano lì sono stati rapiti appena fuori dai loro uffici. Fortunatamente sono stati rilasciati poco dopo, ma le preoccupazioni sulla sicurezza di chi lavora nella zona rimane alta.

Oggi, il lavoro umanitario soffre di una maggiore esposizione a rischi di sicurezza: dalle molestie, alle minacce, ai rapimenti agli omicidi. Solo un paio di giorni fa otto operatori umanitari stranieri sono stati brutalmente assassinati in Afghanistan.

Quest’anno, in un altro attacco a sangue freddo, sei loro colleghi sono stati uccisi in Pakistan. Erano professionisti e non hanno perso la vita perché sono stati imprudenti. La verità raccapricciante è che sono sempre più bersagli prescelti. La protezione di base tradizionale degli operatori umanitari - che tutti i belligeranti promettono di “accettare”, in linea con la rigorosa applicazione dei principi umanitari di neutralità, indipendenza e non discriminazione - è sempre più contestata di fatto nei conflitti di oggi.

In alcuni casi, gli operatori umanitari vengono presi appositamente di mira perché considerati imbarazzanti "testimoni oculari" delle atrocità perpetrate contro i civili, come accade nelle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo. In altri casi, sono attaccati perché parte di un programma politico o ideologico, come in Afghanistan. Il rapimento degli operatori umanitari in alcune aree è diventato anche un business redditizio, economicamente parlando.

Quali che siano le motivazioni di fondo, tutti questi atti non danneggiano soltanto le persone. Minano la nostra fiducia nei valori universali di umanità e di solidarietà, a prescindere dalla religione, cultura, razza o considerazioni politiche.

I luoghi più pericolosi per il personale di soccorso, come l'Afghanistan, Somalia e Sudan, sono in realtà anche quelli in cui i bisogni umanitari sono maggiori. E con il continuo restringersi dello spazio umanitario, i soccorritori si trovano spesso di fronte a un dilemma morale straziante: mantenere un'ancora di salvezza per le vittime o proteggere la propria vita? Questo è il motivo per cui dobbiamo agli operatori umanitari qualcosa in più di una semplice espressione di simpatia e di ammirazione per il loro impegno e coraggio. Noi dobbiamo impegnarci in azioni risolute a livello internazionale, per cambiare le prospettive - e le statistiche – di uno dei lavori più pericolosi al mondo. In quanto principale donatore umanitario e attore politico, l'Europa intende assumersi pienamente le proprie responsabilità.

In settembre l'Unione Europea proporrà all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite una risoluzione sulla protezione e la sicurezza del personale umanitario delle Nazioni Unite. Lavoreremo in uno spirito di collaborazione con le altre parti del negoziato per garantire il massimo livello di impegno collettivo e la traduzione efficace sul terreno di questa risoluzione.

Si amplierà il sostegno politico, tecnico e finanziario ai nostri partner umanitari (agenzie delle Nazioni Unite, Croce Rossa / Mezzaluna Rossa, Non Governative) per il miglioramento della sicurezza e della protezione degli operatori umanitari. Noi faremo - e continueremo a fare - tutto il possibile sul piano della prevenzione, quali la diffusione tra le parti in conflitto del diritto umanitario internazionale ed dei protocolli di sicurezza pratica. E quando tutto ciò non sarà rispettato e saranno commessi crimini contro gli operatori umanitari, sosterremo ferme misure punitive. Sparare contro il personale di soccorso è considerato dalle convenzioni internazionali un crimine di guerra e quindi un atto che deve essere perseguito, non solo come gesto di giustizia, ma anche come forte strumento deterrente nella lotta contro l'impunità.

Oggi, 19 agosto, commemoriamo la Giornata Mondiale dell’Umanitario e vogliamo rendere omaggio a tutti gli uomini e le donne che hanno messo le loro vite a rischio, per soccorrere coloro che necessitano di assistenza. Oggi un grande striscione sul palazzo della Commissione Europea a Bruxelles, segnerà l'inizio di una campagna di sensibilizzazione europea intitolata "Non sparate! Sono un operatore umanitario". L’obbiettivo è sensibilizzare i cittadini e le autorità pubbliche sui pericoli e le difficoltà che corrono i soccorritori.

Semplicemente non possiamo permettere che vengano uccisi gli operatori umanitari, perchè così vengono uccise anche le convinzioni e le speranze del genere umano. Non sparate! Noi siamo operatori umanitari.

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