sabato, agosto 21, 2010
La Chiesa celebra oggi San Pio X. Il Vangelo della memoria liturgica narra l’incontro tra Pietro e Cristo Risorto, sulla riva del Lago di Tiberiade.

Radio Vaticana - Il Signore chiede per tre volte al discepolo se lo ama, esortandolo a pascere le sue pecorelle. Benedetto XVI si è soffermato più volte su questo passo evangelico. Riascoltiamo alcuni pensieri del Papa sul governo pastorale affidato da Gesù a Pietro e ai suoi Successori. Il servizio di Alessandro Gisotti (ascolta):

Preghiamo il Signore affinché ci doni “un pastore secondo il suo cuore, un pastore che ci guidi alla conoscenza di Cristo, al suo amore, alla vera gioia”: è il 18 aprile 2005, quando Joseph Ratzinger pronuncia queste parole.
Il cardinale decano celebra la Missa pro eligendo Romano Pontifice alla vigilia del Conclave. Il giorno dopo sarà eletto Papa, sarà chiamato così a pascere le pecorelle proprio come Pietro duemila anni fa. E’ un compito che supera le forze umane e Benedetto XVI si affida perciò alle preghiere dei fedeli, delle pecorelle che il Signore gli ha affidato:

“Pregate per me, perché io impari ad amare sempre più il suo gregge – voi, la Santa Chiesa, ciascuno di voi singolarmente e voi tutti insieme. Pregate per me, perché io non fugga per paura, davanti ai lupi. Preghiamo gli uni per gli altri”. (Messa di inizio Pontificato Pontificato, 24 aprile 2005)

La missione del pastore, rammenta il Papa, deve nascere dall’amore per Cristo. Bisogna dunque seguire il Signore, lasciarsi guidare da Lui, entrare nella sua dimensione d’amore infinito:

“Ricordiamo sempre che per ogni Pastore, la condizione del suo servizio è l’amore per Cristo, a cui nulla deve essere anteposto. ‘Simone di Giovanni, mi ami?’. La domanda di Gesù a Pietro risuoni sempre nel nostro cuore, cari Fratelli, e susciti, ogni volta, nuova e commossa, la nostra risposta: ‘Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo’”. (Udienza ai nuovi metropoliti, 30 giugno 2008)

Il Papa ribadisce che i pastori “sono il tramite attraverso il quale Cristo stesso ama gli uomini”. E dunque alla base del ministero pastorale c’è sempre “l’incontro personale e costante con il Signore”:

“Per essere Pastore secondo il cuore di Dio (cfr Ger 3,15) occorre un profondo radicamento nella viva amicizia con Cristo, non solo dell’intelligenza, ma anche della libertà e della volontà, una chiara coscienza dell’identità ricevuta nell’Ordinazione Sacerdotale, una disponibilità incondizionata a condurre il gregge affidato là dove il Signore vuole e non nella direzione che, apparentemente, sembra più conveniente o più facile”. (Udienza generale, 26 maggio 2010)

Pietro, rammenta Benedetto XVI, “da sé non era una roccia, ma un uomo debole ed incostante”. Il Signore, però, “volle fare proprio di lui la pietra e dimostrare che, attraverso un uomo debole”, Egli sostiene la Chiesa e la mantiene unita. Il Papa torna alle parole del Signore a Pietro: “Pasci le mie pecorelle”:

“Da quel giorno Pietro ha 'seguito' il Maestro con la precisa consapevolezza della propria fragilità; ma questa consapevolezza non l’ha scoraggiato. Egli sapeva infatti di poter contare sulla presenza accanto a sé del Risorto”. (Udienza generale, 24 maggio 2006)

“Dagli ingenui entusiasmi dell’adesione iniziale – prosegue il Papa – passando attraverso l’esperienza dolorosa del rinnegamento ed il pianto della conversione, Pietro è giunto ad affidarsi a quel Gesù che si è adattato alla sua povera capacità d’amore”. L’esperienza di redenzione di Pietro diventa, dunque, anche per noi un esempio che ci incoraggia, che ci invita a sperare nel Signore:

“Mostra così anche a noi la via, nonostante tutta la nostra debolezza. Sappiamo che Gesù si adegua a questa nostra debolezza. Noi lo seguiamo, con la nostra povera capacità di amore e sappiamo che Gesù è buono e ci accetta”. (Udienza generale, 24 maggio 2006)

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